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Mafia, sigilli al tesoro di Paolo Alamia: "Fu socio e prestanone di Vito Ciancimino"

24-06-2016 06:16

redazione

Cronaca, cosa nostra, guardia di finanza, mafia, palermo, guerra dei Roses, sinistra italiana, esami maturità 2016,


Colpo al patrimonio del noto immobiliarista ritenuto negli anni '70 e '80 punto di riferimento dei corleonesi. La Gdf ha sequestrato 100 immobili e terreni, 3 imprese, 21 rapporti finanziari, con disponibilità liquide pari a circa 900 mila euro, e 5 autovetture, per un valore complessivo di oltre 15 milioni di euro



Sigilli al tesoro di Paolo Alamia, considerato negli anni ’70 e ’80  socio e prestanome di Vito Ciancimino, nonché vicino ad uno dei più spietati killer di “cosa nostra”, Pino Greco di Ciaculli, detto “scarpuzzedda”.



Il nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Palermo, in esecuzione di un provvedimento emesso dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Palermo sta portando a termine il sequestro di oltre 100 immobili e terreni, 3 imprese, 21 rapporti finanziari, con disponibilità liquide pari a circa 900 mila euro, e 5 autovetture, per un valore complessivo di oltre 15 milioni di euro.



Il provvedimento scaturisce da una proposta di applicazione di misure di prevenzione patrimoniali formulata dal Gico nei confronti del noto costruttore e immobiliarista di Villabate, ritenuto socialmente pericoloso alla luce del particolare ruolo svolto in passato di imprenditore agli ordini della criminalità, pur non essendo stato mai condannato per associazione di stampo mafioso.  



Alamia infatti, è stato azionista di controllo e rappresentante legale della storica “Iinm - Internazionale Immobiliare S.p.A.”, costituita a Palermo nel 1976 e poi trasferita a Milano, allora considerata “il terzo gruppo italiano in campo immobiliare”. Questa società si è occupata dell’acquisto di grandi aziende fallite (e dei relativi pregiati terreni, resi edificabili) in Lombardia, Piemonte e Lazio, allo scopo di preordinare grandi operazioni di speculazione immobiliare ad alto tasso d’utile. Nei primi anni ’80, Alamia è stato indicato dagli indagati o coimputati Filippo Alberto Rapisarda, Rocco Remo Morgano, Gioacchino Pennino e Tullio Cannella, pur non essendo formalmente affiliato a Cosa Nostra, come uno degli imprenditori di riferimento dei mafiosi Provenzano, Riina e Ciancimino.



Alamia, a seguito delle dichiarazioni rese negli anni ’90 da Massimo Ciancimino, figlio dell'ex sindaco di Palermo, è stato indagato per il reato di associazione mafiosa, nell’ambito di un procedimento in cui è stato rinviato a giudizio, e successivamente condannato, Marcello Dell’Utri. Le indagini dimostrarono come Alamia avesse finanziato un’iniziativa del Rapisarda e che questa operazione fosse stata condotta con la mediazione dell’ex senatore di Fi.



In anni più recenti, rilevano nei confronti di Alamia, le dichiarazioni rese nuovamente da Massimo Ciancimino e Francesco Campanella, raccolte nell’ambito delle indagini relative alla scomparsa dell’imprenditore Antonio Maiorana e di suo figlio, avvenuta nell’agosto del 2007. All’indomani della scomparsa, l’attenzione degli investigatori si è incentrata sull’attività svolta dal Maiorana, ed è emerso come questi fosse interessato alle iniziative edilizie portate avanti da Alamia con l’appoggio di Ciancimino.


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