Ieri è stata una giornata cruciale per la nostra Catania: è avvenuto un particolarissimo consiglio comunale tutto incentrato sul dissesto, e mentre pochi metri più sotto, all'angolo tra via Etnea e Piazza Duomo, aveva luogo la manifestazione “Il dissesto è vostro. La città è di tutti”. I manifestanti hanno urlato le loro ragioni e hanno tentato di farsi sentire, sia da un punto di vista concettuale sia pratico, dai politici riuniti in consiglio.
“Il dissesto lo avete creato voi, e non è giusto che il peso dei vostri errori ricada su noi cittadini”. Questo il messaggio principale che i partecipanti alla manifestazione di ieri pomeriggio hanno urlato contro le facciate del Palazzo degli Elefanti, proprio mentre era in corso il consiglio comunale.
Tra la nutrita folla di persone che hanno scelto di protestare con megafoni, striscioni e bandiere c’era veramente lo spettro più ampio della popolazione catanese: pensionati ed universitari, famiglie e ragazzini, enti sociali e associazioni politiche.
Tutti erano per una volta insolitamente d’accordo: un miliardo e seicento milioni di euro di debiti non sono un caso, sono stati creati dalle amministrazioni precedenti e devono essere appianati in maniera razionale, assumendosi le dovute responsabilità e soprattutto senza gravare sulle spalle dei cittadini.
“Le tasse sono già ai massimali, i servizi a domanda individuale richiedono già tariffe altissime, e gli stipendi di molti lavoratori tardano ad arrivare: il dissesto è la condizione che vive già oggi la città.” Così recita un estratto del comunicato che invitava la popolazione a partecipare alla protesta.
Ci si chiede, in un clima del genere, come è possibile pensare di aumentare i tagli ai servizi fondamentali, che per altro tristemente sono già scadenti da tempo? Quanto questa situazione si ripercuoterà sulla già scadente qualità della vita dei cittadini?
Questi i dubbi e le perplessità di una popolazione stanca di tutti questi disagi, ma soprattutto stanca di essere presa in giro da una politica che stenta addirittura ad ammettere e a prendersi la responsabilità dei propri errori.
Abbiamo tentato di raccogliere le voci di tutti, lo scoraggiamento imperante e la speranza latente di una popolazione che vuole contare, che non accetta di essere calpestata e presa in giro, che non ci sta ad abbassare ancora una volta la testa.