A pagina 7 dell'edizione cartacea della testata SUD del 1 marzo 2011 veniva pubblicato l'articolo "Il Museo Scippato" di Pierluigi Di Rosa che, con il direttore dell'epoca Epifanio Nicosia, venne denunciato dalla signora Marella Ferrera. Si è imbastito un processo in "nome del Popolo italiano". Ma i fatti erano veri, come ha brillantemente dimostrato il nostro difensore avvocato Emanuela Fragalà, ed il giudice ha sentenziato: prosciolti. Presto racconteremo anche di una singolare condanna Avevamo raccolto la segnalazione di alcuni turisti che, seguendo le numerose indicazioni stradali presenti sul territorio conducevano all'autodefinito "Museum & Fashion Marella Ferrera - XVI Museo Biscari 1758-2010".
Il disappunto dei turisti, che si sono trovati a dover pagare un biglietto d'ingresso per poter visionare in realtà una sorta di negozio di abbigliamento, ci indusse a scriverne e riproponiamo l'articolo: "Nella zona più antica e prestigiosa di Catania, ad angolo tra la piazza Duca di Genova e la via Biscari, il più famoso dei Principi Biscari, don Ignazio V, istituì nel lontano 1758 un museo dedicato ad ospitare alcune preziosissime collezioni di abiti dell'epoca, collezione vincolata con il nome “Naturalia ed Artificialia”. Nel corso del tempo, molte delle opere donate al Comune vengono trasferite in gran parte al Castello Ursino, ma il museo sopravvisse con le collezioni di abiti settecenteschi collezionati dal principe e, ancora oggi, sopravvivono tutti i vincoli posti a tutela del preziosissimo sito storico. Sopravvivono almeno fino all'arrivo di Marella Ferrera, che, avendone affittato i locali, ne stravolge completamente la destinazione, trasformando un sito storico settecentesco in uno show room personale con tanto di caffetteria, in barba ad ogni legge di tutela dei beni culturali. Del Museo bis cariano, infatti, non c'è più l'ombra, le teche che custodivano i preziosi abiti adesso contengono le creazioni della brava sarta etnea. Lo scempio si è realizzato nella totale inerzia delle autorità preposte ai controlli, che invece avevano precedentemente negato a Poste Italiane l'autorizzazione al cambio di destinazione proprio perchè trattavasi di aree vincolate. Lungo le strade cittadine compaiono, ad uso dei turisti, alcuni ingannevoli cartelli segnaletici che indicano la via per raggiungere lo show room, indicando come ancora esistente il Museo settecentesco. Viene addirittura realizzato un sito web che, richiamando il museo Biscari, rinvia automaticamente alle varie iniziative commerciali, per nulla museali, della stessa Ferrera, comprese mescite di vino. Le stesse iniziali utilizzate per comporre il logo Museum&Fashion, corrispondono in tutta evidenza alle iniziali della stessa Marella Ferrera. Insomma, un’operazione commerciale in piena regola. Su questa vicenda non si conoscono ancora gli esiti dell’attività della procura catanese, mentre è noto che il sindaco di Catania ha nominato Marella Ferrera assessore alla Cultura. Per meriti acquisiti." Poche righe che evidentemente fecero infuriare la signora Ferrera, all'epoca dei fatti assessore alla Cultura della giunta Stancanelli, che non esitò a denunciarci, dandone incarico all'avvocato Domenica Condorelli dello studio Trantino, mentre SUD affidò la propria difesa, come in altre fortunate circostanze, all'avvocato Emanuela Fragalà, che non smetteremo mai di ringraziare per il suo impegno straordinario e costante nella difesa del nostro diritto di informare correttamente i nostri lettori su quanto di singolare accade nella nostra comunità.
Scarica l'articolo "Il museo scippato" Nonostante interrogatorio in polizia giudiziaria e memorie in cui si era spiegata la vicenda da cui originava questo articolo, il sostituto procuratore titolare dell'indagine, la dr.ssa Raffaella Agata Vinciguerra, prima procedeva ad una citazione diretta, omettendo l'obbligatorio passaggio dall'udienza preliminare e poi, su eccezione della nostra difesa e conseguente ordinanza del tribunale, a formulare richiesta di rinvio a giudizio che quindi ci portava innanzi al GUP Gaetana Bernabò Distefano. In udienza preliminare, l'avvocato Fragalà, in dieci pagine fitte fitte, dimostrava la verità dei fatti narrati, la loro rilevanza pubblica e la continenza letterale con cui erano stati rappresentati: Il Giudice Gaetana Bernabò Distefano ha quindi sentenziato: "Ritiene questo giudice che nei confronti dei suddetti imputati debba essere emessa sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non costituisce reato, per le ragioni che di seguito si espongono. Il procedimento trae origine dall'articolo pubblicato in data I marzo 2011 sulla rivista numero tre anno Il " SUD", a seguito del quale Maria Ferrera presentava denuncia - querela in ordine al contenuto del predetto articolo per il reato di diffamazione ex articolo 595 codice penale nei confronti dei predetti imputati, come da allegata memoria, in data 14-9-2015; in particolare, l'odierna parte civile riteneva lesivo del proprio onore e del proprio prestigio, professionale e personale, la frase oggi riportata nel capo di imputazione; si ravvisa, nel caso di specie, la insussistenza dell'elemento psicologico del reato di diffamazione contestato agli odierni imputatati, il dolo generico, non potendosi ravvisare, nel comportamento di ciascuno, l'intenzione di offendere l'altrui reputazione attraverso la frase oggetto di imputazione e riportata tra virgolette; Di Rosa Pierluigi, interrogato in data Il aprile 2013, in qualità di editore della testata giornalistica Sud Press ed anche autore dell'articolo ha precisato che l'articolo in oggetto è nato dalla segnalazione di alcuni turisti che, avendo seguito le indicazioni stradali per il museo Biscari, si erano ritrovati, pagando un biglietto di ingresso delpresunto museo di 3 euro, "innanzi non a reperti museali ma ad uno show room che esponeva abiti contemporanei della signora Ferrera". Sulla base di tale segnalazione, erano stati inviati due giornalisti, come falsi turisti, che avevano constatato quanto denunciato dai turisti veri; controparte non ha, comunque, contestato una diversa destinazione del museo Biscari rispetto al passato; Il luogo oggetto dell'articolo di stampa è di sicuro interesse pubblico, trattandosi di uno dei palazzi storici più belli della città per l'architettura barocca, anche a livello europeo; il museo unitamente al palazzo Biscari (in realtà, in origine si trattava di un'unica unità immobiliare, parte della quale destinata dal principe Biscari a museo) ha rappresentato per la città di Catania un momento centrale della sua storia non solo per i reperti archeologici collezionati dal principe, ma soprattutto per l'importanza, anche letteraria, che tale palazzo riveste (l'architetto Francesco Fichera lo inserisce tra gli esempi più importanti del barocco catanese in un suo libro sull'argomento "Una città settecentesca" Soc. Ed. D'arte illustrata; Lo scrittore Federico De Roberto ne "[ Viceré" ambienta varie scene del romanzo in tale palazzo, tra cui quella della preparazione della lettura del testamento della principessa appena deceduta; e, soprattutto, W. Goethe, nell'opera " Viaggio in Italia", descrive l'incontro, avvenuto a palazzo Biscari, tra il principe e la madre di quest'ultimo che gli mostra la sua collezione di ambre del Simeto e visita proprio il museo "'); ultimo importante elemento di valutazione per escludere il dolo in capo al Di Rosa, è costituito dal fatto che la frase contenuta nel capo di imputazione ("L'arrivo di .. ") evidenzia non la volontà di denigrare la famosa stilista, quanto la constatazione di una modificazione dello stato dei luoghi; ed invero, il significato della frase non vuole imputare alla stilista la situazione che si è creata nel sito storico settecentesco; solo, si prende atto che è avvenuto un cambiamento in tale sito storico, sito nel quale si espongono e si vendono vestiti; in sostanza, il giornalista vuole con il proprio articolo evidenziare che un sito storico così importante per l'intera città è stato modificato; prende atto che il locale viene utilizzato da tale stilista ma, è logico dedurre, che è indifferente l'utilizzatore attuale perché il dato sul quale riflettere-ed invitare a riflettere i lettori-è appunto il cambio di destinazione d'uso del luogo con probabili stravolgi menti architettonici, come una caffetteria; Considerato che le riflessioni sopra svolte, valgono anche per il giornalista Nicosia Epifanio; inoltre, trattandosi di attività giornalistica opera l'esimente del diritto di cronaca di cui ali'articolo 51 c.p., avendo il giornalista riportato una notizia per la quale viene interesse pubblico a riportare un dato fatto; Considerato, inoltre, che il giornalista non ha riferito fatti non veritieri; al contrario i fatti appaiono veritieri in quanto non oggetto di contestazione, nel loro materiale verificarsi; Da quanto sopra detto, consegue, pertanto, la pronuncia di una sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non costituisce reato." Siamo naturalmente soddisfatti, almeno parzialmente, della conclusione di questa vicenda. E lo siamo parzialmente perchè ogni querela, e sono tante e spesso del tutto temerarie, ci costringe a perdite di tempo immani, a vedere funzionari dello Stato e magistrati impegnati ad occuparsi di questioni risibili mentre avrebbero tante cose decisamente più importanti da fare per la comunità. Riteniamo che l'istituto della querela per diffamazione, comunque sacrosanto, debba essere riformato, secondo il sistema anglossassone, in cui chi denuncia possa essere più facilmente chiamato a risponderne nel caso di sua soccombenza, limitando così la funzione intimidatoria che si esercita in questo modo nei confronti di chi ha il diritto-dovere di informare l'opinione pubblica. Noi, "hanno voglia di querelare", andremo avanti!