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Povertà alimentare: la Sicilia non guarda in faccia la fame, ma la sente

22-10-2024 06:00

Giacomo Petralia

Cronaca, Focus,

Povertà alimentare: la Sicilia non guarda in faccia la fame, ma la sente

Si potrebbe presumere che in Sicilia si adottino degne politiche di contrasto alla povertà alimentare... ma si presumerebbe male.

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In un mondo il cui equilibrio pare oscillare perpetuamente tra uno scandaloso spreco di risorse e un’intensiva persuasione alla sostenibilità, c’è una tematica in particolare che non sembra riuscire ad ottenere la stessa popolarità, nonostante si ingigantisca e aggravi anno dopo anno: la povertà alimentare.

 

Un accesso difficile

Nel glossario del portale web “disuguaglianzesociali.it”, una biblioteca virtuale sulle disparità ideata dalla Fondazione Ermanno Gorrieri per gli studi sociali, si può facilmente rintracciare la semplice ed efficace definizione di povertà alimentare, vale a dire “l’incapacità degli individui di accedere ad alimenti sicuri, nutrienti e in quantità sufficiente per garantire una vita sana e attiva rispetto al proprio contesto sociale”.

 

Tale definizione è figlia di quella sulla sicurezza alimentare, già espressa dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) nel novembre del 1996, durante il World Food Summit tenutosi proprio in Italia, a Roma.

 

Vista l’imponente portata della materia, nel settembre 2015 i governi dei 193 Paesi membri delle Nazioni Unite sottoscrivono l’Agenda globale per lo sviluppo sostenibile, al cui interno la voce “sconfiggere la fame” ottiene addirittura il secondo posto tra i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile da dover raggiungere entro il 2030.

 

Si potrebbe quindi presumere che, forte soprattutto dell’importante ruolo giocato proprio nella costituzione dell’Agenda 2030,
la nostra Penisola stia adottando degne politiche di contrasto a disuguaglianze sociali come questa…
Ma si presumerebbe male.

 

I morsi della fame

La quinta edizione del report “I numeri della povertà alimentare in Italia a partire dalle statistiche ufficiali”, pubblicato alla vigilia dello scorso 16 ottobre (non a caso, la Giornata Mondiale dell’Alimentazione) da ActionAid, fotografa una Nazione letteralmente da fame.

 

Nel 2023, nel nostro Paese si registrano 5,7 milioni di persone in condizione di povertà assoluta e si attestano a quasi 5 milioni gli italiani (l’8,4% della popolazione sopra i 16 anni) che non possono permettersi un pasto completo a base di carne, pollo o pesce o equivalenti vegetariani almeno ogni due giorni; 
allo stesso modo, il report di ActionAid sottolinea che 3 milioni di persone sono impossibilitate a mangiare fuori casa,
in compagnia di parenti o di amici, minimo una volta al mese.

 

“Tra il 2019 e il 2022 la deprivazione alimentare materiale era scesa dal 9,9% al 7,5%”  - si legge inoltre nel documento dell’organizzazione - “un risultato a cui hanno contribuito le misure come il Reddito di cittadinanza introdotte a partire dal 2019. […]
Tale peggioramento riflette la crescente vulnerabilità delle famiglie italiane, aggravata dall'erosione del potere d'acquisto e dall'insufficienza delle politiche adottate per contrastare il fenomeno”.

 

Ma se queste percentuali nazionali appaiono come un tonfo del Belpaese rispetto alla media europea, alcuni numeri regionali e provinciali hanno il suono di una caduta in un fossato.

 

Alla fine dello scorso anno, la Sicilia si riconferma come la seconda regione italiana per numero di persone che versano in stato di povertà alimentare, subito dopo la Campania: 526 mila siciliani, all’incirca il 13% della popolazione dell’isola, non possono infatti usufruire di un pasto completo.

 

Un altro record affondato dalla Trinacria che, secondo i dati Openpolis, già nel periodo precedente alla pandemia da Covid-19
viene coronata come la regione col più alto indice di povertà alimentare minorile, cioè bambini e ragazzi con meno di 16 anni.

 

Qualcosa da mettere sotto i denti

Negli ultimi cinque anni, la cifra nazionale degli indigenti costretti a richiedere aiuti alimentari è aumentata del 40%.
È nella nostra isola, però, che si toccano percentuali realmente disturbanti, le quali raggiungono il +70%.

 

A dare una conferma di tale andamento sono i maggiori centri urbani che, l’anno passato, presentano i più alti tassi di beneficiari di pacchi alimentari: per l’appunto, nelle città di Catania e di Palermo si toccano il 27,4% e il 18,4% rispetto alla popolazione residente.

 

Mentre l’ente Banco Alimentare della Sicilia ODV si prepara già alla prossima Giornata Nazionale della Colletta Alimentare,
evento che si terrà sabato 16 novembre 2024 e grazie al quale potranno essere donati beni a chi più ne necessita (tra cui carne in scatola, verdure e alimenti per l’infanzia), le misure di lotta alla povertà alimentare prese a livello comunale risultano decisamente timide, a voler essere riduttivi.

 

Con un avviso pubblicato nel gennaio del 2023 sul portale istituzionale del Comune di Catania, infatti, l’Amministrazione annuncia orgogliosamente la messa a punto di un piano d’azione di contrasto alle disparità sociali: il rilascio di buoni pasto alimentari dal valore di addirittura 30 euro, fino ad esaurimento fondi, riservati a cittadini e nuclei familiari in condizioni di disagio socio-economico aventi un ISEE non superiore a 6.000 euro.

 

Si possono pure coprire gli occhi per non vederla;
quando fa mormorare la bocca dello stomaco, però, la fame riesce a farsi sentire da chiunque.

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