di Lucia Murabito
324 terreni, 7 milioni di m³ di terra, 33 fabbricati e 6 veicoli. Un totale di 50 milioni euro di beni sequestrati. E' il patrimonio sottratto con l'operazione della Dia di oggi a Giuseppe Scinardo, classe 1938, imprenditore agricolo originario di Capizzi (ME). "L'imprenditore - ha dichiarato alla stampa Renato Panvino, direttore DIa di Catania - non ha grossi precedenti penali, ma non è neanche un novellino". Il suo recentemente coinvolgimento nei processi IBLIS, DIONISIO E PADRINI ne è la conferma. "Non è un affiliato di Cosa Nostra" continua il Tenente Colonnello Romeo della Dia di Messina. "Ma è sicuramente un appartenente" continua. E' ritenuto dagli inquirenti uomo di fiducia del capo di Cosa Nostra Mistrettese, Sebastiano Rampulla, deceduto nel 2010. Il boss era il fratello di Pietro Rampulla, l'artificiere condannato per avere confezionato l’ordigno della strage di Capaci in cui morirono il giudice Giovanni Falcone, la moglie e gli agenti della scorta. "Ma ha collegamenti anche con Ciccio La Rocca e i boss del calatino" continua Romeo. "Non è mai stato condannato, ma ha favorito la latitanza di importanti soggetti di Cosa Nostra, ha ospitato importanti summit ed è uno dei custodi dei beni delle cosche". Conferma ne è l'ingente confisca di beni, frutto di una veloce escalation imprenditoriale della famiglia. "In seguito alla conclusione dei procedimenti citati - continua Romeo - è iniziata una lunga e complessa attività investigativa che ha portato a scoprire l'enorme differenza tra i beni posseduti dalla famiglia Scinardo e i redditi da loro effettivamente dichiarati. Le imprese dello Scinardo sono chiaramente imprese mafiose: è riuscito ad ottenere grossi contributi pubblici (quasi 3 milioni di euro ndr) grazie alla sua vicinanza alle famiglie di Mistretta". "Questa operazione - continua Panvino - non è la conclusione, ma la prima tessera di un puzzle. Stiamo puntando ad indebolire le finanze di Cosa Nostra fino a portarli al fallimento. Non siamo qui a dirci quanto siamo bravi, ma per dare giusta comunicazione alla cittadinanza del nostro operato: vogliamo che i cittadini ci sentano vicini e che si sentano protetti". Il sequestro di oggi segue quello dello scorso aprile, durante il quale vennero confiscati al figlio di Scinardo beni per oltre 200 milioni di euro. Presenti alla conferenza stampa - oltre a Panvino e Romeo - anche il Comandante Gugliandolo e il Tenente Colonnello della Guardia di Finanza Piccione.
324 terreni, 7 milioni di m³ di terra, 33 fabbricati e 6 veicoli. Un totale di 50 milioni euro di beni sequestrati. E' il patrimonio sottratto con l'operazione della Dia di oggi a Giuseppe Scinardo, classe 1938, imprenditore agricolo originario di Capizzi (ME). "L'imprenditore - ha dichiarato alla stampa Renato Panvino, direttore DIa di Catania - non ha grossi precedenti penali, ma non è neanche un novellino". Il suo recentemente coinvolgimento nei processi IBLIS, DIONISIO E PADRINI ne è la conferma. "Non è un affiliato di Cosa Nostra" continua il Tenente Colonnello Romeo della Dia di Messina. "Ma è sicuramente un appartenente" continua. E' ritenuto dagli inquirenti uomo di fiducia del capo di Cosa Nostra Mistrettese, Sebastiano Rampulla, deceduto nel 2010. Il boss era il fratello di Pietro Rampulla, l'artificiere condannato per avere confezionato l’ordigno della strage di Capaci in cui morirono il giudice Giovanni Falcone, la moglie e gli agenti della scorta. "Ma ha collegamenti anche con Ciccio La Rocca e i boss del calatino" continua Romeo. "Non è mai stato condannato, ma ha favorito la latitanza di importanti soggetti di Cosa Nostra, ha ospitato importanti summit ed è uno dei custodi dei beni delle cosche". Conferma ne è l'ingente confisca di beni, frutto di una veloce escalation imprenditoriale della famiglia. "In seguito alla conclusione dei procedimenti citati - continua Romeo - è iniziata una lunga e complessa attività investigativa che ha portato a scoprire l'enorme differenza tra i beni posseduti dalla famiglia Scinardo e i redditi da loro effettivamente dichiarati. Le imprese dello Scinardo sono chiaramente imprese mafiose: è riuscito ad ottenere grossi contributi pubblici (quasi 3 milioni di euro ndr) grazie alla sua vicinanza alle famiglie di Mistretta". "Questa operazione - continua Panvino - non è la conclusione, ma la prima tessera di un puzzle. Stiamo puntando ad indebolire le finanze di Cosa Nostra fino a portarli al fallimento. Non siamo qui a dirci quanto siamo bravi, ma per dare giusta comunicazione alla cittadinanza del nostro operato: vogliamo che i cittadini ci sentano vicini e che si sentano protetti". Il sequestro di oggi segue quello dello scorso aprile, durante il quale vennero confiscati al figlio di Scinardo beni per oltre 200 milioni di euro. Presenti alla conferenza stampa - oltre a Panvino e Romeo - anche il Comandante Gugliandolo e il Tenente Colonnello della Guardia di Finanza Piccione.