La dad prosegue, ancora per qualche giorno almeno. Il giudice del Tribunale Amministrativo di Palermo Calogero Ferlisi decide di non sospendere l’ordinanza del presidente Musumeci e rimanda la decisione - audita altera parte - alla camera di consiglio
Ci sono volute 50 ore per deciderlo. In una procedura che mediamente ne richiede al massimo 24 e che è pensata proprio per quelle situazioni che richiedono il carattere d’urgenza.
Ma non è questa la cosa più importante, quanto il fatto che non solo il giudice del Tribunale Amministrativo Regionale Calogero Ferlisi non prende una posizione netta rispetto alla sospensione dell’ordinanza n°5 dell’8 gennaio 2021 (rinviando la decisione, appunto al collegio), ma non entra neanche nel merito della illegittimità dell’ordinanza stessa.
Il giudice Ferlisi, “ritenuto che, in relazione alla temporaneità dell’efficacia dell’ordinanza impugnata (in scadenza dopodomani, 16 gennaio), non sembra possa determinarsi alcuna irreversibile compromissione del diritto allo studio” preferisce fissare la trattazione in sede collegiale.
In altre parole sembra dire: “Ormai è scaduta, non ne vale la pena”.
Ma al tempo stesso scrive: “è preciso dovere dell’Amministrazione procedere immediatamente alla riapertura totale o parziale dell’attività didattica nella scuola primaria e secondaria di primo grado, in relazione al positivo evolversi della situazione epidemiologica”.
Quindi un segnale al Governo Regionale lo lancia. Ma non troppo.
E le 50 ore che si è preso il Tar per scrivere il provvedimento sono servite alla Regione per capire come muoversi: mentre da una parte Musumeci grida alla "Sicilia Zona Rossa" dall’altra il Dirigente Generale del Dipartimento Regionale per le Attività Sanitarie e Osservatorio Epidemiologico Maria Letizia Di Liberti invia alle ASP, ai commissari Covid e ai sindaci una nota affinchè si provveda ad uno screening della popolazione scolastica in vista della possibile ripresa, dal 18 gennaio, delle attività didattiche in presenza delle scuole primarie e secondarie di primo grado.
E questo ci porta ad un altro punto espresso all’interno del decreto del Tar.
“Il richiamo dei ricorrenti ad alcuni precedenti giurisprudenziali cautelari favorevoli - scrive il giudice Ferlisi - non appare determinante, a fronte del variare delle situazioni “locali” e dei correlati andamenti epidemiologici, ai quali deve necessariamente correlarsi l’azione amministrativa”.
Peccato che “i precedenti giurisprudenziali cautelari favorevoli” siano ad esempio quelli della Lombardia. Regione che alla giornata di ieri contava 505.637 casi (+30.593 casi negli ultimi 14 giorni) e 25.954 decessi a fronte di 113.524 casi (+21.179 negli ultimi 14 giorni) e 2.841 decessi registrati in Sicilia.
Non solo. Il bollettino quotidiano della Protezione Civile, ieri dava la Lombardia come la prima regione per incremento di casi in Italia nelle ultime 24 ore con + 2.587 contagi. Segue il Veneto +2.076, poi la Sicilia con +1.867.
Eppure il Tar di Milano ha accolto il ricorso del comitato “A scuola” riportando ai banchi i ragazzi delle superiori, mentre elementari e medie non hanno mai smesso di frequentare.
E questo dicendo, tra le altre cose non meno importanti, che:
- per il periodo compreso tra l’11 gennaio e il 15 gennaio 2021, risulta fondata la censura di incompetenza, in quanto il quadro normativo rilevante non attribuisce, per tale periodo, un potere di ordinanza alle Regioni
- sussiste il pregiudizio grave e irreparabile, tenuto conto della compressione del diritto fondamentale all’istruzione e della oggettiva ricaduta delle misure adottate sulla crescita, maturazione e socializzazione degli studenti, obiettivi propri dell’attività scolastica, che risultano vanificati senza alcuna possibilità di effettivo “ristoro”.
E lo sostiene in 12 pagine di decreto monocratico cautelare, che risulta esauriente ed argomentato in ogni suo punto.
A Palermo invece si limitano a due pagine, nelle quali si sostiene che tanto l’ordinanza sta scadendo e che tutto sommato la didattica a distanza se usata per poco tempo non è neanche malaccio.
A pensar male si fa peccato ma spesso ci si indovina: sembra quasi che si sia voluto prender tempo per dare la possibilità al Governo Regionale di tornare sui suoi passi e di farlo screening alla mano.
Come si potrebbe interpretare diversamente l’ultimo paragrafo dei due decreti (22/2021 e 23/2021)?
Il giudice scrive:
“la concessione, oggi, della misura cautelare monocratica finirebbe, attesa l’imminente scadenza della disposta “chiusura” delle scuole primarie e secondarie di primo grado (con conseguente svolgimento dell'attività didattica a distanza), per esaurire immediatamente ed in via definitiva l’interesse perseguito col ricorso, in assenza di qualsivoglia valutazione collegiale e di contraddittorio con l’Amministrazione”.
Cioè: non faremmo in tempo a darvi ragione e non potremmo dare il giusto spazio all’Amministrazione.
Peccato che poi convochino la discussione in seduta collegiale per l’11 di febbraio.
E cioè ad ordinanza “scaduta”, fatti salvi nuovi provvedimenti emessi nelle prossime ore.
Le famiglie se ne tornano alla DAD con una vittoria amara: hanno ragione, la didattica a distanza non è una misura valida se non nel breve periodo, ma il giudice non lo sancisce con un’interruzione perchè tanto “ormai manca poco”.