Fino al 3 giugno di quest'anno una bella selezione di oli su tela di Samantha Torrisi è esposta alla Galleria KōArt di Catania in via San Michele 28 dalle 17 alle 21, a cura di Ivan Quaroni con il coordinamento di Aurelia Nicolosi, l'allestimento di Antonio Fallica, testo in catalogo dello stesso Quaroni L'arte, si sa, è dominio del Soggetto, in cui dominano però bisogni e desideri scaturiti dal suo essere pure Altro, ciò che società e cultura gli impongono. Il paesaggio pittorico può così costituire un privilegiato piano simbolico, linguaggio attraverso cui pienezze e mancanze scaturite dall'impatto con l'Altro sono rappresentate. Nei paesaggi di Samantha Torrisi, artista catanese di ragguardevole mestiere e carriera, il flusso dei bisogni e dei desideri non è certo fermato ma è in qualche modo "filtrato", prima dall'istinto, poi dalla ragione. C'è la percezione che attenua e depura istintivamente pesantezze e opacità dell'Altro, c'è pure un insieme di cognizioni, un "sapere" attraverso cui la realtà è sottoposta a una forma di razionalità che potremmo definire "fotografica". Della fotografia i paesaggi della Torrisi hanno il noema, cioè l'"esserci stato" degli oggetti, e il "non esserci più" (Barthes). Ma l'"esserci stato" di cui l'artista dota la realtà fissa gli oggetti secondo chiarezze, velature e nebbiosità in un certo senso protettive, in una atmosfera che può fermare le sensazioni all'asse della malinconia, in un suggestivo gioco di presenze che rinviano ad assenze. Struggimenti "leggeri" (Calvino) ove la materia eccessiva e ossessiva dell'Altro è affinata, o allontanata. E, se guardiamo da un punto di vista estetico, un'aura di classicità tanto sui generis (una qualche compostezza, una qualche severità) quanto attraente. Il titolo "Dalle parti di me" è un bel pleonasmo (come l'arte potrebbe non essere dalle parti dell'artista?), alla lettera poco utile, in realtà una significativa sottolineatura di un lavoro che con notevole tecnica e (si suppone) non poca fatica, costruisce le immagini finendo col costruire quel Soggetto che l'artista ha deciso di esporre: denso di delicatezze e ombrosità che pure sono tratte da assenze, dal non detto, da tagli e sospensioni dell'Altro. La realtà dipinta prorompe decisa, per vie delicate e con magistrali costruzioni grafiche e coloristiche, da un contrasto con la realtà non dipinta. Se vogliamo, è un lirismo che si origina da una felice parzialità - tantum pars mentis - che il Soggetto decide di sé, verso la Poesia. Autentica in quanto artificiosa, estetica, artistica. È quella parzialità ("dalle parti dell' …") da cui, alla fine, dipendono i valori pittorici: grafie e cromie che sorprendono emotivamente gli osservatori quando tolgono pesantezza alla materia, isolano gli oggetti in una sorta di solitudine o, al contrario, li rapportano secondo ritmi inediti e, infine, restituiscono amore della natura per linee e colori "parziali", e diversi.