Eduardo De Filippo, nel 1946, nella sezione introduttiva al copione di Filumena Marturano così scriveva: “Filumena è pallida, cadaverica, un po’ per la finzione di cui si è fatta protagonista, un po’ per la bufera che inevitabilmente dovrà affrontare, ma non ha paura: è un atteggiamento da belva ferita, pronta a spiccare il salto sull’avversario. Nell’angolo opposto, Domenico Soriano affronta la donna come chi non vede limiti, né ostacoli, pur di far trionfare la sua ragione spezzando la bassezza con cui fu ingannato. Si sente offeso, oltraggiato, colpito in qualche cosa, secondo lui sacro. Sconvolto dall’idea che possa apparire un vinto al cospetto della gente.” Questo è la sintesi sapiente di una avvincente contrapposizione tra dolore e amore faticoso, quest’ultimo mai scontato e mai veicolato in catarsi esplosiva, ma che serpeggia in modo quasi subliminale col dipanarsi degli eventi. Le messinscena teatrali o cinematografiche di quest’opera sono state tantissime, e tutte onorate da attori e registi di prim’ordine (Eduardo stesso, la sorella Titina, Regina Bianchi, Lina Sastri, Vittorio De Sica, Sophia Loren, Mastroianni, ecc.), fu anche tradotta in diverse lingue, tra cui in inglese (Zeffirelli e Juan Plowright). Essendo opera conosciuta ed amata, la tentazione registica di affidarsi unicamente al solido testo eduardiano e al binario confortevole della tradizione è sicuramente molto forte. Eppure la “Filumena” che il 4 luglio è andata in scena a Castelnuovo Magra, Festival Teatrika, e che il 2 agosto vedremo a Milo nell’ambito del Premio Angelo Musco, è differente. Questo spettacolo gira l’Italia da due anni raccogliendo importanti consensi (Premio Mecenate 2017, Gran Premio Fita 2017). Il regista Raffaele Furno non prende scorciatoie e assieme alla sua Compagnia Teatrale “Imprevisti e Probabilità” ci propone uno spettacolo audace, a schema libero, assolutamente creativo e sorprendente. https://youtu.be/ro_YqpQk-9Y Una installazione artistica animata da performers di qualità. E’ totalmente al di fuori delle dinamiche di scena a cui siamo avvezzi. Lo spettacolo quasi ci aggredisce con veemenza passionale e inaspettata crudezza come quando, tra le penombre del palcoscenico, si materializza per pochi istanti, ciò che è consuetudine in un bordello. Il regista scava l’io dei personaggi; talvolta sono belve feroci, talvolta sono fragili ed evocano tenerezza. Sono prede l’uno dell’altro, prigionieri di gabbie metaforiche e reali; gabbie che, sulle scene, si materializzano per sapienti incastri di reti da letto! Forse molta della prigionia allegorica dell’uomo debba ricondursi al talamo? All’amore? Al sesso? Nonostante una tale giostra di innovazioni ed emozioni non si perdono mai di vista, un solo istante, quelle indicazioni, di carattere psicologico, che Eduardo stesso diede in quella prefazione al copione. Il cerchio si chiude in maniera sapiente: l’opera, nonostante sia forte, dirompente, introspettiva, nuova, resta fedele alle origini. Lo scontro tra Filumena e Domenico ha luogo dentro un ring da boxe dove balzi, destri, ganci, fiatoni al tappeto, sguardi sofferenti conducono lo spettatore verso un particolare varco che obbliga a guardare la realtà non descritta.
Il cast: è la sposa di Soriano, tormentata e fiera, sempre in preda a uno spasimo vicino al pianto a cui non cede mai. Mantiene una tensione emotiva dolente durante tutta l’opera. Con superba interpretazione, la protagonista tiene lo spettatore avvinto a se come fosse il suo bambino; lo culla come una madre che non può fare a meno di trasmettere il dolore della sua vita alla creatura che ama. è Domenico Soriano. Anche qui in una interpretazione innovativa. Lo sposo gabbato non è soltanto sprezzante o furente, ottusamente gallo, ma è più complesso. Ci appare un uomo quasi soffocato da quel dolore urente per il suo tronfio di maschilismo fiaccato, quasi combattuto tra l’amare una donna che ha sempre amato e dover dimostrare al mondo che può e deve farne a meno. Non trasmette mai amore, mai! Ma il suo viso trasmette a tratti la dolce fragilità di chi, nonostante tutto, non brama altro che una carezza. Questa luce di tenerezza dona al personaggio creato da Eduardo una statura differente, non solo tirannica, ma quasi infantilmente dolente. La sintesi di questa dinamica emotiva è magistralmente manifestata in quella scena dove Domenico scorre, quasi strisciando, tra reti da letto che diventano affannoso procedere nel tunnel scomodo della sua prigionia. Gli altri attori creano una cornice armonica ed equilibrata ben finalizzata agli obiettivi registici. Rosalia, la fedele e riconoscente confidente di Filumena è , sicura interprete nel mostrarsi, con sfumature malinconiche, paladina del coraggio e nobiltà d’animo della donna da cui ricevette del bene. è una adeguata Lucia, la cameriera di famiglia, l’unica che a tratti rompe la tensione drammatica con ilari duetti col padrone di casa. è Diana, avvenente infermiera e giovane fiamma di Domenico Soriano, stritolata dal proprio ruolo di cui non può liberarsi, divenendo una avvenente, dissonante, vinta, bambola gonfiabile, assolutamente impotente contro la ieratica Filumena. I figli: colora bene il carattere del giovane che ha studiato, tenero, educato; ci offre un camiciaio apparentemente burbero, spigoloso, ma che abbassa subito il capo obbedendo alla madre; , l’idraulico, già con una famiglia da mantenere, trasmette bene quel desiderio ancestrale di avere una madre, e che i propri figli vivano le tenerezze di una nonna.
Soledad Agresti
Raffaele Furno
Valentina Fantasia
Annamaria Aceto
Isabella Sandrini
Janos Agresti
Ugo Fonti
Giuseppe Pensiero
Giuseppe Siracusa è biologo, geobotanico e dottore di ricerca in scienze ambientali. Ha lavorato per l’Università degli studi di Catania ed è stato direttore di riserva naturale. Scrive di teatro. E’ pittore e fotografo.