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Aggressioni in ospedale e presidi medici, CIMO ed ANAAO in coro: "Basta! Intervengano Sindaco, Prefetto e Regi

24-07-2018 02:28

Giuseppe Nibali

Cronaca, serra marijuana, amministrative Catania 2018, hascisch, Istituto Ardizzone Gioeni, inferno di dante,

Aggressioni in ospedale e presidi medici, CIMO ed ANAAO in coro: "Basta! Intervengano Sindaco, Prefetto e Regione"

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A pochi giorni dalla nuova aggressione a Catania, ai danni di un medico, il Coordinamento Italiano dei Medici Ospedalieri (CIMO), si fa sentire in modo forte e senza mezzi termini, per bocca del suo segretario Giuseppe Spampinato, prima di tutto chirurgo ospedaliero da moltissimo tempo ma anche rappresentante della sigla sindacale con più iscritti in tutta l'isola, 1.100: "La situazione è figlia dei tempi e della malapolitica. I medici in ospedale sono visti dai cittadini come nemici, non c'è alcuna forma di protezione nè rispetto. Non abbiamo tutele e nemmeno gli stipendi sono commisurati ai rischi. Dalla regione non ci sono risposte, e la nuova rete darà ancora più disagi per mancanza di risorse umane che creano  i disservizi e quindi la violenza". Dello stesso tenore, le dichiarazioni del neo eletto segretario regionale dell'ANAAO Assomed, Antonino Palermo: "Non intendiamo restare spettatori inermi nei confronti delle continue e ripetute aggressioni al personale sanitario, chiamato a svolgere il proprio lavoro"



Spampinato dal canto suo spiega, in virtù della più che ventennale esperienza in corsia, quanto accade: "Le aggressioni sono un problema sociale, con il medico d'ospedale che viene visto non più con rispetto, bensì con astio e rabbia. La colpa è anche di una campagna fatta dalla politica, con alcuni ministri della Repubblica che in passato ci hanno definito macellai e ladri, addossandoci tutte le colpe della malasanità, senza pensare però alla disorganizzazione che c'è dietro e che causa le tragedie che purtroppo poi si verificano".



Dunque già una predisposizione alla lite e all'aggressione per molti pazienti e accompagnatori, con medici e infermieri primi colpevoli a prescindere: "Il medico è visto come l'ultimo terminale di tutte le storture e di conseguenza in ospedale rischia il linciaggio, per la fretta e l'arroganza del paziente che vuol essere trattato immediatamente ed al meglio. Tutto ciò che non funziona è colpa del medico, questo è il messaggio sociale che passa oggi".



Il problema però è ben più profondo e trova radici nella mancanza dello Stato, secondo Spampinato: "Quando il cittadino perde fiducia nel medico, in realtà perde fiducia nello Stato e nelle istituzioni, tant'è che problemi simili ci sono anche nella scuola. Lo Stato può rimpolpare le fila migliorando i servizi, oppure creare un sistema per cui chi sbaglia, paga duramente. Io proposi un daspo urbano, per cui qualora si venisse colti sul fatto una seconda volta in flagranza di reato dopo aver già commesso reati simili in ospedale, scatterebbe la galera ed anche l'impossibilità di usufruire poi della sanità pubblica gratuita".



In ogni caso, le prospettive sono tutt'altro che rosee secondo il CIMO, pur con la nuova rete ospedaliera ormai prossima all'attuazione, a seguito delle revisioni fatte dal nuovo governo regionale, ma non rassicuranti: "Con la nuova rete, le cose non possono che peggiorare. Manca il personale per coprire le richieste che ci sono. Si è pensato a rimpolpare le fila? Si è pensato a rinforzare le strutture di quei presidi che accoglieranno i pazienti? Sono stati previsti i medici per l'ospedale di Giarre? E per quello di Barcellona Pozzo di Gotto? Fino a due legislazioni fa a livello regionale per l'assessore eravamo fin troppi, oggi invece mancano quasi 10.000 operatori sanitari".



Le richieste della sigla sindacale sono chiare e senza possibilità di compromessi, conferma Giuseppe Spampinato: "La CIMO vuole i numeri in questo senso, e vuole certezze sulla sicurezza, con Polizia o Esercito dentro i presidi. Quante altre aggressioni si devono subire e tollerare frattanto che la politica decide e riflette? Non si può aspettare che ci scappi il morto o che ci sia uno sciopero ad oltranza dei medici di pronto soccorso. Noi denunceremo le aziende sanitarie, se da loro dipende la sicurezza sul posto di lavoro. Abbiamo ricevuto rassicurazioni ma di fatto mai realizzate, per mancanza di risorse. Lo stato ha abbandonato la sanità".



Infine, un messaggio duro per smuovere le coscienze: "Ciò che noi come sindacato diremo ai nostri iscritti, è di salvaguardare vita e professione. Siamo in pochi a lavorare nella sanità pubblica ormai, da dieci anni non abbiamo rinnovo di contratto, il sistema è sotto finanziato rispetto al resto d'Europa. I rischi che corrono coloro i quali lavorano in ospedale, rispetto agli stipendi sono molto più grandi. Io ho lavorato al Pronto Soccorso del Vittorio negli anni '80, come chirurgo d'urgenza, in un periodo caldo per Catania, ma c'era la sicurezza del posto di Polizia e comunque un maggiore rispetto per la figura del medico, malgrado in ospedale arrivasse gente in continuazione per la guerra di mafia in corso. Attualmente lavoro al "Ferrarotto", ma verrò ritrasferito al "Vittorio Emanuele", per la chiusura che avverrà giorno 8 agosto. Il problema è che toccherà a noi medici avvertire i pazienti, uno per uno, circa 800 in lista d'attesa, che tra poco troveranno un portone chiuso, perchè non è stata fatta alcuna campagna informativa e a settembre ci si troverà di fronte gente inferocita per non aver più saputo nulla dal momento della chiusura. In queste condizioni non ci sono speranze per i giovani medici, che infatti vanno via dall'Italia, dove il sistema ospedaliero è ormai al collasso"- chiosa amaramente il medico.



Egualmente, Antonino Palermo, neo segretario regionale Anaao Assomed Sicilia, conferma il delicato ed insostenibile momento per il personale medico-infermieristico che lavora in strutture pubbliche: "Assistiamo all’ennesimo episodio di violenza al Pronto Soccorso del Vittorio Emanuele di Catania, dove una dottoressa è stata aggredita e presa a sprangate. Responsabilità strutturali, mancata vigilanza, carenza di organico, mancanza di rispetto nei confronti degli operatori sanitari: poco importano le motivazioni! È inconcepibile  - tuona Palermo - che un professionista vada a lavorare e debba rischiare la sua incolumità. È giunto il momento di dire basta!”.



“Ben venga – prosegue Antonino Palermo - la soluzione di un tavolo tecnico regionale recentemente istituito per fronteggiare il problema, ma di certo non lo risolve nell’immediatezza”.



“Chiediamo l’intervento immediato del Prefetto di Catania Silvana Riccio, del sindaco Salvo Pogliese e dell’assessore regionale alla Salute Ruggero Razza, ed un incontro urgente per definire gli interventi necessari per la tutela della salute del personale che esercita nei Pronto Soccorso” – conclude il segretario regionale della sigla sindacale.



Queste dunque le dure reazioni delle principali associazioni di categoria, che da tempo lamentano la mancanza di sicurezza per medici e infermieri che lavorano in ospedale. Solo un paio di giorni fa infatti, l'ennesima vile e brutale aggressione all'interno dell'ospedale "Vittorio Emanuele" di Catania, con un dottoressa presa a sprangate.



Il gravissimo episodio è solo l'ultimo di una lunga lista che in Sicilia e alle pendici dell'Etna, ha reso la vita impossibile a moltissimi operatori sanitari, sia all'interno dei nosocomi che nelle guardie mediche.



Emblematici sono i casi avvenuti a inizio 2017, nello stesso ospedale catanese, del pestaggio la notte di capodanno ai danni del medico di turno da parte di un gruppo di criminali, ma anche il sequestro e la reiterata violenza sessuale della dottoressa Serafina Strano, di turno in guardia medica a Trecastagni, lo scorso settembre, ad opera di un giovane impazzito.



Enorme risonanza aveva avuto il tremendo episodio, con il medico aggredito, chiamato anche a portare la sua testimonianza in Parlamento, prima di denunciare pubblicamente ed in Tv, l'abbandono da parte delle istituzioni e sopratutto il mancato sostegno da parte dell'ordine dei medici e del suo presidente Massimo Buscema che ritenne di non costituire l'Ordine dei medici di Catania come parte civile nel processo a carico dell'aggressore.


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