
Purtroppo, quando leggiamo questo tipo di articoli, smettiamo di indignarci perché riteniamo lo sfruttamento una cosa talmente nella norma che, in qualche strano modo, ci fa arrabbiare più una cartaccia per terra, buttata con troppa superficialità, rispetto all'ennesimo caso di caporalato.
Vediamo che è successo.
I carabinieri di Paternò, con il Nucleo Ispettorato del Lavoro (NIL) di Catania, hanno denunciato un imprenditore agricolo di Adrano, già conosciuto alle forze dell'ordine, insieme a un 39enne di origini straniere residente a Biancavilla.
Le accuse da verificare in sede giudiziaria sono due: l'impiego irregolare di due lavoratori nordafricani privi di permesso di soggiorno e lo sfruttamento della manodopera.
Le operazioni sono avvenute nelle aree rurali di Paternò, Sferro e Biancavilla, dove sono state ispezionate alcune aziende agricole.
In particolare, le forze dell'ordine hanno accertato che il titolare di un'impresa dedita alla raccolta di agrumi in contrada Poggio Monaco, un 32enne di Adrano, impiegava nei campi due cittadini stranieri sprovvisti di regolare documentazione per soggiornare e lavorare in Italia.
L'imprenditore è stato pertanto denunciato e sanzionato con una multa superiore a 7.800 euro, oltre al recupero di 1.200 euro in contributi previdenziali e assicurativi presso l'INPS e l'INAIL.
Nel corso degli accertamenti, i carabinieri hanno inoltre individuato un 39enne di origine nordafricana che reclutava e sfruttava connazionali in condizioni di vulnerabilità.
L'uomo costringeva i lavoratori a svolgere intere giornate nei campi, sottopagandoli e senza garantire loro le minime condizioni di sicurezza richieste dalla normativa. Sulla base delle prove raccolte, è stato denunciato anche questo.
In realtà, è una piaga che affligge tutta Italia.
Nelle nostre campagne si nasconde un fenomeno invisibile: lo sfruttamento di oltre 230mila lavoratori.
Di questi, solo 55mila sono donne e, controintuitivamente, il 30% non è costituito da migranti, a dimostrazione di come il caporalato non colpisca solo gli stranieri, ma anche italiani in condizioni di sfruttabilità. La paga, in media, è di 20 euro al giorno, per turni massacranti che possono durare fino a 14 ore, spesso sotto il sole cocente o in condizioni climatiche proibitive.
Parliamo di 1,50 euro l'ora.
Secondo la Cgil, il fenomeno è radicato in 405 aree censite: dalla Sicilia al Veneto, nessuno escluso.
Dietro il caporalato si nasconde un vero e proprio business miliardario.
Le mafie gestiscono il reclutamento della manodopera a basso costo, approfittando della disperazione di chi, spesso senza altra via di uscita, accetta paghe misere pur di sopravvivere.
Per molti migranti, il sogno di una vita migliore in Italia si trasforma presto in un incubo: giornate intere nei campi, pagamenti più che ridicoli, diritti pari a zero e nessuna sicurezza.
La soluzione è complicatissima per noi consumatori, perché, per capire se effettivamente un prodotto è opera del caporalato, bisognerebbe vedere il bollino, informarsi sull'azienda e, cosa più importante, essere a conoscenza se il prodotto agricolo è di stagione o meno, perché lo sfruttamento del terreno è già un primo campanello d'allarme.
Ergo: fatevi venire voglia di fragole a maggio e di broccoli a novembre.