Inchiesta Università Bandita, il processo si complica con la questione di legittimità costituzionale: l'abuso d'ufficio al centro del dibattito giuridico
L'inchiesta giudiziaria "Università Bandita", che questo giornale ha anticipato di qualche anno raccontandone di ogni tipo, ha scosso l'Ateneo di Catania fin dal 2019, quando emerse un presunto sistema di concorsi truccati orchestrato per favorire l'avanzamento di determinati docenti e ricercatori.
L'indagine, condotta dalla Digos di Catania, ha coinvolto 51 imputati tra docenti e membri dell'amministrazione universitaria, con accuse che vanno dalla corruzione alla turbativa d'asta e, soprattutto, all'abuso d'ufficio.
Tra le carte di quel procedimento, in realtà, c'è molto altro, la descrizione inconfutabile di un mondo marcio sin dalle fondamenta, un sistema malato che ha distrutto l'università di Catania, popolato da figuri talmente loschi da pensarsi impunibili, capaci persino di vendette trasversali di stampo più che mafioso che ci hanno colpito personalmente: vigliacchi senza onore e dignità con nomi e cognomi che tutti conoscono, beccati come delinquenti di quartiere dalle microspie nelle lampade della stanza del rettore e che ancora brigano con i loro lacchè per le prossime elezioni: che vergogna!
Adesso, proprio ieri un colpo di scena non scontato: la Procura di Catania ha depositato in data 30 settembre una “istanza di rimessione ai sensi della L. Cost. 9 febbraio 1948 n. 1 e art. 23 I, 87/1953 della questione di legittimità costituzionale in ordine all’art.1, comma 1 lett. b) legge 9 agosto 2024 n.114 (G.U. n.187 del 10 agosto 2024) con il quale è stato abrogato Part, 323 c.p.”
A firmarla i Sostituti Procuratori titolari dell'inchiesta, Raffaella Agata Vinciguerra e Santo Distefano.
Tale reato, l'abuso d'ufficio appunto, che rappresentava uno strumento fondamentale per perseguire comportamenti illeciti nella pubblica amministrazione, è stato eliminato dall'attuale maggioranza al governo con una legge del 2024, sollevando preoccupazioni sulla mancanza di tutela per le irregolarità amministrative.
Il meccanismo dei concorsi truccati
Dalle intercettazioni emerse durante l'inchiesta, è stato scoperto che i concorsi per le cattedre universitarie erano stati predisposti a tavolino.
Alcuni bandi erano riservati a determinati candidati interni, permettendo così di facilitare promozioni e avanzamenti di carriera senza reale competizione.
Secondo le accuse, il sistema avrebbe favorito il clientelismo, violando i principi di trasparenza e imparzialità che dovrebbero caratterizzare le selezioni pubbliche.
L'impatto dell'abrogazione dell'abuso d'ufficio
Con l’abrogazione dell’articolo 323, il processo "Università Bandita" rischia di essere compromesso.
E con esso altre centinaia di procedimenti penali che vedono alla sbarra pubblici funzionari spesso infedeli.
Secondo la Procura, infatti, molti dei reati contestati agli imputati potrebbero cadere, lasciando impuniti comportamenti che fino a qualche mese fa sarebbero stati perseguiti.
Alcune delle principali questioni di legittimità costituzionali poste dalla Procura:
Sulla questione dell'abrogazione dell'articolo 323 c.p. e la sua rilevanza per il procedimento in corso:
- "La questione della legittimità costituzionale [...] è rilevante nel procedimento in oggetto sia per i capi di imputazione di cui all’art. 323 c.p. pendenti innanzi al Collegio come riqualificati dal Gup che per quelli [...] che tali lo diventerebbero laddove il Collegio dovesse accogliere le istanze difensive e procedere, a sua volta, ad una riqualifica delle condotte di cui all’art. 353 bis c.p. in art. 323 c.p."
Sulla disparità di trattamento creata dall'abrogazione dell’articolo 323 c.p.:
- "L’abrogazione dell’art. 323 c.p. causa, pertanto, una disparità di trattamento irragionevole; [...] laddove quei medesimi pubblici ufficiali selezionino il contraente mediante procedure di affidamento diretto in violazione di legge e al fine di ottenere vantaggi per sé o altri o danneggiare terzi andrebbero esenti da ogni responsabilità."
Sulle conseguenze della mancanza di tutela contro le violazioni della pubblica amministrazione:
- "La tutela della imparzialità e trasparenza della PA e quindi la necessità di un controllo nei confronti dell’operato della Pubblica Amministrazione e della tutela del cittadino di fronte ad abusi sono beni primari che non possono essere cedevoli ad una speditezza della stessa Pubblica Amministrazione."
Sull’impatto dell’abrogazione rispetto agli obblighi internazionali:
- "L’abrogazione dell’art. 323 c.p. si pone poi in contrasto con la Convenzione di Merida, ratificata in Italia, [...] che prevede misure contro la corruzione e l’abuso di ufficio da parte di funzionari pubblici."
Sulla richiesta di valutazione costituzionale:
- "Non si chiede in questo caso la riespansione di una norma vigente il cui ambito è stato ristretto (abrogato) per una precisa scelta di politica criminale, ma si chiede alla Corte di intervenire e valutare se l’art. 1 comma 1 lettera b della legge 114/24 [...] sia rispettoso dei precetti costituzionali o [...] abbia creato situazioni di privilegio, violando al contempo gli obblighi internazionali."
La Corte Costituzionale, se il tribunale di Catania dovesse ritenere “non manifestatamente infondata” la questione di legittimità costituzionale posta dalla Procura, sarà quindi chiamata a esprimersi sulla legittimità di questa abrogazione, che secondo i PM potrebbe avere conseguenze negative non solo per l’inchiesta in corso, ma per tutto il sistema giuridico volto a controllare gli abusi nella pubblica amministrazione.
Una sentenza attesa con impazienza
Il prossimo passo del processo è fissato per ottobre, quando il Tribunale di Catania ascolterà le parti coinvolte prima di decidere se procedere con l'esame della questione costituzionale.
Se la Corte dovesse pronunciarsi a favore della Procura, il reato di abuso d'ufficio potrebbe essere ripristinato, dando nuova linfa al processo e alle indagini su altre presunte irregolarità non solo nell’ateneo catanese.
Il caso Università Bandita rappresenta un banco di prova non solo per il sistema giudiziario italiano, ma anche per la lotta alla corruzione nelle istituzioni pubbliche, sollevando interrogativi profondi su come garantire trasparenza e giustizia in settori chiave come l’istruzione superiore ed i pubblici concorsi in generale.
La domanda di fondo che si pone alla Corte Costituzionale e se l'abrogazione dell'articolo 323 sia conforme ai principi costituzionali italiani, in particolare quelli riguardanti l'uguaglianza (art. 3), il buon andamento e la trasparenza della pubblica amministrazione (art. 97), e gli obblighi internazionali assunti dall'Italia, come la Convenzione di Merida sulla corruzione.
Disparità di Trattamento: L'abrogazione dell'articolo 323 crea una situazione in cui alcune condotte precedentemente considerate illegali, come quelle legate ai concorsi universitari, non sono più punibili. Questo crea una disparità di trattamento rispetto ad altre situazioni, come gare d'appalto o concorsi pubblici più strutturati, che invece continuano a essere regolati da leggi penali.
Richiesta alla Corte Costituzionale
Viene quindi chiesto alla Corte Costituzionale di valutare se l'abrogazione dell'articolo 323 violi la Costituzione italiana, in particolare per quanto riguarda la tutela dei cittadini contro gli abusi della pubblica amministrazione e l'uguaglianza davanti alla legge.
Interessante sottolineare che nel caso di accoglimento del ricorso, il processo verrebbe sospeso e con esso anche i termini di prescrizione, che ricomincerebbero a decorrere solo a partire dalla decisione della Corte Costituzionale.
Il ricorso della Procura insiste sulla necessità di ripristinare una norma che tuteli l'imparzialità e la trasparenza nella pubblica amministrazione e critica l'abrogazione del reato di abuso d'ufficio come un passo che indebolisce tali tutele.
Principio che dovrebbe interessare i cittadini, al contrario di un potere politico che sta con tutta evidenza provando ad allargare il perimetro delle proprie impunità.
A vantaggio di chi? Loro!
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