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DIBATTITO PER CATANIA (e non solo): per l'avv. Renato Sgroi Santagati "è il momento di reagire per salvarsi"

15-01-2023 07:05

*avv. Renato Sgroi Santagati

Cronaca, Focus, Voci Catanesi,

DIBATTITO PER CATANIA (e non solo): per l'avv. Renato Sgroi Santagati "è il momento di reagire per salvarsi"

"Catania è una città che sta morendo senza neanche accorgersene"

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Catania e la politica.

 

A mio avviso, questa nostra città è ormai, al pari e più delle altre città siciliane, una vera e propria palude che, con le proprie sabbie mobili, divora i propri abitanti, i quali peraltro sembrano non accorgersene nemmeno.

 

Essi non si accorgono, infatti, né del malgoverno che sta corrodendo la città e affamando i cittadini, né del pericolo di un disastro immane (da anni annunciato da sismologi e da geologi) come il terremoto “Big One” con riferimento al quale gli scienziati hanno formulato una previsione di 160.000 morti solo nella città di Catania.

La nostra è una città che trascura i suoi figli migliori e premia i peggiori; una città che ogni giorno, invece di combattere il malcostume e di tentare di eliminare le disfunzioni, le disuguaglianze ed i privilegi che ne derivano, fa di tutto per mantenere i vecchi privilegi e per distribuirne di nuovi ... anche a costo di inventarli (insieme a sempre più laute prebende), consentendo così il dilagare del malcostume e della corruzione; è una città che festeggia quando … dovrebbe vestirsi a lutto; è una città che, con incredibile ipocrisia, incensa ed onora personaggi dei quali dovrebbe vergognarsi; è una città che quotidianamente si consegna, senza reagire, alle vessatorie imposizioni della partitocrazia che opprime l’intera Sicilia, delle segreterie politiche nazionali e del governo centrale; è una città che, invece di incentivare le ideologie e di battersi per l’affermazione di un forte sentimento identitario nei propri abitanti, elargisce medaglie e rende onore ai politicanti ascari e voltagabbana, agli speculatori ed ai falsi profeti (specie a quelli che vengono da fuori).

 

Catania, in altre parole e a mio sommesso avviso, è una città che sta morendo senza nemmeno accorgersene.

 

Eppure, ad onta di siffatte considerazioni tutt'altro che lusinghiere, questa nostra città - che, peraltro, negli anni ’60 era molto bella ed assai vivace - potrebbe ancora salvarsi: anzi, lo dico con assoluta fermezza, vale la pena salvarla ad ogni costo.

 

Il futuro di questa nostra Catania (e della stessa Sicilia), in ogni caso, dipende da noi Catanesi, così come da tutti i Siciliani dipende il futuro della Sicilia: da Catanesi e da Siciliani, noi dobbiamo solo svegliarci e reagire: prima di tutto, cambiando tutto il ceto politico che da parecchi decenni ha male amministrato la “cosa pubblica”: la parte integra dell'elettorato deve, a qualsiasi costo, sostituirlo con persone oneste e capaci, provatamente "nuove" rispetto alla politica e di specchiata moralità; essa deve farlo, con determinazione e nel più breve tempo possibile ... prima che sia troppo tardi!

 

E’ quindi giunto il momento di chiamare in causa queste persone "nuove" e di specchiata moralità per chiedere loro, con forza, di scendere in campo e di dare il proprio contributo per salvare il salvabile.

 

Occorrerà però fare attenzione ai marpioni della vecchia politica e guardarsi dal loro ingannevole e camaleontico trasformismo: alcuni di loro, infatti, si stanno già facendo avanti in prima persona per riciclarsi, sbandierando antichi e nuovi progetti (che dicono essere ispirati a “ideali” ai quali, in effetti, essi non credono affatto) e ostentando, senza un briciolo di pudore, una verginità politica che notoriamente non hanno (e probabilmente non hanno mai avuto); altri, invece, sapendo di non potersi proporre personalmente all’elettorato, stanno mandando avanti nell’agone politico - senza crearsi scrupoli di sorta - dei propri “fedelissimi” burattini dal volto nuovo e dalle mani pulite, o, comunque, non ancora sporcate dalla politica.

 

È auspicabile, a questo punto, che i Catanesi migliori non continuino a tacere e a mettersi da canto, magari sostenendo di non volersi “sporcare le mani”.


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