
L’emergenza pandemica da Covid-19 e le conseguenti restrizioni hanno spinto l’organizzazione dei Visvamitra International Awards of Excellence a posticipare l’edizione 2020, che verrà celebrata nel 2021.
L’edizione 2019, organizzata da Yoga Vidya Onlus con coordinatore l'avv. Stefano Pipitone ed insieme al Comune di Siracusa, con la presenza dell’Ambasciata d’India a Roma quale Guest of Honour, è stata un grande successo; tuttavia le norme attualmente previste dai D.p.c.m. non consentono lo svolgimento dell’evento previsto per il 2020.
Lo spirito dei Visvamitra Awards of Excellence è quello di riconoscere e premiare chi si è distinto nella condivisione del proprio successo e delle proprie capacità con la società.
L’emergenza Covid-19 è stata l’occasione per vedere in azione veri e propri “eroi”.
Persone di qualunque ceto sociale e grado di istruzione si sono impegnati insieme, notte e giorno, nei campi professionali più disparati, per rispondere ad una emergenza internazionale mai vista e mai immaginata nella sua durezza.
Con questa premessa, l’organizzazione ha voluto istituire un premio speciale, i “Covid Warrior” quale tributo per quanti, in silenzio e lontano dai riflettori, ci hanno protetto e curato, hanno consentito il mantenimento dei servizi essenziali, evitando il peggio. E la loro attività continua ancora oggi.
Abbiamo deciso di premiare tre personalità simbolo della Sicilia Orientale, come segno di ringraziamento per il territorio che ha ospitato l’edizione 2019 dei Visvamitra International Awards.
È un riconoscimento che fisicamente va a tre grandi professionisti, ma che in spirito è rivolto alle migliaia di combattenti che con dedizione e professionalità si sono spesi per ciascuno di noi.
Oggi con grande rispetto e senso di gratitudine sono stati consegnati i seguenti tre premi:
MEDICINA
Dr.ssa Maria Concetta Monea
Capo Dipartimento Emergenza – Direttore
U.O.C. Anestesia, Rianimazione, Terapia Intensiva e Trauma Center A.O. Cannizzaro di Catania
FORZE DELL’ORDINE
Maggiore Stefano Santuccio
Comandante Compagnia Carabinieri di Augusta
HEALTHCARE LOGISTIC
Dott. Michele Fabrizio Lo Presti
Referente U.O.S. Facility Management A.S.P. Siracusa
“Accetto con gratitudine questo riconoscimento - ha dichiarato Maria Concetta Monea - in nome del sacrificio dei Medici, Infermieri e Ausiliari di tutte le Terapie Intensive e della Terapia Intensiva dell’Ospedale Cannizzaro che ho l’onore di dirigere.
Tutti oggi parlano di terapie intensive, semi intensive, ventilatori, ossigeno.
Ci tengo a sottolineare un messaggio che tutti siamo stati costretti a leggere, a causa o grazie a questa pandemia.
L’importanza centrale delle terapie intensive nel nostro sistema sanitario, che rappresentano un “patrimonio” di valore inestimabile, di alto profilo umano e tecnologico.
L’importanza dell’Etica sanitaria. Etica intesa come costume, come cambio di rotta, come abitudine.
Abitudine, speriamo, ad uno sguardo nuovo che tenga sempre la salute fisica e mentale dell’uomo al centro di tutte le nostre scelte. Anche a costo di mettere in secondo piano i famigerati budget, la cui esasperazione è stata causa di tagli indiscriminati nella sanità degli ultimi decenni. Fino al Covid-19. Arrivato per sbatterci in faccia la necessità di porre l’Uomo e la sua salute al primo posto.
Dirigo l’Unità di Anestesia Rianimazione, Terapia intensiva e Trauma Center del Cannizzaro, ospedale II livello e centro Hub regionale per l’emergenza.
Da marzo viviamo tutti un tempo sospeso.
Prima di raccontare cosa è la vita durante l’emergenza Covid all’interno delle terapie intensive, vorrei ricordare a tutti cosa fa, in concreto, un medico intensivista anestesista rianimatore.
Perché addormentare e risvegliare il paziente è solo uno dei molti compiti a cui è tenuto.
L’anestesista è lo specialista cui viene affidata la veglia del paziente durante i lunghi e complessi interventi, con il compito di garantire il delicato e stupefacente equilibrio tra sistema nervoso centrale, cardiocircolatorio e respiratorio.
Questo ruolo è svolto facendo uso di ventilatore e potenti pericolosi farmaci. Per farlo, è necessario conoscere anche il lavoro del chirurgo, seguire tutte le sue manovre, così da prevenire eventuali problemi.
Un bravo anestesista è anche un bravo intensivista.
Rianimatore è oggi un termine un po’ desueto. Richiama l’idea di un approccio rapido e risolutivo, senza la visione di un progetto terapeutico, come invece ci evoca la parola terapia intensiva e quindi intensivista. Questo approccio è necessario in 118 o in pronto soccorso, dove sono presenti sempre gli anestesisti, quando il paziente si presenta molto grave. Se oggi riusciamo ad eseguire grossi interventi di cardiochirurgia, a curare politraumi, o gravi sepsi, solo per citarne alcune, è proprio grazie allo sviluppo dell’anestesia e della terapia intensiva.
L’anestesista Intensivista è forse l’ultimo medico che ha una visione “olistica”, non settoriale del nostro organismo e quindi della medicina, con competenze di cardiologia, neurologia, pneumologia, endocrinologia, immunologia ecc. e di tutte le branche chirurgiche che si trovano nell’ospedale in cui lavora.
Un ospedale centro Hub per l’Emergenza come il Cannizzaro, oggi più di ieri, deve mettere al centro del suo sistema un team di anestesisti intensivisti preparato e tecnicamente esperto al fianco dei medici di P.S. e di medicina d’urgenza, ai chirurghi e agli infermieri esperti. Il team di anestesisti intensivisti rappresenta lo zoccolo duro dell’organizzazione dell’emergenza.
Il “virus verità”.
Desidero cogliere l’occasione di questo riconoscimento per raccontare a tutti della Terapia Intensiva e della colpa del coronavirus.
Prima ancora che Dirigente, io sono un’Anestesista Intensivista. Che non è la stessa cosa di rianimatore, che il più delle volte non sa come finisce il proprio paziente. L’Intensivista invece lo sa, e come! L’Intensivista fa un progetto di diagnosi e terapia, lavora in squadra, usa macchinari da NASA, sofisticati e che ci vuole una vita di lavoro e di allenamento quotidiano per saperli sfruttare al massimo delle loro possibilità.
La mattina per andare al lavoro ti alzi molto presto, quando non sei già in piedi perché a letto non ci sei proprio andato e la notte in reparto è volata accanto a un unico paziente grave oppure correndo da un letto all’altro senza tregua. E non c’è Natale e non c’è Ferragosto che cambi le cose.
Alla fine di una notte, uscire all’aria aperta ti fa respirare a pieni polmoni. Li lavi dall’aria pesante, respirata appena per quello che serve, mai di più. Fuori l’aria pizzica sempre, anche d’estate. Perché la stanchezza mette freddo. Ma la luce del mattino! Ti ripaga di tutto, ti inonda e ti fa scoprire il cielo bellissimo sempre, persino quando piove.
Ripensi a tutto quanto hai fatto in un attimo, torni indietro e ti chiedi se hai dimenticato qualcosa nelle consegne.
Mentre torni a casa ascolti una notizia: 100, 200, 400 morti? Una guerra o un aereo che cade? Sono tanti, il numero sembra non fare differenza.
Tu per uno, uno solo, insieme ai tuoi infermieri hai combattuto una notte intera della tua vita e non sai se sarà servito. Ma si, certo che è servito, serve sempre. Perché hai donato e donare è come lanciare un sasso in uno stagno: è energia che cammina.
Il coronavirus nessuno se lo aspettava. Ma per la verità in cuor nostro sapevamo tutti che prima o poi sarebbe accaduto qualcosa che avrebbe messo in crisi il nostro fragile sistema.
Ogni volta che si tagliavano risorse c’era la solita voce solitaria che lanciava un grido di allarme, inascoltato, e poi tutto tornava a funzionare apparentemente come prima. Col sacrificio di molti silenziosi medici Intensivisti e Infermieri, abituati a restare in trincea, per senso del dovere. Come stretti in una morsa senza potere liberarsi per l’incalzare del lavoro, al quale se ti sottrai sai che qualcuno ci può lasciare la pelle. E allora continui perché pensi che prima o poi chi di dovere capirà.
Ed ecco che arriva il coronavirus.
“Virus Verità”, l’ho chiamato cosi fin da subito. Irrompe nelle nostre vite e le cambia di botto.
Si, ma non era così che mi aspettavo il cambiamento. Se mai ci sarà. A che prezzo !!
Abbiamo paura anche noi ma nessuno si tira indietro, è il nostro lavoro e sappiamo che senza di noi i morti si conteranno ancora di più e restiamo inchiodati senza guardare le ore.
Sono il Primario e devo dare loro serenità e sicurezza.
Gli occhi parlano.
Guardo gli occhi dei miei Anestesisti Intensivisti e dei miei Infermieri e vi leggo dentro la paura, ma anche il coraggio; che coraggio è senza la paura?!
So che posso contare su tutti, anche su quelli che vorrebbero scappare e non lo fanno.
Abituati noi alla diversità clinica, improvvisamente arrivano malati che sembrano apparentemente tutti uguali e noi, bardati come marziani, gli giriamo intorno, li colleghiamo al respiratore e a monitors sofisticati, incannuliamo grossi vasi con cateteri lunghi e pieni di rubinetti che colleghiamo a pompe-siringhe, cerchiamo di capire attraverso Rx , TAC ed esami di laboratorio che grado di gravità hanno. Sappiamo che quelli che moriranno non vedranno più i loro cari e i loro cari non li vedranno mai neanche dopo. Siamo provati ma sappiamo mantenerci lucidi, non ci fermiamo.
E gli altri malati dove sono?
Arrivano pure, ma solo i più gravi. I meno gravi invece hanno paura e restano a casa. Per noi aumenta moltissimo il lavoro perché i più gravi arrivano sempre, soprattutto nel mio ospedale, il Cannizzaro di Catania, che è un ospedale per l’emergenza e si aggiungono ai malati di coronavirus.
Ma si devono curare anche loro e quindi cosa si fa? E intanto tamponi a tutti, se fossero portatori anche loro?
Diversifichiamo i percorsi, altrimenti si infettano tutti. Complicato a realizzarsi in un sistema che si è beato di scelte adatte ad una sanità da budget, da efficiente sistema “produttivo”, economicamente.
Ma la terapia intensiva è un’altra storia. Il Coronavirus è un’altra storia.
Bisognerà ridisegnare un nuovo sistema sanitario con al centro l’emergenza, tutta, e soprattutto al primo posto le Terapie Intensive.
Bisognerà riscrivere l’Etica sanitaria. Etica intesa come costume, come cambio di rotta, come abitudine.
Abitudine, speriamo, ad uno sguardo nuovo che tenga sempre la salute fisica e mentale dell’uomo al centro di tutte le nostre scelte”.
Altro premiato il dott. Fabrizio Michele LO PRESTI: “Sono il referente dell’U.O.S. Facility Management dell’Asp di Siracusa, un Ufficio che, tra gli altri incarichi, cura l’intera logistica dell’ASP Siracusa.
A marzo, dopo essere stato nominato componente della cabina di regia dell’Unità di Crisi dell’ASP Siracusa, ho avuto cognizione diretta della confusione e della impreparazione che ha travolto il mondo, per come lo conoscevamo, al primo impatto con la pandemia.
Tutti noi operatori del comparto sanità abbiamo fatto esperienza diretta del caos generato dal clima emergenziale e dalla difficoltà di adattare la macchina burocratica della P.A. alla necessaria tempestività salvavita di decisioni da adottare per risolvere, in modo rapido, problemi prima mai immaginati.
Ben presto il Provveditorato, le Farmacie ospedaliere e quelle territoriali dichiararono forfait.
Tutti i fornitori abituali dell’ASP Siracusa non erano infatti in grado di trovare e fornire DPI, (dispositivi di protezione individuale), nelle quantità e con le tempistiche necessarie.
I nostri medici ed infermieri cominciarono così ad accusare la mancanza di mascherine, tute, copri scarpe, guanti, etc…
Questa criticità mi ha coinvolto direttamente. Era infatti mio il compito gestire i trasporti a mezzo ambulanza in tutta la provincia. Compreso il trasporto dei malati Covid, organizzato con una ambulanza, appositamente sigillata per l’occasione.
Per far questo, tuttavia, era necessario come prima cosa mettere in sicurezza gli autisti dei mezzi, fornendo loro i DPI necessari.
Mascherine, guanti, tute. Come mandare su strada le ambulanze senza i presidi minimi di sicurezza?
Non posso e mai dimenticherò il muro di dinieghi alle mie richieste.
Le risorse erano scarse, destinate esclusivamente a sanitari e parasanitari. Loro erano in corsia, a strettissimo contatto col nuovo virus.
Dovetti quindi inventare, battendo strade solitarie ed alternative. Il motto del mio Ufficio è “dateci una criticità e la trasformeremo in una risorsa”.
Consegnai quindi a ciascuno una lista di indirizzi presso tutti i Comuni della provincia di negozi di ferramenta, prodotti zootecnici, edilizia, oltre ad aziende agricole, ditte di disinfestazioni e simili.
Fu così che trovammo tutto! Ma anche di più.
Senza rendercene quasi conto, ci siamo trovati a rifornire l’intera provincia, cinque ospedali, cinque farmacie territoriali, che a loro volta centellinavano la distribuzione di materiale sul territorio.
Ogni giorno arrivavano centinaia di telefonate. Reparti di malattie infettive, rianimazione, centri covid, pronto soccorsi, tutti a chiedere qualche tuta in più, qualche mascherina FFP2.
La Protezione Civile, suo malgrado, non riusciva a offrire supporto adeguato, per qualità e quantità dei DPI offerti. È un ricordo indelebile nella memoria di tutti noi.
In questo desolato quadro, l’attività del UOS Facility Management ASP Siracusa è riuscita a supportare tutti, compreso il 118, con estremo sacrificio e dispendio di energie.
Abbiamo lavorato 12/15 ore al giorno, per ben 64 giorni continuativamente, (senza sabati, domeniche, pasqua, pasquetta, 25 aprile e 1° maggio), andando a casa solo per riposare qualche ora.
Ogni giorno era nuovo. Come in enorme puzzle, sempre in movimento, abbiamo spostato risorse da un ospedale all’altro, cercando sempre di equilibrare le risorse.
Mai una sosta. All’emergenza DPI sì è infatti ben presto aggiunta la carenza di tamponi.
Reperirli, trasportali con celerità, recuperare quelli effettuati e consegnarli perché venissero processati. Un’altra frenesia nella frenesia.
Insieme ai miei collaboratori sembravano criceti affannati in mille ruote. Quotidiani viaggi a Catania, Messina e Palermo impegnavano sempre di più le esigue risorse umane disponibili. Lo stesso autista arrivava fare 3 o 4 viaggi al giorno tra Siracusa, Catania e Messina, mentre altri, “più freschi”, ripartivano il pomeriggio in direzione Palermo, così da rientrare a Siracusa soltanto a notte fonda. Senza riposo.
Non potrò mai dimenticare la drammatica telefonata, un venerdì pomeriggio, dall’Ospedale Umberto I di Siracusa. Tra tutti i reparti erano rimasti con meno di 40 tute, (malattie infettive, rianimazione e pronto soccorso). Senza nuovo rifornimento, in 12 ore sarebbero esauriti i presidi di protezione individuale.
Dopo decine e decine di telefonate sono riuscito a trovare un negozietto in provincia di Messina, sperduto tra le montagne, che, avendo chiuso a febbraio, aveva ancora merce in magazzino: qualche migliaio di tute. Tutti i miei collaboratori erano fuori. È stato così che ho lasciato l’ufficio per partire in prima persona, con l’ultimo furgone, sotto un diluvio imponente, insieme all’autista più fidato.
Alla fine riuscimmo a recuperare quelle tute!
Non ci fossimo riusciti, quella sera l’ospedale Umberto I avrebbe vissuto una criticità operativa non risolvibile.
Questo è il racconto dell’operato di una manciata di uomini di mezza età, non più giovanissimi; poche decine di persone, che, senza battere ciglio, con estrema umiltà e senso di sacrificio, hanno affrontato compiti, attività, lavori che molto spesso esulavano dal loro mansionario, dall’orario di lavoro, dai compiti e carichi di lavoro che un impiegato è chiamato a fare. In prima linea, trasportando malati positivi e tamponi infetti.
Non ho remore a raccontare che tutto questo è stato vissuto con la paura. Per se stessi, per i propri familiari.
Il mio ricordo più bello?
Nessuno ha fatto un passo indietro, nessuno ha marcato visita un solo giorno.
Io mi limitavo a ripetere: se noi ci fermiamo, chi prenderà il nostro posto?
Mi sorprendevo ogni mattina nel vedere tutti i miei collaboratori presenti. Ogni sera ci ripetevamo: “anche oggi ci siamo riusciti”.
Un passo dietro l’altro, una mascherina, una tuta e un tampone dietro l’altro, alla fine la tensione si attenuò, la curva dei contagi si piegò più di quanto lo fossero le nostre schiene e un bel giorno l’amica Antonella (Dott.ssa Franco, Primario di malattie infettive all’Umberto I) mi ha chiamato commossa… Avevamo Vinto.
Da lì a qualche giorno la provincia di Siracusa fu dichiarata a “contagio zero”, prima in Sicilia.
L’unica ASP della Sicilia orientale a non accusare nemmeno un “blocco funzionale”, cioè a non avere patito un’ambulanza o un reparto fermo per mancanza di DPI.
Altro ricordo indelebile è stata la dicotomia tra chi si è chiuso dentro la propria casa, legittimamente impaurito, e chi si è speso senza riserve.
Durante la spasmodica ricerca di DPI per l’ASP, tra le tante, ricorderò per sempre una telefonata.
Dopo qualche secondo di pausa, il titolare di un negozio accettò di rifornirci di tutto quello che aveva in magazzino. Senza una richiesta protocollata, senza conoscermi, senza alcuna garanzia circa il pagamento di oltre 17.000 euro di merce. Semplicemente “sulla parola”. Quell’Uomo lo ringrazio ancora oggi, a nome di tutti, con tutto il cuore.
Un rammarico?
Resta il ricordo di quella macchina del fango con cui certi “leoni da tastiera” hanno provato a rendere ancora più bui giorni di indimenticabile caos e tensione.
Ma è un rammarico temporaneo, spazzato via dal senso di orgoglio, rispetto e gratitudine maturati insieme a tutti i colleghi dell’ASP di Siracusa con cui abbiamo combattuto la più grande battaglia.
Per il bene di tutti.
A loro devo il mio più sentito ringraziamento”.
“Siamo grati agli organizzatori per questo prestigioso riconoscimento – ha dichiarato infine il direttore amministrativo dell’Asp di Siracusa Salvatore Iacolino presente all’incontro – che dà lustro all’Azienda e al suo operato. Un premio destinato a Fabrizio Lo Presti e attraverso lui a tutti gli operatori del Facility Management e a quanti si sono spesi e si stanno ancora spendendo nella gestione della pandemia”.
Alla cerimonia hanno partecipato inoltre il direttore del Dipartimento Area Medica – Salvo Italia, il direttore Affari generali – Lavinia Lo Curzio e una rappresentanza della squadra degli operatori del Facility Management, Enzo Nobile e Gaetano Maniscalco per gli autisti, Piero Lo Bianco per gli ambulanzieri, Enzo Ruiz per gli amministrativi”.
"È un premio per cui ringraziamo sentitamente l’organizzazione dei VISVAMITRA INTERNATIONAL AWARDS, diretta da Yoga Vidya Onlus - sottolinea la Direzione - che riconosce l'eccellente impegno che questa Azienda, senza ricerca di clamori, sta mettendo in campo anche nella delicata organizzazione di tutti gli aspetti che attengono alla logistica. Un plauso a tutta la squadra Asp Siracusa da parte della direzione aziendale".