È il 1936 quando, in un’America lacerata dagli effetti della Grande Depressione, il figlio di un immigrato lettone progetta, costruisce e perfeziona il prototipo di uno strumento che diventa, col tempo, il simbolo dell’acquisto: il carrello della spesa .
Considerando poco pratico l’utilizzo di borse e cestini per il trasporto della spesa, oggetti che costringono i clienti dei suoi supermercati ad acquisti limitati, Sylvan Nathan Goldman fa accorpare due grandi cestini, collegandoli fra loro grazie a dei bracci tubolari in metallo; alla base di questi vengono poi agganciate quattro rotelle.
Goldman crea, insieme ad un suo dipendente di nome Fred Young, non solo qualcosa di estremamente pratico ma un vero e proprio investimento: il carrello avrebbe consentito ai clienti di trasportare più compere… e quindi di spendere di più.
Come ci insegna la storia dietro tante altre importanti invenzioni, i primi anni di vita di quest’oggetto non sono però per niente facili. Il carrello ideato da Goldman non piace: le donne non ne sono convinte e agli uomini pare “poco maschio”.
Per fortuna, ci siamo ben lasciati alle spalle giudizi del genere. Ad impensierirci, adesso, è invece proprio quello che mettiamo dentro al carrello della spesa.
L’euro nel carrello
Tramite un’indagine condotta su base nazionale, già nel 2019 l’organizzazione "Altroconsumo" fotografa uno scenario amarissimo: fare la spesa nei supermercati siciliani costa di più rispetto a tutte le altre regioni d’Italia.
In quell’anno, a conquistare la prima posizione in classifica ci pensano infatti i prezzi affissi nei negozi del nostro territorio, a pari cifre con quelli rintracciabili in Calabria.
In un periodo in cui gli effetti legati allo scoppio di una pandemia globale e all’invasione russa ai danni dell’Ucraina sono ancora lontani, i rincari dei costi dell’energia mettono già a dura prova i risparmi dei siciliani: a confronto con altre zone, le famiglie che vivono in grandi città dell’Isola come Messina e Palermo si ritrovano a dover spendere circa il doppio.
A far decollare i prezzi sono innanzitutto i costi del trasporto degli alimenti, su gomma o su ferro, e in seconda battuta la deriva del regime di monopolio nella grande distribuzione siciliana.
Nella nostra regione, le aziende più piccole vengono fagocitate da quelle più grosse a ritmi martellanti.
I dati provvisori dell’ultimo rapporto Istat, pubblicato alla fine di aprile 2024, stimano aumenti dello 0,2% su base mensile e dello 0,9% su base annua per quanto riguarda gli indici dei prezzi al consumo.
Nello specifico, l’Istituto Nazionale di Statistica evidenzia come, seppur si registrino timidi rallentamenti nel tasso di inflazione e nei prezzi dei beni alimentari e per la cura della persona (che diminuiscono dal +2,6% al +2,4%), a premere sull’acceleratore sembrano invece i prezzi dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto, come le bevande analcoliche o i beni non durevoli per la casa (dal +2,5% al +2,7%).
La coperta rimane decisamente troppo corta.
Chi più ne ha, più ne metta.
Per quanto le varie misure di sostegno economico (una tantum) emanate dal governo, tra cui l’erogazione della social card “Dedicata a te” a metà del 2023, cerchino di lubrificare le rotelle dei carrelli della spesa, per molte famiglie quello degli acquisti rimane comunque un terreno piuttosto scosceso da dover affrontare.
Per farsi un’idea, è possibile prendere in considerazione i numeri dei redditi medi dei comuni della sola provincia di Catania , calcolati in base alle dichiarazioni dei redditi dello scorso anno.
Nel comune di Sant’Agata Li Battiati , il più ricco, si superano di poco i 26.000 euro annui per poi scendere vertiginosamente fino ai numeri rilevati in cittadine come Licodia Eubea o Mazzarrone, con dei “tesoretti” rispettivamente pari a 11.646 euro e a 11.107 euro .
Serve a poco il tanto pubblicizzato trimestre antinflazione 2023 , a cui partecipano diverse catene di supermercati e che prevede una serie di sconti e prezzi calmierati su svariati prodotti di largo consumo.
Tale iniziativa non solo non raggiunge le aspettative ma non riesce proprio a decollare: un’analisi di Federconsumatori registra il netto aumento dei prezzi, tra il +6% ed il +15% , su alimenti come verdure, latticini, uova, pane e carne anche all’interno dei discount più economici, molto presenti in Sicilia.
Qui, infatti, i negozi con questo formato hanno una quota di mercato pari al 35%.
Rispetto al 2019, nel 2023 vengono quindi spesi in media 10 euro in più per portare alla cassa una piccola spesa tipo a base di latte, caffè in polvere, passata di pomodoro e un po’ di frutta.
La brutta notizia sta nelle stime fatte dalle diverse associazioni dei consumatori, secondo le quali questi numeri sono destinati a rimanere pressoché invariati anche in questo 2024.
Ad avere un peso specifico impattante sono più gli scenari internazionali oppure una feroce speculazione?
E fino a che punto può pesare un carrello della spesa?