Il tema di riflessione che ci viene proposto oggi è di quelli a rischio di impopolarità, come riconosce lo stesso dott. Rizzo che ce lo offre.
E in effetti in non pochi penseranno: "Ma come, con tutti i problemi che ci sono a Catania, le buche nelle strade, il traffico, gli allagamenti, la zona industriale, San Berillo, la dispersione scolastica, i senza tetto abbandonati in Corso Sicilia, la povertà, il lavoro...".
È vero, perché occuparsi proprio di quelli che hanno sbagliato e devono scontare una pena?
Perché è una questione di Civiltà, di Dignità, non solo di quelli che stanno dentro ma anche e soprattutto di quelli che sono fuori.
Perché è da questi angoli oscuri e oscurati, che la società cosiddetta civile si ostina a nascondere, che si misura il grado di civiltà di una comunità, esattamente come nel modo in cui vengono trattati i senza tetto, i bisognosi, i poveri, che non sono questione di decoro ma di umanità.
Rifletterci, uscendo dal consueto refrain, è quanto mai utile.
(PDR)
Caro Direttore,
mi permetto di proporle alcune mie considerazioni e riflessioni su un argomento che non sarà certamente tra più dibattuti nella prossima campagna elettorale per il rinnovo del consiglio comunale e per l’elezione del futuro sindaco della nostra città, ma che merita attenzione, spazio e rispetto.
Mi riferisco al tema della tutela e delle garanzie dei diritti delle persone private della libertà nella nostra comunità.
È dal 2003 che alcuni comuni italiani hanno cominciato ad istituire la figura del garante cittadino delle persone detenute e di tutte quelle private della libertà personale nell’ottica della prevenzione della tortura e delle pene o dei trattamenti inumani o degradanti.
Questa figura sensibilizza l’opinione pubblica sul tema dei diritti e dei bisogni di queste persone, supporta il volontariato e le istituzioni per l’umanizzazione della pena, programma attività ed eventi culturali sul tema della giustizia.
Si tratta di una straordinaria forma di civiltà e di progresso di una città, segno di considerazione e riguardo alla parte più sfortunata della sua gente che non può essere abbandonata alla dimenticanza e all’oblio della vendetta sociale.
Catania non ha mai avuto questa figura, ha sempre rimosso questo problema, eppure nel proprio territorio ricadono due istituti penitenziari, la casa circondariale di Piazza Lanza e la casa circondariale di Bicocca.
Probabilmente si è pensato che questo compito appartenesse solo ed esclusivamente ad altre istituzioni o ad altre figure di garanti dei detenuti, nazionali o regionali, che risultano però troppo spesso lontane e poco raggiungibili dalle singole realtà locali.
Un garante cittadino delle persone private della libertà rappresenterebbe per Catania un arricchimento ed un indiscutibile segno di progresso che ci avvicinerebbe a modelli di città più evoluti ed europei, consentendo occasioni di mediazione, di aiuto, di sostegno che spesso, per le note limitazioni di organico ed economiche, sono deficitarie sul versante istituzionale.
La conoscenza diretta del tessuto economico ed imprenditoriale da parte del garante cittadino consentirebbe inoltre maggiore attenzione al tema del lavoro che riveste ovviamente una posizione centrale e insostituibile nell’ottica di reinserimento e rieducazione delle persone detenute.
Bisogna aprire quanto prima la cultura della nostra comunità alla differenza che deve esserci tra “pena” e “trattamento” nella detenzione.
Il mio amico giornalista Antonio Coniglio, persona che ammiro e stimo e importante esponente di “Nessuno tocchi Caino”, ha scritto a tal proposito un bellissimo articolo sul Riformista dal titolo evocativo: “Che differenza c’è tra prigione e carcere: quando con le parole nasce il castigo”, nel quale spiega in maniera eccezionale che la detenzione in una società civile dovrebbe svolgersi in “una prigione, cioè in un luogo che svolge un’azione preventiva verso chi è portatore di insidie e pericoli per gli altri”, un luogo di passaggio verso una futura auspicabile migliore esistenza.
Invece la detenzione oggi significa solo “carcere”, cioè castigo, correzione, istituto di pena appunto, luogo progettato per infliggere dolori e patimenti.
Il prossimo sindaco ed il prossimo consiglio comunale devono prendere l’impegno di istituire questa figura del garante cittadino se hanno a cuore la crescita anche morale della nostra comunità, senza nascondersi dietro strumentali ed avvizzite posizioni partitiche, frutto più di interessi volti al consenso elettorale che mature espressioni di riflessione e ragionamento.
Occorre uno scatto di orgoglio anche su questi temi, forse scomodi, forse sconvenienti e fastidiosi, ma certamente rispettosi della dignità umana anche degli ultimi, dei più sfortunati, dei “cattivi” che non possono essere colpevolmente dimenticati.
Nino Rizzo
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