Trasferta a Grosseto, Isola del Giglio? No, siamo nel porto di Catania.
Quanto abbiamo sentito parlare di Barceloneta siciliana, del porto turistico e delle future navi di lusso che ormeggeranno in questo? Quello che vediamo, però, è tutto fuorché un posto d'élite. Nell'intervista curata dal direttore Elisa Petrillo a Carmelo Giuffrida (segretario regionale UGL), si nota il gigantesco controsenso di quest'area; area che oscilla tra un'ambizione fuori controllo e un assurdo immobilismo.
«Sporcizia, spazzatura, navi a mezz'acqua e strutture fatiscenti: è questa l’immagine che restituisce il porto di Catania», le parole dell'UGL Sicilia. Giuffrida, con Antonella Di Maio, coordinatrice del settore Mari e Porti, ha lanciato un allarme pubblico sullo stato di abbandono dell’area portuale che, a quanto pare, è rimasto inascoltato.
I turisti che ad oggi mettono piede nel nostro porto, probabilmente, non lo metteranno più, vedendolo ridotto così; basta infatti fermarsi dieci o quindici minuti e osservare il turista che scatta una foto a queste tre navi affondate. Forse, e non ironicamente, scambiandole per la Niña, la Pinta e la Santa Maria.
Insomma, come nasce la pretesa di voler investire quasi mezzo miliardo di euro se poi non si ha l'interesse nemmeno di rimuovere delle navi che, a detta di qualche pescatore, sono affondate due anni fa?
UGL chiede bonifiche immediate e misure di controllo permanenti per garantire sicurezza e pulizia. “Si parla tanto di sviluppo e di Piano Regolatore del porto – aggiungono – ma la realtà è fatta di immobilismo e disinteresse”.
Ma il vero allarme non è la sporcizia o le reti dei pescatori che si vedono in video, bensì qualcosa di tanto grande quanto invisibile: il Piano Regolatore del Porto.
Ma di questo ne abbiamo parlato tante volte e ne abbiamo elencato i soliti punti, uno fra tutti: una nuova Verifica Ambientale Strategica, o VAS, che – in parole semplici – è un documento molto complesso, con obbligo di redazione per ogni piano urbanistico (generale o particolareggiato), che deve rispettare i requisiti ambientali, faunistici, antropologici, artistici, di archeologia marittima (in questo caso), viabilità… tutto.
Infatti, appare preoccupante la previsione di oltre 3,5 milioni di metri cubi di nuove edificazioni, equivalenti a otto volte il volume attualmente presente nell’area portuale. Secondo le associazioni, si tratterebbe di un’espansione edilizia sproporzionata, senza motivazioni tecniche valide e perlopiù destinata a funzioni non portuali, come strutture ricettive.
Questa cementificazione - particolarmente copiosa - a pochi passi dal centro storico, solleverebbe ulteriori problemi ambientali in termini di inquinamento, consumo energetico e, carico urbano. Tanto che, in un precedente PRP, venne già bocciato dal Consiglio Comunale per una previsione edilizia di soli un milione di metri cubi.
Alla luce di ciò, capiamo bene quanto costi il negazionismo dell'Autorità Portuale che non retrocede e non ammette modifiche. Modifiche che, qualora fossero accolte, comporterebbero la necessità di redigere una nuova VAS e quindi pagare: archeologi, ingegneri, biologi, urbanisti e tecnici vari.
La sensazione che si ha, infatti, è quella di sbrigarsi, mangiare il tempo prima che questo mangi loro.
“Non solo è un problema di decoro – sottolineano – ma anche un serio rischio ambientale, aggravato dall’arrivo quotidiano di turisti che si trovano di fronte a uno spettacolo indegno”. Secondo i due esponenti, la responsabilità ricade sulle istituzioni competenti, a partire dalla Capitaneria di Porto e dall’Autorità Portuale, chiamate a intervenire con urgenza.
Un inciso necessario: a denunciare le condizioni del porto non è un politico in cerca di visibilità o in vena di captatio benevolentiae, ma un sindacalista. Un cittadino senza interessi personali, che esprime preoccupazione reale: perché quando un porto sembra una stalla, i primi a pagarne il prezzo sono proprio i lavoratori sia in sicurezza che in dignità.
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