“Credo di esprimere attraverso le immagini le sensazioni che tu riveli nei tuoi brani, cerco una luce che illumini i miei pensieri neri. Ho bisogno di conoscerti”.
Questo, in sintesi, il senso della lettera che accompagnava una scatola bassa con trenta mie fotografie in bianco e nero rigorosamente stampate in camera oscura che, con ansia, spedii a Franco Battiato nel 1992.
Ricevetti presto il suo apprezzamento e pochi giorni dopo ci ritrovammo, mentre lui dipingeva, nella sua veranda inondata di luce a parlare di musica, di fotografia, di certi impostori camuffati da artisti, di politici corrotti e di granite alla mandorla.
Ricordo che quel giorno percorsi la strada fino a Milo con l’ansia del confronto e facendomi mille domande: trovai ad accogliermi una persona amorevole e profonda, mi sentii immediatamente a mio agio e chiacchierammo per ore come se ci conoscessimo da sempre.
Dopo di quello molti incontri si sono succeduti, generando sintonie creative e alcuni “scambi”: da me qualche copertina con le mie immagini, un video e alcuni ritratti fatti in varie occasioni, da lui la sua presentazione (e presenza) alla mia mostra antologica del 2010 e, andando a ritroso, alcuni testi per i miei lavori tra cui uno profondissimo per il libro L’isola intima del 1997.
“...Ambienti e persone appaiono in stato onirico... La fotografia si trasforma in pensiero”: non ho mai avuto parole più vere e profonde sui miei lavori di quelle scritte da Franco.
Nel tempo qualcuno mi ha anche definito “fotografo di Battiato”, ma in realtà non sono molte le foto che ho fatto a Franco, e quando è successo erano perlo più richieste da qualche rivista o da lui stesso, come nel caso della copertina de “L’ombrello e la macchina da cucire” di cui conservo il dolcissimo ricordo di una giornata con tante risate e il coro di artisti catanesi da lui diretti mentre Sgalambro osservava in disparte perso tra i suoi pensieri.
Con Franco di fotografie ne abbiamo viste e commentate molte insieme, ma spesso erano i miei lavori che avevo bisogno di rivedere attraverso i suoi sguardi, la sua geniale curiosità e i suoi entusiasmi, compreso l’ultimo pubblicato l’anno scorso.
Anch’io “ho percorso il cammino arrampicandomi”! e purtroppo devo farlo ancora, ma la grandezza di Franco, la sua musica e la sua amicizia sono stati e saranno sempre per me un rifugio dell’anima, gioia e stupore, un privilegio assoluto.