Inquietante accelerazione
La recente dichiarazione del ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, sulla necessità di privatizzare gli aeroporti siciliani, ha sollevato numerosi interrogativi e preoccupazioni.
Durante un'intervista, Urso ha affermato che la privatizzazione sarebbe la chiave per sbloccare investimenti significativi, trasformando gli aeroporti da "problemi" a "opportunità di sviluppo".
Ha anche dichiarato, sempre nel corso dell'intervista a Filippo Romeo per REITV: “ci sono grandi player italiani e internazionali disposti a investire risorse importanti e significative”: sarebbe interessante capire come fa a saperlo.
Nel caso degli aeroporti siciliani la questione in realtà si fa davvero spinosa e stupiscono le affermazioni che vorrebbero far credere che la crescita del numero di passeggeri dipenda dalla gestione dell'aeroporto: è esattamente il contrario, è il territorio ad attirare viaggiatori!
Si è mai sentito di qualcuno che si reca in un luogo perché ha un bell'aeroporto?
È una narrazione quanto meno superficiale se non gravemente mistificatoria.
La realtà è che un aeroporto deve essere messo al servizio del suo territorio, delle sue imprese e della sua economia, dal turismo all'import/export e deve essere gestito in maniera efficiente da professionisti capaci e del settore.
Possibilmente anche perbene.
L'unico problema che hanno gli aeroporti siciliani è che sono servi di una politica del tutto inadeguata, che sovente ha messo al vertice delle società di gestione gente che non ha la più pallida idea di cosa fare e quello che fa riesce a farlo male.
Nonostante questo, pessime gestioni e spesso anche dannose, riescono a fare utili a riprova che non servono cavalieri bianchi di dubbia origine ed ancora più dubbi obiettivi, quanto gente seria e competente.
Tra l'altro è la stessa legge, da tutti dimenticata, che definisce le quote pubbliche nelle società di gestione degli scali aeroportuali come “strategiche ed inalienabili”, proprio per la specificità che uno scalo aeroportuale riveste per un isola come la Sicilia, dove praticamente non ci sono altri mezzi per arrivare o partire.
Il paragone con altri scali “continentali” è quanto meno superficiale: lì le società di gestione devono per forza competere con altre modalità di trasporto, treni ad alta velocità ad esempio o autostrade efficienti, concorrenza che in qualche modo le rende necessariamente più virtuose che se operassero in regime di monopolio come accadrebbe dalle nostre parti e quindi con l'unico obiettivo di fare più utili possibili con i minori costi sopportabili: così ragiona il “privato”!
La privatizzazione degli scali regionali comporterebbe quindi l'instaurazione di un vero e proprio regime di monopolio e controllo della mobilità da e verso la Sicilia: un rischio incalcolabile ed intollerabile, l'ennesimo oltraggio agli interessi dei siciliani e delle loro imprese.
Ci mancherebbe solo questa.
La visione “ottimistica” propagandata in questi ultimi giorni da alcune ben individuate aree politiche sembra ignorare le implicazioni più profonde e i precedenti fallimentari delle privatizzazioni selvagge nel nostro paese, come evidenziato in un recente articolo di Forbes che può essere utile segnalare.
Lezioni dalle Privatizzazioni Passate
L'articolo di Forbes ripercorre i danni causati dalle svendite del patrimonio pubblico italiano, iniziati con le privatizzazioni degli anni '90, che hanno visto il trasferimento di asset strategici a mani private senza una protezione adeguata dell'interesse pubblico.
Beni considerati "sovrani", come le infrastrutture di telecomunicazione, sono stati venduti a capitali stranieri senza una valutazione corretta delle conseguenze geopolitiche ed economiche.
Ad esempio, la recente vendita della rete TIM a un fondo speculativo americano, vicino agli ambienti militari, è solo l'ultimo di una serie di errori che hanno compromesso l'autodeterminazione dell'Italia rispetto alle proprie risorse strategiche.
Il pericolo principale di queste operazioni è la perdita di controllo su beni che dovrebbero rimanere sotto la sovranità dello Stato per garantire sicurezza, ordine pubblico e sviluppo economico.
La Commissione Rodotà, istituita nel 2007 per riformare la gestione del patrimonio pubblico, aveva ben chiarito che questi asset non dovrebbero essere venduti a privati proprio per la loro importanza fondamentale.
Eppure, le raccomandazioni della commissione sono rimaste inascoltate, portando a un continuo depauperamento del patrimonio pubblico.
Gli Aeroporti Siciliani: Asset Strategici per l'Isola
Gli aeroporti siciliani non fanno eccezione a questa logica.
L'isola dipende fortemente dal turismo e dall'import-export, settori per i quali la rete aeroportuale rappresenta un'infrastruttura vitale.
Trasferire il controllo degli aeroporti a soggetti privati, italiani o stranieri che siano, rischia di mettere in pericolo il futuro economico della Sicilia, subordinando decisioni strategiche alle logiche di mercato e agli interessi di azionisti esterni.
Nonostante la gestione attuale degli aeroporti siciliani sia criticabile, in gran parte a causa di nomine politiche e clientele, essi, come già detto, continuano a generare utili significativi.
Questo dimostra che, se adeguatamente riformati e liberati dalle influenze politiche, gli aeroporti potrebbero rappresentare un pilastro dello sviluppo regionale senza necessità di cedere il controllo a investitori esterni.
Il Mito della Privatizzazione come Soluzione
Il ministro Urso sostiene che la privatizzazione porterebbe investimenti e sviluppo, ma questo approccio ignora la lezione degli ultimi decenni di privatizzazioni in Italia.
La svendita di asset pubblici ha spesso portato a una gestione meno trasparente, orientata esclusivamente al profitto a breve termine piuttosto che all'interesse pubblico.
L'esperienza insegna che non sempre i grandi player internazionali hanno a cuore lo sviluppo territoriale o il benessere delle comunità locali.
Anzi, molto spesso prendono quello che possono e poi vanno via lasciando cumuli di macerie.
Vedi, tra gli ultimi, il caso Ilva di Taranto…
L'idea che il mercato privato sia intrinsecamente più efficiente è stata più volte smentita.
In molti casi, le privatizzazioni hanno portato a riduzioni dei servizi, aumento delle tariffe e, in alcuni casi, alla necessità di rinazionalizzare gli asset in seguito al fallimento dei gestori privati.
Inoltre, l'accesso a finanziamenti privati, ammesso che ci siano davvero e non finiscano sempre a carico del pubblico, non è garanzia di sviluppo sostenibile, soprattutto in contesti delicati come quello siciliano, dove il tessuto economico è fortemente interconnesso con la gestione pubblica delle infrastrutture.
Privatizzare gli aeroporti siciliani sarebbe un errore strategico di vasta portata.
Questi asset, come sottolineato dalla Commissione Rodotà, devono rimanere sotto il controllo pubblico per garantire lo sviluppo dell'isola in linea con gli interessi della collettività.
È necessario un ripensamento radicale del modo in cui lo Stato gestisce i propri beni, basato non su dismissioni affrettate, ma su riforme che mettano al centro il benessere dei cittadini e la sovranità nazionale.
L'Italia, e la Sicilia in particolare, non può permettersi di continuare a svendere il proprio patrimonio pubblico, specialmente in un periodo storico caratterizzato da instabilità geopolitica e crisi economica.
Il caso degli aeroporti siciliani è solo l'ultimo esempio di una politica miope che, se non fermata, rischia di compromettere ulteriormente il futuro del nostro paese.
Il tutto reso drammatico da una società civile praticamente inesistente, una cittadinanza apatica al limite della complicità.
Solo per limitarci a Catania, in quale città mediamente civile del mondo i suoi residenti avrebbero accettato senza un lamento e per giunta votando sempre gli stessi personaggi:
- lo stato delle strade comunali e provinciali;
- il caos dei rifiuti;
- l'abbandono e la distruzione o la svendita di patrimoni quali:
- il palazzo Bernini;
- l'ex Vittorio Emanuele;
- il Ferrarotto;
- l'Ascoli Tomaselli;
- il Santa Marta;
- le Terme di Acireale,
- il teatro Moncada di Librino;
- il Centro Commerciale all'Ingrosso che è comunale ma gestito non si sa come da privati senza alcun titolo;
- la Villa Bellini appaltata a privati per spettacoli a pagamento non si sa con quale beneficio per la cittadinanza;
- lo stato di abbandono di San Berillo Vecchio;
- lo stato di abbandono di tutte le periferie;
- lo stato in cui è ridotto il porto di Catania;
- lo stato in cui è ridotta la Zona Industriale;
- lo stato in cui è ridotto il Lungomare;
- lo stato in cui è ridotto il litorale della Plaia;
- lo stato in cui versa l'autostrada Catania- Messina;
- lo stato in cui versa l'autostrada Catania- Palermo;
- lo stato della sua antica università che si ritrova agli ultimi posti in tutte le classifiche mondiali.
e potremmo continuare a scrivere per ore…
In quale altra città del mondo?
In quale altra città del mondo si sarebbe chiuso per un mese un aeroporto a causa di una scintilla impossibile, provocando danni milionari e disagi a milioni di persone ed imprese e nessuno ne ha pagato le conseguenze, anzi non se ne sa proprio niente?
In quale altra città del mondo?
Ora vogliono vendersi aeroporti strategici costruiti e mantenuti con soldi pubblici e nessuno ha niente da ridire, tutti a bersi la storiella inconsistente che “privato è bello” e che ci sarebbero una marea di “benefattori” pronti a venire a Catania a farci del bene, tento bene: ma roba da pazzi.
In quale altra città del mondo?
In questo drammatico e pericoloso quadro, stupisce non poco l'inerzia del mondo delle imprese e delle professioni, che si stanno anch'esse rivelando del tutto incapaci di contrastare in maniera efficace un potere politico che sta sempre più chiaramente operando in spregio agli interessi reali del territorio, come nel caso del più volte denunciato commissariamento della Camera di Commercio del Sud Est, che si protrae in maniera inaccettabile da ormai 19 mesi e non a caso è il socio di maggioranza e responsabile del controllo analogo della SAC, la società di gestione dell'aeroporto di Catania che è proprio al centro di questo sciagurato progetto di “privatizzazione”.
Ma ci vuole molto a capire cosa stanno combinando?
Leggi anche:
"SAC Aeroporto di Catania, negato accesso agli atti: Ma non era tutto trasparente?"
Nella denuncia hanno sostenuto che "gli atti erano stati secretati per tutelare il processo di privatizzazione in virtù del principio di libera concorrenza."
E noi ridiamo!