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La Sicilia non ci crede più: democrazia finita

10-06-2024 07:59

Pierluigi Di Rosa

Cronaca, Focus,

La Sicilia non ci crede più: democrazia finita

Percentuale di votanti nella Isole al 37%, in Italia scende per la prima volta sotto il 50. Bisogna trovare una soluzione, prima che degeneri definitivamente.

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Vero è che la politica si valuta sui numeri che escono, e quelli usciti dalle urne europee si presteranno a più valutazioni.

Tra qualche ora ci si potrà sbizzarrire sui singoli risultati, sulle preferenze, su vincitori veri o presunti e su sconfitti certi.

 

Ma al momento, il dato che è risultato certo sin dalle 23 di ieri è che l'elettorato italiano è sempre più distante dalla sua classe politica: in Sicilia e nel Meridione addirittura la disprezza in maniera sempre più eclatante.

 

Non può leggersi infatti in altro modo la percentuale di elettori che ha deciso di non andare a votare: ben il 62,8% degli aventi diritto.

 

È un risultato ormai praticamente definitivo, che conferma il trend drammatico dello scollamento totale con chi evidentemente non rappresenta altro che se stesso ed il gruppo di potere di cui fa parte.

 

Se appena il 37,7 degli “isolani” va a votare, nel Meridione il 43, 72 e media italiana si scende sotto la metà degli aventi diritto, al 49,69%, è chiaro che siamo in presenza di qualcosa di diverso rispetto ad una democrazia compiutamente rappresentativa.

 

Faremo, tutti, conti e analisi nei prossimi giorni, ma intanto appare indispensabile che la società civile, quel che ne resta, cominci ad organizzarsi seriamente per impedire derive da democratura che ormai sono davvero dietro l'angolo.

 

“Le istituzioni non si riformano da sole, tendono a difendere i propri privilegi. Vanno abbattute”, sosteneva il grande studioso delle elite Gaetano Mosca.

 

È inevitabile infatti lo scontro con le classi che restano ai margini o addirittura del tutto estranee alla gestione della Cosa Pubblica ed alla sua condivisione.

 

Il tema principale è impedire fino a che possibile che questo scontro possa diventare violento, tentando sino allo stremo di attuare azioni di riforma che partendo dall'esterno del sistema riescano a ricondurlo a principi democratici di partecipazione popolare, come ad esempio si tentò, in maniera incompiuta e tradita, con la grande stagione dei referendum Segni dei primi anni '90.

 

La madre di tutte le questioni resta la riforma della legge elettorale, che deve tornare a servire la volontà popolare e non più, come ora, gli interessi di una casta sempre meno adeguata a governare un paese in caduta libera in tutti gli indicatori possibili.

 

Il “popolo degli astensionisti”, oggi ampia maggioranza nel paese, deve trovare forme nuove di azione e rappresentanza, che possano scardinare un sistema ormai finito e che rischia di diventare pericoloso.

 

Bisogna trovare una soluzione, prima che degeneri definitivamente.

 

L'augurio è questo: che chi si è astenuto torni ad occuparsi di quella politica che, volenti o nolenti, condiziona sempre più pesantemente la vita di ciascun cittadino. 

Compresi quelli che non sono ancora nati ed a cui non dobbiamo lasciare in eredità questa vergogna.  

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