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Referendum Costituzionale: cosa votare il 4 dicembre?

02-12-2016 12:57

Simona Scandura

maresciallo salvo mirarchi,

Referendum Costituzionale: cosa votare il 4 dicembre?

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La data è sempre più vicina. In questi mesi abbiamo sentito diverse opinioni. "La riforma rende le istituzioni democratiche più forti, taglia costi non giustificati e rami secchi" o ancora "la nuova Costituzione Renzi-Boschi- Verdini è scritta coi piedi: prolissa e incomprensibile". Votare è importante. I deputati nazionali del PD Giuseppe Berretta e di Forza Italia Basilio Catanoso ci spiegano le loro ragioni.



La nostra Costituzione ha una storia magnifica e di grande valore, pochi ricordano che nel 2006 l'ex Presidente della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro, ha ritirato un premio Strega speciale per la sua nitidezza e attualità sui principi che emana.



Oggi la Riforma incide su 47 articoli, ne sopprime due e ne modifica 45. Il combinato disposto revisione Costituzionale, legge elettorale (Italicum) ha di fatto inciso molto sulle scelte.



Al di là di quello che ogni cittadino sceglierà, l'appuntamento che si avvicina è molto importante per il futuro del Paese. Quella del 4 dicembre è di certo la consultazione elettorale più incisiva degli ultimi anni.Sudpress chiude la campagna elettorale con due voci autorevoli. Ognuno con le sue ragioni, purché si voti.



Giuseppe Berretta: Il 4 dicembre le italiane e gli italiani si esprimeranno sul referendum costituzionale, decideranno se aprire una fase nuova per le istituzioni e per la politica italiana, percorrendo la strada del cambiamento, o se restare nella condizione attuale  ancora per tanto, tanto tempo.


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Chi vota Sì sceglie di investire sul futuro, su una prospettiva diversa, chi vota No sceglie l'immobilismo, il mantenimento dell'assetto attuale.



In estrema sintesi, le ragioni del mio Si:



1) perché dopo più di trenta anni in cui si discute di riforme, ed in particolare di superamento del bicameralismo paritario o perfetto, non possiamo farci sfuggire un'occasione più unica che rara: quando ricapita un Parlamento disponibile a autoriformarsi, riducendo tra l'altro il numero di parlamentari?



2) perché la riforma della Costituzione approvata dal Parlamento riguarda solo la seconda parte della Costituzione, le norme che riguardano i poteri e l'organizzazione dello Stato, mentre non vengono toccati i principi fondamentali.



Sono i principi fondamentali a costituire la carta d'identità della Repubblica, ciò per cui si è combattuta la Resistenza e che costituiscono le fondamenta della nuova Italia. Il lavoro come fondamento della vita democratica, la sovranità popolare, l'uguaglianza formale e sostanziale, la tutela delle minoranze, il ripudio della guerra. 



Tutto ciò non viene modificato, come non vengono modificati i diritti ed i doveri dei cittadini contemplati nella prima parte.



3) perché la Camera e il Senato non saranno più dei doppioni e si semplifica il procedimento legislativo.



Con la riforma la Camera dei Deputati sarà la sede fondamentale del potere legislativo e avrà il compito di dare e revocare la fiducia al Governo; il Senato diverrà la camera delle Regioni e dei Comuni.



Per quanto riguarda il procedimento legislativo, poi, la riforma introduce due diversi procedimenti legislativi, quello bicamerale e monocamerale. Il procedimento bicamerale (che attualmente si applica a tutte le leggi) è riservato alle cosiddette Leggi di sistema che vengono approvate di rado. Il secondo procedimento si applica in tutti gli altri casi.



4) perché impedisce l'abuso dei decreti legge.



L'art. 77 della Costituzione prevede che il Governo possa adottare atti aventi valore di legge, in casi straordinari di necessità ed urgenza, ma l'uso di questa opportunità si è trasformato in abuso, a cui si assomma un uso eccessivo della questione di fiducia.



Con la riforma si costituzionalizzano i limiti alla decretazione d'urgenza, attribuendo al Governo, come strumento alternativo, una corsia preferenziale per i disegni di legge essenziali per l'attuazione del proprio programma, con voto a scadenza predeterminata, entro settanta giorni.



5) perché razionalizza il riparto di competenze legislative tra lo Stato e le Regioni.



L'attuale assetto costituzionale dettato dall'art. 117 in questo ambito, ha dato luogo a numerosi problemi applicativi ed a un immenso contenzioso tra Stato e Regioni, che ha impegnato ed impegna la Corte Costituzionale.



Per superare questa incertezza la riforma elimina la potestà concorrente e ridisegna le competenze dello Stato e delle Regioni.



6) perché non ce lo chiede l'Europa.



A Bruxelles vengono assunte molte delle decisioni che influenzano la politica nazionale. D'altra parte, di frequente le decisioni assunte a livello nazionale vengono giustificate sulla scorta di veri o presunti diktat europei.



L'attuale assetto istituzionale dell'Unione europea è incentrato su un processo decisionale di stampo intergovernativo. Le principali decisioni vengono assunte dai rappresentanti degli esecutivi dei singoli Stati, riuniti nel Consiglio UE o nel Consiglio dei ministri.



È interesse dell'Italia pertanto che il governo sia stabile, in modo da fare pesare le nostre buone ragioni in quella sede, è interesse degli altri paesi europei, di contro, che l'Italia sia rappresentata da esecutivi deboli e possibilmente  "balneari".



Per questo, al di là delle dichiarazioni di facciata, nessun paese europeo è davvero interessato al consolidarsi del processo riformatore: un'Italia instabile, i cui rappresentanti nelle istituzioni comunitarie cambino ad ogni piè sospinto, rappresenta il sogno dei nostri partners, rappresentati da governi stabili e solidi e pronti ad approfittare delle nostre debolezze.



7) perché si riducono i costi di funzionamento delle istituzioni, si tagliano i costi della politica per 500 milioni l'anno.



La riforma interviene sul versante dei costi in vario modo. Vi sono i risparmi connessi alla definitiva abolizione delle Province, del Cnel e alla drastica riduzione del numero dei senatori (i cui membri passeranno dagli attuali 315 ai 100 previsti).



A proposito del Senato va segnalato che i futuri senatori non avranno diritto ad alcuna indennità e nessun vitalizio (contro le attuali 315 indennità corrisposte); alla diminuzione del numero dei senatori, seguirà la diminuzione del numero di collaboratori parlamentari, dei rimborsi spese, del numero dei dipendenti dei gruppi, del numero di dipendenti dello stesso Senato.



Se tutto ciò non fosse sufficiente, sempre sul versante dei costi, merita di essere segnalata l'introduzione di un tetto per le indennità dei consiglieri regionali (i quali non potranno ricevere un'indennità superiore al sindaco della città capoluogo di Regione) e il divieto di finanziamento da parte della Regione dei gruppi dei propri consigli.



Realisticamente il complesso dei risparmi si attesta sui 500 milioni annui, a cui vanno sommati i vantaggi derivanti da istituzioni più snelle e rapide nelle decisioni.



8) perché si rafforzano gli istituti della democrazia diretta,  l'iniziativa legislativa popolare e il referendum.



Per le iniziative legislative la principale novità sta nel fatto che esse dovranno essere esaminate obbligatoriamente dal Parlamento, a differenza di quanto accade attualmente.



Per quanto riguarda il referendum, si modifica il quorum di validità del referendum abrogativo e si introducono i referendum popolari e di indirizzo.



Ecco alcune delle ragioni che mi hanno portato a votare la riforma in Parlamento e mi hanno indotto a prendere parte alla campagna per il Sì con grande passione ed entusiasmo.



 


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Basilio Catanoso: La Costituzione è la carta fondamentale che regola la convivenza civile all’interno di ogni Nazione. Essa, quindi, è un insieme di principi basilari che, scritti in modo semplice e chiaro, si presentano ai cittadini come “Stella Polare” delle regole del proprio Stato e ai rappresentanti di questi come caposaldo di ogni norma a venire.


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Negli stati civili, la norma costituzionale è solitamente molto conosciuta ed addirittura amata dal popolo, contribuisce all’educazione dei giovani, all’evoluzione della società, alla formazione della classe dirigente e, perciò, finisce con l’essere parte fondamentale delle radici della stessa Nazione.
Ecco perché la Costituzione è una legge che non si cambia spesso e che, ancor più, non può essere modificata ad ogni piè sospinto dalla maggioranza di turno: la Costituzione è una componente del “sentimento” nazionale.



La Costituzione Italiana, varata nell’immediato dopoguerra è frutto delle tre aree di pensiero che composero l’Assemblea Costituente - quella cattolica, quella socialista-marxista, quella liberale -, nacque con l’idea di evitare che potenziali partiti neo-nazionalisti potessero ricreare le condizioni di un ritorno al potere dell’area neofascista.
Essa ha rappresentato, seppur con polemiche che si inseguirono per decenni a causa della esclusione dei “vinti” dalla scrittura della stessa, la gran parte delle passioni politiche del popolo italiano e dei suoi interessi legittimi. 



Adesso, cosa ci saremmo aspettati a Settanta anni dalla votazione della Carta se non che si allargasse ancor di più la base di condivisione e rappresentanza della totalità del popolo italiano? Null’altro!



Cosa fa, invece Renzi? Crea le condizioni del respingimento della condivisione, affrontando una modifica parziale della Costituzione che non fa altro che storpiarla e restringendo in modo sostanziale la base di riconoscimento della rappresentanza popolare. Le riforme le possono fare i parlamenti che rappresentano il popolo, non i governi!
Voglio essere assolutamente onesto: io non sono tra coloro i quali sono convinti che la Carta costituzionale sia “eterna” e non debba essere toccata né contestualizzata, credo, viceversa, che sia arrivato il momento per l’Italia di pensare ad aggiornare la propria Costituzione, di adeguarla ai tempi, di condividerla con tutte le aree politiche, culturali e sociali del Paese. Credo sia arrivato il momento di partecipare con tutto il popolo italiano o con la gran parte di esso alla stesura delle regole della nostra convivenza civile e questo non può che farsi con una nuova “Assemblea costituente” o con un Parlamento legittimato a procedere in tal senso con la condivisione dell’obiettivo espressa da tutti i partiti politici, o dalla gran parte di essi, prima ancora del confronto elettorale.
La presunta “riforma renziana” si basa, invece, su una maggioranza ampia nei numeri (grazie al premio di maggioranza che ha dato al centrosinistra “presentatosi al completo” 340 parlamentari pur avendo preso il 29,5 dei voti mentre al centrodestra è andato il 29,1…poche migliaia di voti) ma ristretta nella rappresentanza vera (molti parlamentari della sinistra non sono favorevoli alla riforma, come quelli di Sel e di parte del Pd); questa attuale maggioranza che al Senato ha avuto bisogno dei numeri dei “voltagabbana” del Ncd, di “Verdini” e di altri ancora per approvare stentatamente questa pseudo la Riforma.
Entrando nel merito, questa suddetta riforma non velocizza affatto l’approvazione di una legge anche perché il Senato potrebbe richiamare entro 10 giorni la quasi totalità delle leggi approvate dalle Camera per analizzarle e controdedurre; così come non è vero che il problema dell’Italia sia quello di “fare” tante leggi (tra il 1997 e il 2011, fonte Centro studi della Camera dei Deputati, sono state varate in Italia 1894 leggi contro, per esempio, le 1385 della Francia, le 700 della Spagna), piuttosto sarebbe il caso di legiferare di meno… iniziando a lavorare, in ossequio agli interessi del popolo italiano, alla redazione di testi unici, semplici e comprensibili a tutti.
Ancora, non è vero che il Senato “sparisce” piuttosto il Senato si “imbarbarisce”: verrebbe composto dai partiti con persone scelte tra sindaci e consiglieri regionali, con accordi a tavolino che oltre a fare il proprio lavoro (alla faccia dei doppi incarichi…!) occuperebbero uno scranno parlamentare con tutte le prerogative del caso ma senza essere stati eletti direttamente dal popolo (sovrano???). Rischiamo così che si finisca come con le Province, dove al popolo è stato espropriato il diritto di voto contrabbandando l’elezione di secondo livello (fatta solo da consiglieri addetti ai lavori…) come una grande vittoria della democrazia e di una falsa riduzione della spesa.
Se passasse la riforma, il Senato verrebbe ridotto ad un “caravanserraglio”, dove chiunque entra ed esce a prescindere dai sentimenti politici del popolo italiano, perché i senatori “presi” tra sindaci e consiglieri regionali, resterebbero in carica limitatamente alla durata del proprio mandato elettivo ( quello di sindaco o quello di consigliere regionale) modificando continuamente gli assetti interni alla traballante assemblea parlamentare.
Inoltre, per quel che riguarda la nostra terra di Sicilia, in questo ipotetico Senato, la rappresentanza del popolo siciliano sarebbe enormemente ridimensionata: avremmo solo 7 senatori contro i 24 eletti adesso e non verrebbe più rispettata alcuna regola di rappresentanza proporzionale: in Sicilia un senatore ogni 770 mila abitanti, in Valle D’Aosta 2 senatori, invece dell’attuale singolo delegato, praticamente uno ogni 66 mila abitanti.
Questa legge di modifica costituzionale, sulla falsariga dei pasticci creati dalla Riforma del 2001, quella del famoso “Titolo V” (sempre varata del Centrosinistra…) che ha prodotto innumerevoli contenziosi presso la Corte costituzionale, riesce persino a fare più confusione della precedente; un esempio per tutti, in caso di conflitto di attribuzione non si capisce chi dovrà assumere la decisione finale tra il presidente della Camera e il presidente del Senato e qualora questi non si mettessero d’accordo si bloccherebbe il procedimento legislativo.
Vi è di più, con questo vergognoso tentativo di mettere la Costituzione al servizio di Renzi, si arriva a prevedere di fatto un Presidente della Repubblica di “nomina governativa”.
Grazie al combinato disposto della riforma con la nuova legge elettorale, infatti, il Presidente della Repubblica sarebbe eletto con i soli voti ottenuti con il premio di maggioranza e gli stessi parlamentari di maggioranza sarebbero in grado di mettere sotto stato di accusa il Presidente - da loro eletto - qualora non dovesse rispondere alle indicazioni del presidente del Consiglio e della sua maggioranza (cancellazione totale del ruolo di garante della Costituzione del Presidente della Repubblica!).
La verità è che, se si fosse voluta fare una riforma seria, si sarebbe dovuto totalmente modificare la Costituzione italiana, mettendone in discussione lo stesso “spirito”: per esempio se l’obiettivo fosse davvero stato al futuro Premier un potere effettivo si sarebbe dovuto modificare la Carta in senso “presidenzialista”: cioè un presidente del Consiglio eletto direttamente dal popolo e non, invece, come si vorrebbe fare adesso con un premier che usurpa il potere senza essere stato votato da nessuno e senza che il Parlamento ne possa più controllare l’operato (magari solo per la paura di non essere più candidato…).
E’ immaginabile nel 2016, dopo quanto accaduto in questi ultimi anni, una riforma che non preveda ancora il vincolo di mandato? In ossequio, forse, ai tanti “voltagabbana” che hanno sostenuto il Governo Renzi in questi anni?
Concludendo, come accennato all’inizio, il creare un “cambiamento” non è azione che di per sé genera il “miglioramento” della situazione per la popolazione, a meno che, con la paventata riforma, non si pensi a migliorare la situazione dei grandi gruppi finanziari, dei grandi potentati economici di alcuni Paesi che vogliono continuare a dettare le regole oltre che controllare e sfruttare il nostro Paese…
Noi votiamo NO, per poter continuare liberamente a servire l’Italia!


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