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Vicenda Ciancio. Parti civili in campo: "il processo va celebrato". Il 15 marzo tocca alla difesa

22-02-2017 17:09

Michela Petrina

beppe montana, processo, aziende ospedaliere, ferrovia catania-palermo, smog, favoreggiamento,


Un altro atto della vicenda giudiziaria che riguarda l'imprenditore Mario Ciancio si è consumato dinnanzi al Giudice per l'udienza preliminare Flavia Pezzino che dovrà decidere se rinviare nuovamente a processo l'editore del quotidiano "La Sicilia". In particolare stavolta è toccato agli avvocati delle parti civili, Goffredo D'Antona legale dei fratelli Montana, figli del commissario Beppe ucciso dalla mafia nel 1985 e all'avvocato dell'Ordine Regionale dei Giornalisti, Dario Pastore. Adesso bisognerà attendere il 15 marzo con la nuova udienza in cui toccherà alla difesa di Ciancio intervenire



In particolare, D'Antona ha ripercorso la legittimazione come persona offesa da parte dei fratelli Montana e quindi ricordato la negazione del necrologio da parte del quotidiano etneo alla famiglia del poliziotto ucciso.



"L'accertamento della verità, con la motivazione del rifiuto del necrologio -afferma l'avvocato D'Antona- deve essere fatta solo nel corso del dibattimento perché nella filosofia difensiva abbiamo almeno due o tre spiegazioni sul perché questo necrologio sia stato rifiutato".



“La famiglia -recitava il necrologio non pubblicato- con rabbioso rimpianto ricorda alla collettività il sacrificio di Beppe Montana, commissario P.S., rinnovando ogni disprezzo alla mafia e suoi anonimi sostenitori”.



"Una volta è stato detto -prosegue D'Antona- che non si potevano esprimere giudizi e abbiamo presentato i necrologi di altri soggetti a cominciare da quello della famiglia Ercolano per la morte del congiunto e capomafia Pippo, dove venivano evidenziate una serie di cose strane con giudizi. Poi -riferisce l'avvocato dei Montana- Tony Zermo disse che quel necrologio parlava di alti mandanti, ma non è vero".



"Infine -continua D'Antona- ci siamo permessi di "cittadinizzare" il processo. Il procuratore generale nella requisitoria a Roma, al momento del processo in Cassazione che prosciolse l'imprenditore, disse una frase dalla quale ha lasciato intendere come esistesse una volontà di non fare il processo e un'altra in cui il Pubblico Ministero faceva riferimento a Santapaola, nella sua requisitoria in cui ha ripercorso la storia di Catania. In particolare è stata ricordata una foto che ritraeva il prefetto di allora, Francesco Abatelli, all'inaugurazione della Pam car, la concessionaria Renault dei Santapaola. Queste due frasi, mi hanno fatto pensare che, a volte, ci sono processi apparentemente difficili da fare".



"Il fatto -afferma senza mezzi termini il legale- che ogni volta che il processo si riapre o che Mario Ciancio torna da Roma si faccia ritrarre in compagnia soggetti che hanno responsabilità istituzionali e non solo, pone alcuni problemi di opportunità. e ciò va risolto per evitare che si pensi e si dica che a Catania non c'è la volontà di celebrare questo processo. Che invece va fatto non per quello che l'imprenditore rappresenta in città, sia chiaro, ma per i fatti che gli sono contestati".



Dario Pastore infine, nella sua arringa in rappresentanza dell'Ordine dei Giornalisti, ha ricordato il rischio che i giornalisti corrono nell'essere condizionati, senza saperlo, dall'editore, a scrivere o meno di fatti e questioni a vantaggio delle attività imprenditoriali legate a Cosa Nostra, o addirittura a bloccare la pubblicazione di articoli non favorevoli".


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