Nel 1965 si decise che Catania dovesse avere un elefante in carne e ossa (e non in pietra lavica) all'interno della Villa Bellini. Si chiamava Tony e morì poco più di un anno dopo il trasferimento per via dell’inadeguatezza del luogo.
Ma questa è un'altra storia. Veniamo ad oggi.
Catania si trova a dover assistere impotente all’ennesimo sfregio della Villa Bellini, un bene culturale e paesaggistico riconosciuto e vincolato dalla Regione Sicilia. Il giardino, conosciuto da oltre cento anni come simbolo della città, è minacciato da un’iniziativa che rischia di trasformarlo in un’arena per concerti, concessa ad un paio di impresari privati non è noto a quali condizioni e con quali vantaggi per le parti. Soprattutto per quella pubblica.
Secondo alcune notizie riportate dai media, il Comune avrebbe intenzione di autorizzare l’accesso contemporaneo di 5.000 spettatori per ogni concerto.
Non sarebbe ora ti trovare un posto adeguato, magari in periferia, dove costruire un bel posto ad hoc da dedicare ai grandi eventi di spettacolo?
E invece, li fanno alla Villa Bellini, un giardino storico.
Questa, per quanto possa sembrare una trovata geniale per racimolare qualche soldo, è un’azione priva di acume e lungimiranza.
Le conseguenze sono ovvie: problemi di sicurezza, trasformazione del giardino in una discarica di rifiuti (come già constatato durante i concerti delle scorse estati) e, banalmente, lo snaturarsi del simbolo che la Villa rappresenta.
Questa iniziativa si scontra con il Codice dei Beni Culturali e Paesaggistici e con le carte nazionali e internazionali sui Giardini Storici Monumentali, mettendo a rischio sia il giardino che la sicurezza degli spettatori.
L’ingresso di 5.000 spettatori supera di gran lunga il limite previsto per gli spettacoli pubblici in luogo chiuso, che non dovrebbe superare le 1.000 unità in piedi.
Questa decisione mette a rischio un bene storico della città che il Comune, in quanto proprietario, dovrebbe proteggere.
Ad aver inviato una mail a SudPress sulla questione è FreeGreen Sicilia, storica associazione civico/ambientalista impersonata da Alfio Lisi.
Una associazione che si occupa di sostenibilità, animalismo e, come si evince, tutela del territorio.
Lisi, nella lettera invita alla redazione, scende nel dettaglio:
“Un altro aspetto che la dice lunga sull’utilizzo da “stadio” di un bene storico inalienabile della città che nessuno, a partire dal proprietario pubblico ovvero il Comune (che dovrebbe per sua natura rappresentare la sensibilità inconfutabile dei cittadini e proteggere senza indugi le bellezze storiche della città) dovrebbe mettere a rischio di deturpazione e trasfigurazione sia dal punto di vista botanico che architettonico già peraltro da anni messi a dura prova da incompetenze e autorizzazioni a iniziative incompatibili e devastanti.”
Viene quasi da ridere per una cosa sola: si pensa a trasformare la Villa in area concerti senza rendersi conto in che condizioni versa.
Qualsiasi catanese, oggi, ha timore ad entrare in quella che più che una villa sembra una giungla.
È quindi essenziale che le autorità intervengano per salvaguardare questo patrimonio storico e culturale, impedendo qualsiasi iniziativa che possa comprometterne l’integrità.
E poi basta con queste opere che non fanno altro che erodere il verde.
Abbiamo un giardino? Curiamolo. Adibire un'area per far entrare 5.000 persone non può che richiedere una costruzione (vedremo a chi sarà data in mano) che rosicchierà porzioni di verde. Rendiamo invece appetibile quello spazio per tutti.
Se prima la Villa era chiamata “il salotto di Catania”, ora, per com’è ridotta, non possiamo che darle il nome di un’altra stanza: lo sgabuzzino.
Vi chiederete:
“Ma cosa c’entrava l’elefante Tony all’inizio della storia?”
Nulla, se non per ricordarvi che, quando la Villa sarà adibita ad arena, quella del pachiderma vi sembrerà una genialità.
Ecce Tony!