Si potrebbe dire, tutto "mummificato". Questo il termine più adatto, per restare in tema, a definire la querelle della sezione del Museo Egizio di Torino a Catania. Ad oggi, diversamente da quanto auspicato prima dall'assessore alla cultura Orazio Licandro a settembre 2016, e poi reclamizzato dall'amministrazione catanese solo 2 mesi e mezzo fa, il 31 gennaio, salvo poi essere smentiti clamorosamente dallo stesso ente torinese, il 21 febbraio, con poche lapidarie righe apparse sul proprio sito ufficiale, tutto tace, come affermato dallo stesso ufficio stampa del Museo torinese
"Ad oggi è tutto fermo" -come dichiarato da Serena Fabbris, responsabile con Stefano Fassone dell'ufficio stampa del museo egizio di Torino: "Non c'è nulla di nuovo e siamo fermi all'ultima comunicazione di marzo della presidente, a conferma di quanto scritto sul sito ufficiale a febbraio, che non aveva rilasciato ulteriori interviste in merito. Non abbiamo altre dichiarazioni da fare".
Questo il secco commento in risposta alla domanda su quale fosse lo stato delle cose in merito alla realizzazione della raccolta di antichità egiziane a Catania.
E' probabile a questo punto che il bel progetto non vedrà la luce, o comunque non entro il 2017, come sponsorizzato dall'assessore alla cultura Licandro e sostenuto da un presunto accordo tra il comune e l'ente torinese pochi mesi fa. Lo stesso sindaco Bianco, settimana scorsa in occasione dell'incontro con Zahi Hawass, archeologo e segretario generale del Consiglio supremo delle antichità egizie, non ha fatto stranamente alcun riferimento alla questione del museo egizio.
Un'enigma quindi, come quello della Sfinge, in attesa di essere risolto, ma del resto siamo a Catania.