Il messaggio mi arriva alle 12.43 del giorno di Sant'Agata, il 5 febbraio, quando l'intera città è impazzita ed i suoi rappresentanti istituzionali alternano i loro sorrisi ebeti a favore di selfie come se non fosse accaduto che una ragazzina di 13 anni fosse stata appena stuprata alla Villa Bellini.
Figuriamoci se qualcuno di loro può occuparsi di Alex, dei tanti Alex sulle vite dei quali scivoliamo ogni giorno come se non esistessero.
Come se non fosse per un gioco del destino che le parti non siano invertite, che non sia solo un caso di non essere noi, proprio noi, in quelle condizioni spesso disumane, solo perché abbiamo avuto l'ingiusta fortuna di nascere in famiglie sufficientemente amorevoli in quartieri tutto sommato confortevoli, con tanto di scuole e università e persino qualche teatro.
Il messaggio arriva da un numero sconosciuto, su Whatsapp.
“Salve.sono la signora Ancona. Volevo farvi sapere che c'è un ragazzo in condizioni pietose che da mesi vaga in zona villini a mare. Ho segnalato il caso al 112, unità di strada, vigili urbani, ecc. È ancora in giro. Non è un senzatetto organizzato. Non ha rifugio. Potrebbe morire di fame e di freddo. Non so più a chi rivolgermi.”
La chiamo, mi spiega.
Alex è un ragazzo che parla a stento, una sorta di francese; ha 26 anni, l'età del nostro Christian che con Giada andrà a realizzare il servizio.
La stessa età e un abisso che li divide, che ci divide.
Cosa possiamo fare per Alex?
E cosa possiamo fare per Marica e Mimmo che si occupano di lui per come possono, che vorrebbero poter fare di più e non riescono.
Marica, che prova a coprirlo, a sfamarlo, a proteggerlo, ad un certo punto gli dice: “Io ti voglio bene”.
E non c'è un perché a quel bene, è bene e basta.
Come non c'è un perché al fatto che raccontiamo di Alex, dei suoi occhi smarriti, della sua paura di morire.
Non sappiamo che fare, speriamo che qualcuno che invece dovrebbe saperlo per ruolo e mestiere contatti noi o la signora Ancona e ci spieghi che si può ancora essere umani.
Per Alex, per tutti gli Alex.
Per tutti noi, che non ce la facciamo a rassegnarci e pensare che sia ineluttabile diventare peggio degli animali.
(Pierluigi Di Rosa)
INVISIBILI
di Christian Costantino e Giada Pagliari
Giace nudo a terra, ma carabinieri, polizia e servizi sociali lo ignorano.
Quando si parla di clochard, tutti si girano dall’altra parte; è un dato di fatto.
Se ne parla sempre poco, e il dibattito è pressoché spento solo per un motivo: sono invisibili.
Ci passiamo vicino, ma li schiviamo.
Non ci rendiamo conto della loro esistenza finché non ne troviamo il corpo gelido morto sotto una coperta di alluminio.
Chi per scelta di vita, chi perché indebitato, chi perché separato e dorme in una macchina… le storie sono tante, ma in comune tra loro hanno una cosa: sono consapevoli di quello che vivranno e a cosa andranno incontro.
Alex, no.
Un ragazzo di, forse, 26 anni, si aggira smagrito, disidratato e completamente nudo per le strade di Catania.
Il ragazzo è in costante stato confusionale, sembra che non capisca cosa accada.
Può affidarsi solo alla signora Ancona che porta al ragazzo pigiami, cibo, frutta, sigarette e, cosa più importante, la propria compagnia.
Ma per quanto il cittadino privato può prendersi cura di una persona incapace di intendere e di volere? Un giorno, forse due.
La signora Ancona, insieme al signor Domenico Guarrera (che fortunatamente sa parlare un ottimo francese e riesce a comunicare con il giovane), da quasi 2 settimane cercano di contattare la polizia, i carabinieri, i servizi sociali, il numero di emergenza… non c’è niente da fare, tutti loro giocano a scaricare il barile ad altre forze dell’ordine o enti.
La scusa peggiore che abbiamo avuto la fortuna di registrare?
“Siamo alla festa di Sant’Agata.”
Come vedete dal servizio, il ragazzo non è consapevole di ciò che succede attorno a lui, non è pericoloso, ma spesso urla e appare disidratato e denutrito.
Con la speranza che le forze dell’ordine facciano qualcosa, ma con calma, aspettiamo la fine della festa.