450 sono i senza fissa dimora italiani e stranieri che giornalmente si servono alla mensa della Caritas di Catania. Davvero un forte aumento di senzatetto bisognosi rispetto al 2015 quando erano circa 300 mentre nel 2006 venivano serviti in mensa solamente circa 50 pasti. Una vera e propria escalation della povertà. Oggi vengono serviti ben 500 pasti al giorno, ma su tutto il panorama etneo solo tre supermercati e 17 panifici donano i loro alimenti in esubero all'ente di volontariato. Negli ultimi anni si sono ridotte drasticamente le donazioni: i supermercati preferiscono restituire gli alimenti che avanzano vicino alla scadenza al fornitore, che lo elimina, e recuperare in questo modo l’Iva Salvatore Pappalardo, referente della Caritas Catania dice a Sudpress: “Prima ricevevamo il pane da 5 panifici, ora da 17, ma paradossalmente il quantitativo è inferiore perché si produce meno”. Il pane non basta per tutti: se calcoliamo che un sacco giornaliero di pane in esubero per ogni panificio è di 10 chili, si hanno solo 170 chili di pane al giorno per 450 persone. “Ormai non è una prassi molto diffusa tra i supermercati fare donazioni del cibo in eccesso a noi o ad altre associazioni di volontariato –afferma Pappalardo-. Data la situazione di crisi che si sta verificando molte attività preferiscono fare il reso fiscale, cioè restituire al fornitore l’alimento prossimo alla scadenza affinché con la nota di accredito possano recuperare l’Iva". “Noi della Caritas abbiamo 17 panifici convenzionati su tutto il territorio di Catania che ci offrono il pane che avanza dalla giornata e poi abbiamo tre grossi centri commerciali che ci fanno delle donazioni di quello che rimane: Ipercoop Sicilia, Gruppo Abate spa, Etnapolis- dichiara-. Siamo sostenuti anche dal Banco Alimentare Onlus che ci fornisce complessivamente 600 chili di prodotti una volta al mese. Gli alimenti sono quelli di prima necessità: pasta, olio, salsa, tonno in scatola, legumi e latte". La Caritas prepara 500 pasti al giorno e vengono cucinati circa 70 chili di pasta. Pappalardo spiega che il Gruppo Abate fa avere loro un alimento specifico per un grande quantitativo, ad esempio 800 litri di latte o circa 400 chili di pasta. Mentre Etnapolis fa un misto di alimenti cioè manda in una volta 400 chili di pasta, 100 bottiglie di olio e così via. Sia il Gruppo Abate spa che Etnapolis mandano questi prodotti con una frequenza in base alle richieste dell'ente, a volte anche 2 o 3 volte al mese. Mentre l'Ipercoop fa donazioni di cibo in esubero una volta al mese in base alla scadenza e alle varie scontistiche. Ad esempio la Caritas paga una quota simbolica: su una fornitura di 4000 euro di merce vengono saldati 400 o 500 euro. “Sono diminuite le condizioni economiche per favorire questo tipo di donazione -racconta Pappalardo- C’è una situazione drammatica anche per i panifici. Un tempo i 5 panifici che ci fornivano ne producevano in più per darcelo e così riuscivamo ad affrontare le esigenze della mensa quotidianamente. Oggi, invece, dato il calo di vendita del pane, i panifici ne producono giusto quello che serve. Quindi se prima donavano 4 o 5 sacchi di pane in esubero, il che significava 25 sacchi, oggi i 17 panifici che ci aiutano ne donano solo 1, quindi 17 in totale”. Consideriamo che un sacco di pane è di circa 10 chili: più di dieci anni fa un panificio aveva un esubero di 40/50 chili di pane, ma il volume di affari era enorme. Oggi i panifici non riescono a sostenere i costi per 50 chili di pane in esubero. Sudpress ha raccolto le testimonianze di alcuni supermercati, panifici e alimentari della zona etnea per capire dove va a finire il cibo vicino alla scadenza che non viene donato. Al Decò di via Leucatia ci hanno risposto di non fare questo tipo di donazioni e al momento di chiarire dove finisce questo cibo e se è possibile contattare un responsabile ci viene frettolosamente risposto che "hanno del lavoro da fare, non possono stare al telefono e che il responsabile è fuori". Mentre al Decò di piazza Iolanda la signora De Luca, responsabile del punto vendita ci ha spiegato che: "Dai fornitori prendiamo un quantitativo di prodotti non eccessivo. Non facciamo donazioni agli enti di beneficenza perchè di quello che resta preferiamo fare il reso fiscale". "Statisticamente ad esempio su 4 barattoli di salsa 3 vengono venduti e uno solo rimane in più e lo restituiamo al fornitore -spiega meglio la responsabile- Diamo i prodotti in esubero a loro. Attualmente non posso fare una stima di quanti prodotti mensilmente sono in eccedenza perchè la quantità varia sempre, dipende dalle vendite. Non posso indicare un quantitativo costante. Posso solo dire che comunque ai fornitori facciamo una richiesta non eccessiva, ci adeguiamo ai tempi di oggi e alle vendite che sono in calo, per cui resta poco". Il panificio e biscottificio Antichi Sapori di via Umberto si limita a un quantitativo giusto per la loro clientela. Se resta del pane in più lo trasformano in pangrattato. Oppure il negozio alimentare "Pane e Alimenti" di viale Libertà: "Gli alimenti sono nostri, non ci rivolgiamo a nessun fornitore, e produciamo in modo da non far rimanere nulla. Non sono più i tempi di una volta!". Anche dalla Barilla, una delle più grosse aziende alimentari italiane e fornitore di tanti supermercati, ci viene risposto che ci sono regole aziendali precise. "I prodotti vicini alla data di scadenza vanno in distruzione, non possono essere recuperati in alcun modo. - spiega Andrea Belli l'addetto alla comunicazione dell Barilla-. Dalla rete vendita, dai punti vendita e dal mercato non recuperiamo niente. I prodotti non possono essere recuperati per essere ad esempio rimacinati e reimmessi in produzione, non si può fare. Invece tutte le nostre eccedenze alimentari sono alimenti che rispettano i requisiti di sicurezza e qualità igenico-sanitaria e vengono destinate già dai nostri magazzini direttamente alle associazioni ed enti no profit". "Stabilire una quantificazione periodica del cibo in eccedenza non è affatto semplice- conclude l'addetto stampa- Solo in italia abbiamo 70 mila punti vendita". Diminuiscono le donazioni ma non la povertà e i dati che ci ha fornito la Caritas sono allarmanti e fanno riflettere: in soli due anni si contano quasi 200 pasti in più al giorno. Quanto cibo viene scartato ogni giorno che potrebbe essere destinato agli enti di volontariato? Difficile rispondere ma è possibile che non venga in mente a nessuno?