Avete presente l'espressione dialettale "si n'quadru anticu"? Ecco, se dovessimo descrivere l'incontro di ieri mattina tra candidati rettori, personale tecnico-amministrativo, docenti e alcuni sparuti studenti della nostra Unict; l'immagine che sceglieremmo di evocare sarebbe proprio questa. Come ne "L'ultima Cena" di Leonardo Da Vinci, i cinque potenziali rettori erano disposti con aria solenne attorno al nuovo influente Decano Vincenzo Di Cataldo, e insieme a lui componevano uno scenario surreale. Di "Università Bandita" si è parlato poco e nulla, e sulla legittimità delle prossime elezioni del 23 agosto non è stato sollevato alcun dubbio; ma fortunatamente ci sta già pensando la magistratura. In compenso, però, i luoghi comuni si sono davvero sprecati.
La "formazione ufficiale" di questa strana "tavolata estiva" ai Benedettini era la seguente, da sinistra verso destra: Agatino Cariola, Roberto Purrello, Salvatore Barbagallo, Vittorio Calabrese, Vincenzo Di Cataldo, Vincenzo Ligresti, Francesco Priolo. Ma cosa hanno detto in sostanza?
Oltre ad aver esposto sinteticamente i punti del proprio programma, ogni "candidato rettore" ha messo in luce i problemi della nostra università, e le proprie possibili soluzioni. I temi affrontati sono stati quindi la presenza di un massiccio numero di studenti fuoricorso, la desertificazione universitaria, il precariato, la necessità di un potenziamento delle performance amministrative e dell'attività di ricerca di ciascun dipartimento.
E quindi perchè, nonostante siano state toccate queste importanti tematiche, secondo noi è stato comunque un incontro banale? Perchè "l'elefante nella stanza" è stato totalmente ignorato. La necessità impellente di ridare credibilità alla nostra università è stata doversomente citata, ma subissata istantaneamente da tutto un'altro tipo di retorica.
Tra cui la ridicola, imbarazzante ed evitabilissima frasetta del Professor Vittorio Calabrese: "Devo moltissimo alla nostra 'mamma Università', che ora piange". Seriamente?
E poi era come se tutti i presenti stessero pensando, silenziosamente e nello stesso momento, "ma siamo sicuri che queste elezioni si possano fare? E che siano la scelta giusta in questo momento"? Sicuramente sarebbe stato doveroso un intervento chiaro e diretto sulla questione, per tentare di spazzare ogni tipo di dubbio, ma non è stato fatto.
In compenso però ci si è lanciati in affermazioni equivoche, o quantomeno equivocabili, come quella del Professore Roberto Purrello: "Nella classifica delle università italiane, che viene denominata in maniera del tutto erronea, noi siamo penultimi subito prima di Napoli." Ecco, invece di protestare e recriminare sui criteri di questa classifica, non sarebbe meglio interrogarsi su ciò che davvero non va?
Per concludere, una delle parole ricorrenti di questo incontro è stata "Cambiamento".
Ma siamo sicuri di essere nelle condizioni per poter cambiare davvero? Non passa per la mente a nessuno che ricorrere alle stesse vecchie logiche che ci hanno portato fino a questo punto possa essere un errore? E che se perseveriamo imperterriti ad eseguire manovre poco chiare come quelle del Decano Di Cataldo potremmo davvero non andare da nessuna parte?