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Processo a Salvini: reato o no, tenere per giorni persone disperate su una nave è una porcata. E bisogna dirl

15-09-2024 06:30

Pierluigi Di Rosa

Cronaca, Secondo speciale,

Processo a Salvini: reato o no, tenere per giorni persone disperate su una nave è una porcata. E bisogna dirlo

Io c'ero sul molo di Levante.E non ero solo

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Premessa necessaria per chi magari non conosce chi sta scrivendo queste righe e magari si trova per caso a leggerle.

Tutto sono tranne che un estremista o eversore dell'ordine: tutt'altro.

 

Di formazione, cultura e pratica assolutamente liberale, con tanto di militanza e persino rappresentanza di quella parte politica ormai scomparsa, non solo dai parlamenti.

 

Ho il culto delle istituzioni democratiche e costituzionali e quando reagisco scrivendo al vetriolo è proprio perché le vedo oltraggiate.

 

Tra l'altro, come se non bastasse, non sono neanche credente, piuttosto agnostico direi, e quindi neanche la carità cristiana anima questa mia posizione che voglio condividere: semplicissima umanità quella che mi anima.

 

L'ABC dell'umanità, direi.

 

Detto questo veniamo alla notizia: la richiesta di 6 anni di reclusione fatta in sede di requisitoria dai PM di Palermo nei confronti dell'allora ministro dell'Interno Matteo Salvini, attualmente ministro dei Trasporti del governo Meloni.

 

Per inciso, e non è da trascurare, alla notizia della richiesta di condanna del suo ministro ha subito reagito la premier Giorgia Meloni, decisamente a gamba tesa considerato che si tratta di una delicata fase di giudizio in corso e quindi mostrando uno sprezzo per la separazione dei poteri che comincia ad essere sempre più preoccupante:

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Quasi in contemporanea con l'uscita social della premier, arriva anche quella dell'imputato in persona, Matteo Salvini, con un video dai toni Armageddon con sfondo tenebra:

È chiaro, siamo al di là del bene e del male. Siamo proprio oltre.

“Difendeva l'Italia e gli italiani”, ma da chi? Da cosa? Lo vedremo dopo.

 

Intanto cerchiamo di ricordare  qual è la vicenda che ha portato il vice premier (sic!) Salvini a processo e per il quale sono stati chiesti 6 anni di carcere?

 

La storia, orribile, si sviluppa nell'estate del 2018, quando a governare c'era quella sorta di ossimoro politico nato dall'alleanza tra 5Stelle e Lega: il primo governo Conte, dopo il quale qualsiasi formula sembrerà possibile, cose mai viste neanche all'ipotesi del compromesso storico degli anni settanta.

 

All'epoca Salvini era vice premier di Conte, come ora lo è di Meloni: non a caso il Maestro Giuseppe Sottile direttore di Buttanissima Sicilia ha coniato la definizione di “Armata Brancameloni”.

 

In quei giorni di agosto tutto il mondo civile, quel che ne resta almeno, guardò all'Italia ed al suo governo rimanendo alquanto interdetto, con la stampa di tutti i paesi a dir poco confusi.

 

Il governo italiano, con in testa il ministro leghista Salvini, aveva ingaggiato una sorta di guerra santa contro le organizzazioni non governative che provavano a salvare quei poveri disperati che provano a sfuggire a morte e privazioni dei luoghi in cui per mera sfiga sono nati, trasformando il Mediterraneo nel più grande cimitero del pianeta.

 

Tra le azioni di lotta e di governo intraprese da questi campioni di patriottismo, si inventarono il divieto di sbarco, lasciandone a centinaia per giorni a bordo di pattugliatori della marina militare o di quelle stesse ONG.

 

Se non la ricordate andate a cercarla sul web questa storia, poi sbloccata con l'arrembaggio salvifico del procuratore di Agrigento Patronaggio che verificò la totale insostenibilità delle condizioni di quei poveri esseri umani, molti minori, bambini, donne incinte, malati, tenuti ostaggio della più brutale speculazione ideologica, di quelle che possono portare lontano e fare male, molto male proprio quando nessuno si accorge che stanno per arrivare.

 

Solo un cenno alla questione giurico-giudiziaria che a noi interessa poco, solo per dovere di cronaca: Il capo di imputazione formulato a carico del senatore Salvini è per sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio, per la mancata indicazione di un porto di sbarco sicuro (POS) e per aver trattenuto indebitamente a bordo della Open Arms, ormeggiata a poche centinaia di metri da Lampedusa, le 164 persone soccorse dalla nave umanitaria. 

 

Secondo l'accusa, la condotta riferibile personalmente al ministro Salvini, consistita nella mancata indicazione di un porto di sbarco sicuro (POS) alla Open Arms, sarebbe risultata “illegittima per la violazione delle convenzioni internazionali e dei principi che regolano il soccorso in mare, e, più in generale, la tutela della vita umana, universalmente riconosciuti come ius cogens”.

 

Tanto non è politica la posizione del PM, e qua anzi mi piace assai, che arriva ad affermare un principio che pare scontato ma tale non è: nessun potere può violare le leggi, e ancor di più i diritti inviolabili delle persone.

 

Non c'è ragion di Stato, non c'è vera o presunta “difesa dei confini” che possa giustificare la privazione della libertà e della sicurezza delle persone.

 

È mistificante e pericolosa l'idea che essendo vincitori di elezioni, peraltro votati da una minoranza rispetto agli aventi diritto, si possa ritenersi legittimati a compiere qualsiasi oltraggio a diritti e regole.

 

A naso, quindi, non sembra affatto una posizione ideologica come adesso gridano gli accusati e loro alleati, essi si “politici”, anzi sembra del tutto ragionevole l'ipotesi che con quella condotta si siano violate una considerevole quantità di norme elementari.

 

Ora non entriamo in tecnicismi e se la vedranno le varie parti del processo sino alla sentenza che, come sappiamo, non sarà definitiva e quindi tra trent'anni della vicenda giudiziaria ne riparleremo.

 

Intanto, al netto quindi degli esiti penali che ci interessano il giusto, quello che pensiamo sentiamo il dovere di dirlo, anche per evitare di doversene pentire domani di non averlo fatto.

 

È anche questo il compito di testate lette da migliaia di persone: prendere posizione laddove l'astensione rischia di diventare diserzione, vigliaccheria quando non complicità.

 

E quello che è accaduto in quelle orribili giornate è stato scandaloso, nel senso letterale del termine, di turbamento profondo di una morale oggettiva, insuperabile, inviolabile.

 

E lo affermo ancor di più perché in quelle giornate sul Molo di Levante del porto di Catania, quando la nave Diciotti, caso del tutto analogo ad Open Arms, veniva bloccata con centinaia di disperati a bordo, io c'ero.

 

Semplicemente c'ero.

Ed ho visto.

Ho sofferto.

Mi sono commosso.

Mi sono vergognato.

 

Ero seduto proprio sul molo di Levante, a pochi metri dalla banchina circondata da forze dell'ordine ed ambulanze.

 

Ero con il giornalista romano Mauro Evangelista, che aveva girato il mondo inviato da Il Messaggero ma non era mai stato in Sicilia.

 

Lui faceva una diretta per il suo quotidiano, tutto intorno decine e decine di troupe di tutti i paesi mandati a registrare questa storia assurda.

 

La difesa dell'Italia e degli italiani attuata bloccando per giorni e giorni qualche decina di disperati, malati, bambini, donne incinte, che erano per caso scampati a morte certa dopo averne passate di tutti i colori e adesso c'era chi, magari per raccattare qualche voto incosciente e ingrato, li considerava nemici di quella patria che stiamo smantellando pezzo per pezzo.

 

Ero lì quando dopo giorni li hanno fatti scendere, caricati su ambulanze e bus e deportati chissà dove.

Eravamo tutti lì, su quel molo, con le videocamere ed i microfoni, e ci guardavamo: interdetti.

 

Ogni tanto lo sento ancora Evangelisti, mi chiede come va: e come deve andare?

 

Io ricordo anche gli occhi di quel ragazzino di 16 anni durante una cena ad Isola Quassùd, home restaurant fondato dalla regista Emanuela Pistone, cui andai con il direttore di SudStyle Aldo Premoli ed Emma Averna: sono sicuro che li ricordano anche loro quegli occhi, non ho bisogno di chiederglielo.

 

Raccontò che era partito dal suo paese annichilito dalla guerra civile. 

Solo, a 12 anni, ha impiegato due anni per attraversare il deserto ed ogni tipo di pericolo, era stato catturato, brutalizzato e venduto più volte, finito nei lager libici fino all'opportunità di poter sfidare il mare dopo aver pagato il riscatto con ogni tipo di sevizie.

E adesso era lì, ad Isola Quassùd, stava studiando. Era salvo. Per ora.

 

Gli stessi profondissimi occhi, le stesse orribili storie dei ragazzi che incontri alla Locanda del Samaritano con padre Mario Sirica.

 

Le stesse storie di chi ha avuto la banalissima sfortuna di nascere in un paese diverso dal mio, che poi è lo stesso di Salvini ma che evidentemente viviamo in maniera diversa.

Io grato e vergognato, con l'urgenza di doverla restituire questa immeritata fortuna.

 

Ora, è stato reato pensare di avere il diritto di rispondere con l'arroganza del potere alla disperazione di chi prova a salvarsi la vita?

È stato sequestro di persona?

È stato violazione delle leggi del mare e dei trattati internazionali?

Merita 6 anni di carcere, l'ergastolo, magari più opportunamente l'interdizione perpetua dai pubblici uffici?

 

Non lo so, ma di certo è stata una porcata che si spera nessuno abbia in mente di ripetere.

Perché se si perde il senso dell'umanità degli altri, se si arriva a negarla per ignoranza o calcolo, può succedere di tutto.

 

Lo spero ma non ci credo tanto che nessuno abbia in mente robe vergognose di quel tipo: bisogna stare all'erta,

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