La Direzione Investigativa Antimafia di Catania assesta un nuovo colpo ai clan mafiosi aggredendo il patrimonio illecito del pericoloso clan dei Carateddi, capeggiato dal noto boss Orazio PRIVITERA
Li avevano arrestati nel febbraio di quest'anno per associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, intestazione fittizia di beni, porto illegale di armi da fuoco, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Oggi arriva per loro il maxi sequestro di beni. Parliamo di Giuseppe Privitera, Orazio Buda e Franco Marino, elementi di spicco del clan mafioso Carateddi capeggiato da Orazio Privitera, detto Pilu Russu. Il Privitera, fratello del capo clan Orazio, è stato già condannato in via definitiva ed è ritenuto dagli inquirenti pienamente inserito nell'organigramma del clan Carateddi. Orazio Buda, considerato "soggetto socialmente pericoloso" e già destinatario di sorveglianza speciale ed è accusato di associazione a delinquere, intestazione fittizia ed estorsione. Infine, il Marino - originario di Scordia - era stato accusato per truffe ai danni della Pubblica Amministrazione mediante cospicue erogazioni di fondi in ambito agricolo ottenute grazie ad un sistema di truffe in danno dell’Unione Europea in relazione a fondi erogati dall’AGEA (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura) per importi che all’esito delle verifiche effettuate per l’arco temporale 2005-2013 superano il milione e mezzo di euro. L'inchiesta che li aveva visti coinvolti, conclusasi con il loro arresto - durante l'operazione Prato Verde, insieme ad altri 25 tra vertici e fiancheggiatori del clan - aveva consentito di disarticolare il gruppo mafioso. Gli sforzi della DIA di Catania avevano disvelato le dinamiche interne del gruppo criminale, il forte vincolo associativo rinsaldato dai "valori" della mafia tradizionale legati al territorio, alla famiglia e all'agricoltura e "tutelato" dal capo che si ergeva a paladino dei suoi solidali. L'operazione di oggi, invece, attacca e corrode i patrimoni direttamente o indirettamente riconducibili a Privitera, Buda e Marino. Ripercorsi i loro "curriculum criminali" e compiuti i dovuti accertamenti patrimoniali, la Sezione Misure di Prevenzione ha svelato la totale assenza di risorse lecite idonee a giustificare gli investimenti fatti dai tre ed ha, in oltre, appurato la cospicua sproporzione tra i redditi dichiarati e i patrimoni posseduti. Con tre diversi provvedimenti, sono stati oggi sequestrati beni riconducibili a vario titolo a Giuseppe Privitera, Orazio Buda e Franco Marino per un valore complessivo di 3 milioni di euro. I beni, considerati il provento dell'attività illecita dei tre, consistono in sei fabbricati, tra cui appartamenti, autorimesse e fabbricati a destinazione commerciale ed abitativo e 13 appezzamenti di terreno tutti ricandenti nei territori delle province etnea e aretusea; sette aziende con sede a Catania operanti in vari settori economici e tre delle quali fittiziamente intestate a "teste di legno"; dieci veicoli tra cui anche mezzi pesanti per autotrasporto, nonché numerose disponibilità bancarie e finanziarie ancora in corso di quantificazione.
Li avevano arrestati nel febbraio di quest'anno per associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, intestazione fittizia di beni, porto illegale di armi da fuoco, truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Oggi arriva per loro il maxi sequestro di beni. Parliamo di Giuseppe Privitera, Orazio Buda e Franco Marino, elementi di spicco del clan mafioso Carateddi capeggiato da Orazio Privitera, detto Pilu Russu. Il Privitera, fratello del capo clan Orazio, è stato già condannato in via definitiva ed è ritenuto dagli inquirenti pienamente inserito nell'organigramma del clan Carateddi. Orazio Buda, considerato "soggetto socialmente pericoloso" e già destinatario di sorveglianza speciale ed è accusato di associazione a delinquere, intestazione fittizia ed estorsione. Infine, il Marino - originario di Scordia - era stato accusato per truffe ai danni della Pubblica Amministrazione mediante cospicue erogazioni di fondi in ambito agricolo ottenute grazie ad un sistema di truffe in danno dell’Unione Europea in relazione a fondi erogati dall’AGEA (Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura) per importi che all’esito delle verifiche effettuate per l’arco temporale 2005-2013 superano il milione e mezzo di euro. L'inchiesta che li aveva visti coinvolti, conclusasi con il loro arresto - durante l'operazione Prato Verde, insieme ad altri 25 tra vertici e fiancheggiatori del clan - aveva consentito di disarticolare il gruppo mafioso. Gli sforzi della DIA di Catania avevano disvelato le dinamiche interne del gruppo criminale, il forte vincolo associativo rinsaldato dai "valori" della mafia tradizionale legati al territorio, alla famiglia e all'agricoltura e "tutelato" dal capo che si ergeva a paladino dei suoi solidali. L'operazione di oggi, invece, attacca e corrode i patrimoni direttamente o indirettamente riconducibili a Privitera, Buda e Marino. Ripercorsi i loro "curriculum criminali" e compiuti i dovuti accertamenti patrimoniali, la Sezione Misure di Prevenzione ha svelato la totale assenza di risorse lecite idonee a giustificare gli investimenti fatti dai tre ed ha, in oltre, appurato la cospicua sproporzione tra i redditi dichiarati e i patrimoni posseduti. Con tre diversi provvedimenti, sono stati oggi sequestrati beni riconducibili a vario titolo a Giuseppe Privitera, Orazio Buda e Franco Marino per un valore complessivo di 3 milioni di euro. I beni, considerati il provento dell'attività illecita dei tre, consistono in sei fabbricati, tra cui appartamenti, autorimesse e fabbricati a destinazione commerciale ed abitativo e 13 appezzamenti di terreno tutti ricandenti nei territori delle province etnea e aretusea; sette aziende con sede a Catania operanti in vari settori economici e tre delle quali fittiziamente intestate a "teste di legno"; dieci veicoli tra cui anche mezzi pesanti per autotrasporto, nonché numerose disponibilità bancarie e finanziarie ancora in corso di quantificazione.