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Ancora sequestrati in Libia i 18 pescatori mazaresi: l'appello della Federazione Armatori

16-11-2020 06:49

redazione

Cronaca, Focus,

Ancora sequestrati in Libia i 18 pescatori mazaresi: l'appello della Federazione Armatori

Un vero e proprio atto di pirateria che dal 1 settembre non riesce a trovare soluzione

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Dal 1 settembre in ostaggio...: governi nazionali e regionali che non riescono neanche a portare a casa i propri cittadini sono governi che non valgono niente!

A rinnovare l'angoscia che stanno vivendo le famiglie degli uomini della marineria mazerese e l'intera comunità più volte scesa in piazza per sollecitare le istituzioni, è Natale Pipitone, presidente della Federazione Armatori Siciliani per la Provincia di Palermo e componente della Commissione Consultiva Regionale della Pesca.

 

La Federazione chiede "l’applicazione dell’art. 1 dello Statuto Speciale Regionale al fine di attivare iniziative immediate alla risoluzione dell’Atto di pirateria navale che dal 1 settembre c.a., vede i pescherecci Medinea e Antartide con i propri equipaggi composti da 18 persone, di cui 8 Siciliani, 6 Tunisini, 2 Indonesiani e 2 Senegalesi; da molti lustri componenti della Marineria di Mazzara del Vallo, prigionieri ed a oggi non si conoscono le condizioni in cui sono tenuti e le giuste motivazioni di uno stato di prigionia non giustificato e non giustificabile."

 

Gli armatori siciliani ritengono che "troppa confusione si è fatta a livello dei media e a livello istituzionale attorno all’atto di pirateria e che ancora oggi nessun intervento è stato attuato per giungere al concreto rimpatrio dei nostri concittadini."

 

E prosegue l'nalisi della situazione: "Erroneamente vengono addebitate responsabilità al Governo della Libia, quindi alla Tripolitania, unico governo libico riconosciuto dall’ONU, alla cui guida vi è Fayez Al Serraj.

La Federazione Armatori Siciliani attraverso il Consolato di Libia, ha ottenuto riscontro in merito, con il legittimo governo libico che ha espresso rammarico per l’atto di pirateria e la vicinanza alle famiglie e al Settore della Pesca della terra Siciliana, specificando però che non ha competenza e/o influenza sul governo illegale della Cirenaica."

 

"I nostri pescherecci - afferma Pipitone - hanno subito un atto di brigantaggio marittimo da parte della Cirenaica, questa guidata dal maresciallo Khalifa Haftar, fazione non riconosciuta dall’ONU pur appoggiati da Egitto, Emirati Arabi Uniti, Francia e Russia."

 

L’atto di pirateria è avvenuto l'1 settembre scorso a 38 miglia della costa Tripolitania, in difformità della “Convenzione di Montego Bay” firmata dalle Nazioni Unite nel 1982 ed entrata in vigore nel dicembre 1994 che definisce le “12 miglia nautiche adiacenti le coste dello Stato”.

 

"Nello scacchiere libico - sostiene la Federazione -la politica estera italiana ha sorretto il processo delle Nazioni Unite che ha portato alla formazione del Gna Tripolitano, ma il governo italiano ha mostrato anche segnali di apertura nei confronti del generale Haftar (come si usa dire in Sicilia, “mantenendo due piedi in una scarpa”), quindi da un lato aderisce al governo della Tripolitania appoggiato dall’ONU, dall’altro guarda agli interessi italiani nella Cirenaica, mostrando inesperienza e non riuscendo ad applicare strumenti idonei a garantire gli interessi italiani."

 

Ambiguità che può aver avuto un ruolo nel sequestro dei nostri pescatori.

 

"Nello scenario politico internazionale - lamentano gli armatori - si intravede tanta confusione di paesi che aderiscono all’Onu e che nello stesso tempo riconoscono l’egemonia Turca nel territorio libico, una egemonia espansionistica che è divenuta onnipresente in tutto il territorio del Mediterraneo."

 

"L’Italia ha attuato la strategia di stare a guardare nel tentativo di salvaguardare le grandi imprese italiane che operano in Libia, soprattutto nei settori del petrolio e del gas come Eni, Snam Progetti, Edison, Tecnimont, Saipem; delle costruzioni e opere civili e ingegneria come Impregilo e Bonatti, GarboliConicos, Maltauro, Enterprise, Techint e Technip; dei trasporti come Iveco, Calabrese, Tarros, gruppo Messina, Grimaldi, Alitalia, Sirti e Telecom Italia; nei mangimi Martini Silos e Mangimi; della meccanica industriale e refrigerazione con Technofrigo – impianti refrigerazione - e Ocrim – Mulini; delle centrali termiche Enel Power; dell’impiantistica Tecnimont, Techint, Snam Progetti, Edison, Ava, Cosmi, Chimec, Technip, Gemmo e Prismian Cables (ex Pirelli Cavi): insomma, il gotha dell’economia del Belpaese."

 

Se questo elenco è corretto, si nota l'assoluta assenza di aziende siciliane...

 

"I nostri pescatori sembrano rientrare in un mondo di interessi occulti pur non avendone nessuna partecipazione e/o conoscenza, nulla ha da spartire la marineria della pesca marittima dell’isola in una partita a scacchi sulla pelle della povera gente."

 

L'accusa: "La politica estera italiana non appare in grado di garantire il rimpatrio dei nostri concittadini ed è mancato anche un efficace intervento dell’Alto Rappresentante per la politica estera europea. 

In tutto questo scenario politico, l’atto di pirateria che vede coinvolti i pescatori siciliani sembrerebbe la ritorsione del maresciallo Haftar in risposta alle mosse del governo italiano."

 

"La Sicilia è sempre stata trattata da provincia italiana, ancora oggi la nazione italica non ha nessun interesse per la marineria Siciliana e nemmeno per i Siciliani, siamo abbandonati a noi stessi", lamentano gli armatori.

 

"Abbiamo un privilegio, - afferma Pipitone - uno Statuto Speciale Regionale che nel corso dei lustri nessuno ha mai voluto applicare e che oggi più che mai ha necessità di essere applicato nell’interesse dei Siciliani e della Terra Siciliana, abbiamo il dovere di adoperarci per migliorare gli scambi culturali, economici e turistici in modo autonomo per restituire alla Sicilia quella sovranità calpestata, ma soprattutto è lo strumento da avviare per l’attuazione dell’impegno che consente ai nostri pescatori il rientro nella propria terra."

 

"Noi della Federazione Armatori Siciliani - conclude la nota - non ci intendiamo di politica e non vogliamo entrare in politica, abbiamo un unico obbiettivo, il rientro dei pescherecci con relativi equipaggi per consentire nell’immediato il rientro nelle proprie famiglie.

A tal fine, chiediamo l’attivazione delle Istituzioni Regionali per il rientro dei nostri pescatori, la costituzione di una Commissione Regionale parlamentare per il Settore della Pesca che veda coinvolta la Commissione Consultiva Regionale della Pesca nello svolgimento dei lavori funzionali, di contatti, interventi e procedure legislative che consentano il rientro a casa dei nostri concittadini."

 

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