Nuovo capitolo dell’affaire sulle presunte infiltrazioni mafiose nell'appalto per la gestione delle spiagge libere della Plaia e dei due solarium. Alfio Vecchio e Orazio Buda, entrambi coinvolti nell’inchiesta antimafia “Prato Verde” hanno lasciato la cooperativa aggiudicataria dell'appalto Nuovo capitolo dell’affaire sulle presunte infiltrazioni mafiose nell'appalto per la gestione delle spiagge libere della Plaia e dei due solarium. Da settimane, il caso è al centro di polemiche per la presenza tra il personale della Napoleon Cafè, la società cooperativa aggiudicataria dell’appalto, di due dipendenti legati a clan mafiosi: Alfio Vecchio e Orazio Buda, entrambi coinvolti nell’inchiesta antimafia “Prato Verde”. Buda, in particolare, incaricato della gestione dei parcheggi a pagamento delle tre spiagge libere, è cugino di Orazio Privitera, boss del clan Cappello, attualmente detenuto al 41bis. Al centro di furiose polemiche, Vecchio e Buda hanno da qualche giorno lasciato la cooperativa, rinunciando al posto di lavoro. “La Direzione Ecologia ha ricevuto una comunicazione via Pec da parte della ditta Napoleon Caffè, con cui è stata data notizia delle dimissioni dei due dipendenti”, dice l’assessore comunale alla Trasparenza e Legalità Rosario D’Agata, raggiunto telefonicamente. “L’amministrazione continuerà a monitorare gli aspetti dell’appalto e resteremo in attesa dei risultati dei controlli sulla lista dei dipendenti della cooperativa” aggiunge l’assessore ribadendo come l’amministrazione “non abbia nulla da rimproverarsi, perché l’assunzione dei due dipendenti è avvenuta dopo il 13 luglio", giorno in cui è arrivato al Comune il nulla osta per l’aggiudicazione dell’appalto da parte della Prefettura. Abbiamo cercato di sentire per un commento anche l’amministratore della Napoleon Caffè, Massimo Consoli, ma il suo telefono ha squillato a vuoto. Il caso dei due dipendenti della Napoleon Caffè aveva scatenato le dure reazioni di associazioni (Catania Bene Comune, Libera, Addiopizzo) e forze politiche (MoVimento 5 Stelle e Fratelli d’Italia-An) che a più riprese hanno chiesto le dimissioni della giunta Bianco e la revoca dell’appalto. Revoca che, per legge, può essere decisa dalla Prefettura che deve emanare un’interdittiva antimafia nei confronti della ditta aggiudicataria.