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Lo Stato dell’Arte: il Gallerista scrive al Primo Cittadino. A Catania

02-07-2018 05:08

Gianluca Collica

Cronaca,

Lo Stato dell’Arte: il Gallerista scrive al Primo Cittadino. A Catania

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Proponiamo l'apertura di questo lunedì della nostra testata consorella SudStyle, con il direttore Aldo Premoli che pubblica la lettera aperta che il gallerista catanese Gianluca Collica rivolge al neo sindaco Pogliese per sollecitare un più moderno ed efficace approccio con il settore strategico della Cultura che, ben gestito e supportato, potrebbe e dovrebbe costituire volano di crescita economica per l'intero territorio.



Pubblichiamo con piacere la lettera ricevuta dal gallerista e curatore Gianluca Collicae rivolta al Sindaco di Catania Salvo Pogliese. E’ un testo che richiede almeno 8  minuti di lettura. Speriamo che serva alle autorità per intensificare il livello di colloquio con i cittadini.  Auspichiamo che altri contrinìbuti di rilievo come questopossano generare pratiche virtuose.



“Alla luce dei 183 milioni di debito (solo per lo scoperto in conto corrente, quello complessivo pare superi il miliardo!) a carico del Comune di Catania diviene urgente da parte del neo sindaco dott. Pogliese stimolare maggiore collaborazione tra forze private e pubbliche presenti nel territorio. E’ infatti auspicabile e corretto politicamente, responsabilizzare tutti e trovare insieme le soluzioni per risanare la nostra città impostando un dialogo reale con le forze attive della città per scongiurare, in ultima ratio, quelle alchimie deleterie grazie alle quali si presenta un bilancio basato su bitcoins piuttosto che su soldi reali.


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E tempo di sacrifici, quindi ognuno con le proprie competenze dovrebbe condividere con l’Amministrazione una


politica di austerità attiva,

dove in cambio del partenariato pubblico goda di servizi di base utili allo sviluppo del suo comparto strategico e dia giusto risalto (gratifica politicamente l’Amministrazione) all’intervento pubblico meno visibile, ma che di fatto diviene concreto, efficace e leale (molto spesso nel passato ho visto il Comune proporre iniziative cloni di progetti privati) …


In tal modo la presenza del Comune nella città sarà senza dubbio più sentita e si evita l’errore fatale di realizzare progetti spot fallimentari su tutti i fronti.

In definitiva crisi o non crisi, il mutuo soccorso e le strategie di rete rimangono sempre le formule etiche e le sole in grado di consentire lo sviluppo della nostra città.


Ho già sottolineato in altri interventi che il problema principale che riguarda il settore di mia competenza è


la mancanza di strutture pubbliche in grado di rappresentare con autorevolezza la cultura visiva del territorio.

Quindi, considerando che è imprescindibile a Catania l’esistenza di una Istituzione per la valorizzazione del patrimonio contemporaneo, occorre pensare come risolvere la cosa


senza incidere in maniera catastrofica sul bilancio della città?

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Probabilmente a molti quanto scrivo è noto, tuttavia nella mia esperienza di operatore culturale modelli come le


Kunstverein o il Museo Diffuso,

sono o sconosciuti o interpretati in modo anomalo, se non sbagliato, spesso nominati per puro populismo, e, ritenendoli estremamente validi, credo che sia opportuno spiegare con chiarezza cosa siano.


Il


Museo Diffuso

nasce dalla constatazione che un determinato territorio possiede dei valori storico artistici riconducibili, tutti ad uno specifico tema, da salvaguardare e valorizzare. La definizione di museo diffuso viene coniata da Fredi Drugman, architetto e professore di Composizione architettonica e Museografia


, il quale sosteneva la necessità di recuperare, valorizzare e “far parlare” gli oggetti, i luoghi che sono stati teatro di vicende storiche e fatti intimamente legati al territorio.

In definitiva si tratta di accogliere sotto un unico Istituto l’insieme di beni culturali tangibili o/e intangibili presenti in una determinata area e legati fra loro da un filo rosso: un’epoca, un evento storico, uno stile, una specifica vocazione etc.


E’ evidente che il museo diffuso è un modello che si giustifica solo se un’area geografica più o meno estesa possiede beni che sono il frutto di uno processo endogeno, generatosi dal basso. Aspetto che esclude ogni tentativo di


invadere

un luogo, lì dove non è necessario, con forme culturali che nulla hanno a che fare con la vocazione del territorio stesso, ed è il caso di Catania. Adottando questo modello è sconsigliabile fare cadere come meteore mostre e modelli culturali che pur validi non riescano a generare un dialogo con quanto il


Museo Diffuso

esprime.


Un errore di impostazione che ad esempio ho personalmente verificato quando in un recentemente passato il


Museo Regionale di Arte Moderna e Contemporanea Palazzo Riso a Palermo,

propostosi come


Museo Diffuso

, ha palesato piuttosto l’intenzione di imporre la sua visione culturale nel territorio siciliano senza tener conto che ciascuna realtà che coinvolgeva valeva per la specifica visione dell’arte che la identificava e non come mero contenitore.


Definizione di


Kunsverein

(dal tedesco società artistica). Si tratta del modello alla base dell’organizzazione museale in Germania che conta in ordine di credito crescente appunto le


Kunsverein

quindi, le


Kusthalle

, i


Musei d’Arte Contemporanea

e la


Galleria Nazionale

.


Come si evince da questa lista il modello tedesco è ben organizzato e attento alla valorizzazione del proprio patrimonio contemporaneo, azione che si esplicita cominciando da una ricognizione sulle nuove generazioni partendo proprio dal modello base, appunto la


Kunsverein

. Per poi estendersi fino all’apice della piramide rappresentato dalla


Galleria Nazionale

, il luogo dove vengono consacrati i grandi maestri tedeschi che diventano per sempre patrimonio artistico nazionale.


In Italia è presente invece un sistema frammentato, fatto soprattutto di cattedrali nel deserto, peraltro sempre in affanno, con la tragica conseguenza tra l’altro che, non essendo in grado di rappresentare la scena artistica nazionale, la nostra arte viene considerata ingiustamente all’estero di serie B ….


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Rappresentiamo un non modello che alla fine ingigantisce la distanza tra l’arte e la nostra vita e non consente di definire un ordine di valori che permetta di comprendere quanto è arte e quanto non lo è, ed è proprio questo il punto che disorienta il sistema dell’arte internazionale, dove si deve guardare per confrontarsi con l’estetica italiana?


Inoltre un aspetto molto interessante della


Kunsverein

è la fidelizzazione del cittadino alla stessa. In Germania infatti per la sua gestione vi è un importante intervento della comunità attraverso donazioni, spesso assolutamente popolari, destinate principalmente alle attività. Con l’aggiunta che ogni soldo che viene donato è tracciabile e legato ad una specifica azione, la pubblicazione di un catalogo, l’allestimento, l’accoglienza etc, (il cittadino quindi sa esattamente in che maniera ha contribuito al progetto), mentre le spese di gestione del personale, ridotto alle figure indispensabili, è invece a carico dal Comune.


In Italia non esiste questa struttura perché si crede poco nel sostegno privato (un problema complesso da analizzare con molta attenzione,


sarebbe importante un parere di un esperto quale Maurizio Caserta

che ha studiato il modello anglosassone comparandolo a quello nazionale) nella possibilità quindi di creare una partecipazione sociale impegnata ad assicurare prima di tutto condizioni culturali utili alla crescita personale e dei propri figli (le attività didattiche delle


Kunsverein

sono al centro di ogni programma dell’istituto).


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Vediamo ora come si possono applicare questi modelli a Catania, tenendo conto che al di là del fatto che qualsiasi museo contemporaneo che si propone come interfaccia tra il territorio e il sistema internazionale dell’arte necessita di figure con competenze specifiche, il problema più grande è rappresentato dalla sostenibilità dei progetti. Pochi soldi, lentezza burocratica e poco partecipazione privata fanno peraltro perdere la possibilità di attingere al salvadanaio Europa.


Il punto è quindi quello di organizzare un modello che costi poco, che abbia le capacità di intercettare i fondi pubblici europei e nazionali particolarmente sensibili alle reti, che coinvolga il territorio e diventi antenna privilegiata nel mondo internazionale dell’arte.


L’ibrido a cui penso, possibile modello efficiente e sostenibile, quindi è una


Kunsverein

le cui fondamenta sono


diffuse

nel territorio. Un


Museo Diffuso

che in sintesi e in modo irriverente riproduca il sistema tedesco.


  1. (in Germania la Galleria Nazionale) uno spazio pubblico, non troppo grande, anzi decisamente contenuto, e che rappresenti il luogo dell’eccellenza dove esprimere il miglior esempio di sperimentazione e luogo del dialogo tra territorio e sistema dell’arte internazionale.
  2. (in Germania le kusthalle e i musei d’arte contemporanea) una rete di realtà pubbliche e private, che trasformino la città in un laboratorio di produzione che pur mantenendo autonomia e identità culturale propria, concorre a definire e rendere visibile il contesto culturale della nostra città.

La gestione è pubblico privato, dove il primo garantisce i servizi base per rendere sostenibile il progetto e il secondo costituisce una base sociale impegnata a diversi livelli per garantire le attività. Ne parlo con una certa consapevolezza avendo in qualche modo operato in tal senso per molti anni per la costituzione di una rete sul contemporaneo nella Sicilia orientale, che oggi pur non ancora istituita, è nei fatti operativa. Si definirebbe in tal senso una rete estesa costituita da fondazioni, spazi no profit, siti di rilevanza storica e architettonica, musei cittadini, ma anche studi di artisti, gallerie private e quant’altro una sapiente regia sappia mettere insieme e muovere a sostegno della cultura, realtà partecipi a diverse livelli in base al loro prestigio, frutto non delle dimensioni oggettive, ma della qualità culturale della proposta.


In tal modo si restituirebbe all’arte quell’autonomia di espressione che è stata mortificata per decenni dall’operato di Amministrazioni poco illuminate che hanno operato pensando che l’arte fosse solo una questione di nomi e non di contenuti.


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Il costo per la Città va a seconda del volume da 300.000 a 500.000 euro annui,i ricavi invece diretti e indotti sarebbero di gran lunga superiori.

Dove si trovano i soldi… sono convinto che si avrebbe una grande partecipazione sociale che nel tempo sarebbe sufficiente a rendere sostenibile il progetto, ma se pensiamo che il settore che avrebbe più benefici è quello turistico, allora una migliore gestione della tassa di soggiorno garantirebbe a tutte le discipline culturali di godere di servizi pubblici adeguati ad un ragionevole sviluppo. L’anno scorso è stata di 1.200.000 euro. Tolti i 300000 euro correttamente destinati alla festa di Sant’Agata, ne rimangono 900.000, investiti in rete sul territorio produrrebbero iniziative di grande interesse culturale per un valore che supera di gran lunga l’investimento.


… e siccome mi piace espormi e suggerire soluzioni pratiche, eccovi un esempio per capire cosa significa operare in rete… oggi la


Fondazione Brodbeck

presenta 10 capolavori contemporanei in una mostra dal titolo: “


dove la poesia è possibile

” un evento che se fosse stato organizzato da un mercenario dell’arte (a condizione che riesca a farsi prestare opere di tale importanza) avrebbe un valore prossimo ai 100.000 euro tra assicurazione, trasporti, curatela, guardiania, segreteria organizzativa, didattica. La mostra è costata meno di 5000 euro, … la collezione è un patrimonio inestimabile e giace nei depositi… trovarle una collocazione permanente significherebbe sostenibilità per tutti…


Chiedo scusa per il mio straparlare, ma questo è il mio stile… e poi visto che in 20 anni nessuna Amministrazione ha mai bussato alla mia porta per chiedere un parere, ecco che questa consulenza che, giusta o sbagliata che sia, altrove vale migliaia di euro, io la regalo al Primo Cittadino nella speranza che almeno ci pensi … ”


Gianluca Collica opera nel mondo delle arti visive contemporanee dal 1987 anno in cui apre con il padre Franco Collica la galleria Andrea Cefaly di Catania.Come gallerista dirige dal 1996 al 2000 la galleria Gianluca Collica a Catania. Quindi dal 2000 al 2006 idea e dirige il Centro per l’Arte Contemporanea Palazzo Fichera.Dal 2011 è titolare insieme a Massimo Ligreggi della galleria collicaligreggi sempre a Catania.Ha lavorato con artisti di fama internazionale tra i quali: Carla Accardi, Vincenzo Agnetti, Mario Airò, Afro Basaldella, Louise Bourgeois, Michael Beutler, Michele Canzoneri, Ra di Martino, Diango Hernadez, Piero Guccione, Ceal Floyer, Graham Gussin, Urs lüthi, Christoh Meier, Liliana Moro, Giuseppe Penone, Alfredo Pirri, Franco Sarnari, Hans Schabus, Ettore sottsass, Jan Vercruysse, Luca Vitone, Franz West, Ervin Wurm, Heimo Zobernig.Vanta numerose collaborazioni con musei nazionali e internazionali come ad esempio: LENBACHHAUS di Monaco di Baviera, Stedelijk Museum Amsterdam, Fondazione Bevilacqua la Masa di Venezia, Museo Cantonale di Lugano.Come esperto di politica culturale ha svolto principalmente una attività  finalizzata alla realizzazione di una rete siciliana vocata alla ricerca e sperimentazione contemporanea, che oggi comprende principalmente: la Fondazione Brodbeck di Catania, la Fondazione Oelle di Catania, la Fondazione Radicepura di Giarre, la Fondazione Bufali di Belpasso, la Stanza della Seta di Ficarra.Curatore della Collezione Brodbeck fin dal 1999. Nel 2007 idea e dirige come direttore artistico la Fondazione Brodbeck di Catania.Nel 2017 diviene responsabile artistico della Fondazione Radicepura di Giarre.Vanta numerose collaborazioni con amministrazioni pubbliche e in particolare tra il 1998 e il 2000 opera con il Comune di Catania. Tale collaborazione porta al riutilizzo del Museo Civico Castello Ursino e della Biblioteca Ursino e Recupero come spazi deputati alla realizzazione di grandi mostre. Tra queste meritano particolare attenzione: La mostra antologica di Piero Guccione, la mostra della collezione dello Stedelijk Museum Amsterdam, la mostra dal titolo “Teatro Botanico. La natura dell’arte nel XX secolo”, la mostra “Frammenti” di Ettore Sottsass, la mostra “La Bibbia miniata e altri gioielli della Biblioteca Recupero e Ursino”.

 


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