

4 i giorni che una neo mamma si trova a passare tra il Pronto Soccorso Ostetrico il reparto ostetricia e ginecologia. 24 ore il tempo che ci è stato necessario per capire che davvero qualcosa non funziona in un mix di colpe che rimpalla tra i tagli regionali e l'organizzazione aziendale
Nei mesi di preparazione al parto, attendendo il turno di visita in ambulatorio si sente più volte la frase: "Il reparto lascia molto a desiderare ma il dott. xx è in gamba, quindi ne vale la pena". Risposte simili si ottengono anche in rete, chiedendo sui vari gruppi e forum di discussione una valutazione dei punti nascita dei vari ospedali catanesi.

Consapevoli del fatto che il siciliano medio è avvezzo al "vuoi stare bene, lamentati" e che le neo mamme sono probabilmente le persone più apprensive al mondo, abbiamo preso con le pinze questi commenti.
L'esperienza diretta ha però confermato parola per parola le critiche lette e sentite e sono bastate 24 ore in reparto per cogliere tutte le criticità del reparto.
Purtroppo, infatti, quando l'eccellenza medica si scontra con la carenza di posti letto, di mezzi e di personale anche il miglior centro ospedaliero può trasformarsi in un ospedale d'area di prima emergenza.
Ed è quello che succede quotidianamente nel reparto Ostetricia e Ginecologia dell'ospedale Cannizzaro di Catania.
L'afflusso di pazienti e le camere strapiene sono sicuramente il frutto dell'ottimo lavoro di medici, ostetriche e infermieri, ma probabilmente solo in terra di Sicilia la professionalità del personale medico può far giustificare le gravi carenze organizzative e strutturali.
Le camere doppie diventano costantemente camerate di ospedali da campo, accogliendo fino a cinque pazienti. Questo significa che, sommando i rispettivi parenti accompagnatori e i neonati appena arrivati, la popolazione di una camera di 20 metri quadri può arrivare a 15 persone.
Aggiungete letti, culle, sedie, armadi e borsoni e il gioco è fatto.
Poi capitano sere in cui le nascite sono numerose: i posti letto non bastano e le neo mamme sono, a volte, costrette a dividere la camera con chi un bambino lo ha perso o con chi dovrà affrontare un intervento che le toglierà per sempre la possibilità di essere madre.
E ci sono anche le giornate in cui a finire sono le cullette per i piccoli arrivati. Magari hai affrontato un lungo travaglio, sei stanca, di certo sei anche felicissima di avere il tuo cucciolo fra le braccia. Però non puoi allontanarti nemmeno un momento per andare in bagno: non sono bastate le cullette e tu dividi il letto con il tuo pargoletto che, certo, da solo lì non può restare.
Per le pulizie gli operatori passano solo la mattino: ma con 8/10 adulti in una stanza, già a metà giornata, un altro giro di pulizie non guasterebbe. Ed è bene portarsi la carta igienica da casa, così come il sapone, perché durante il giro di pulizie non vengono rimpiazzati.




Avere le lenzuola pulite poi è una conquista. Ti portano in camera con il letto sul quale hai già passato più o meno 24 ore (nel mio caso 36...) tra controlli, preparazione e travaglio e nel quale ti hanno spostato subito dopo aver partorito. Una volta esserti ripulita chiedi il cambio di lenzuola, ma spesso non riesci ad ottenere neanche una traversa e i pannoloni sono preziosi.
In queste condizioni è comprensibile che gli infermieri siano visibilmente provati: una neo mamma a volte avrebbe bisogno solo di essere rassicurata, invece quello che ottieni sono risposte stanche, meccaniche e scocciate.
I medici e le ostetriche sono in gamba, preziosi e preparati, ma non possono fare a meno di mostrare il proprio sconforto e disappunto trovandosi a dover fare la gimkana tra i letti per poter fare il giro di visite.
Qualcuno allarga le braccia, come per dire "che possiamo farci?".
In questi mesi,parlando di servizio sanitario regionale, le parole d'ordine sono state "razionalizzazione" ed "efficientamento", ma qui di razionale ed efficiente vediamo ben poco.



