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CONDANNATI ENZO BIANCO & C.: INTERDETTI

16-09-2020 08:00

Lucia Murabito

Cronaca, Focus, Comune di Catania,

CONDANNATI ENZO BIANCO & C.: INTERDETTI

...e adesso attendiamo gli esiti dell'indagine penale.LEGGI LA SENTENZA IN FORMATO INTEGRALE

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Nomi e cognomi.

Enzo Bianco, Giuseppe Girlando, Orazio Licandro, Angela Mazzola, Salvo Di Salvo,

Marco Consoli Magnano San Lio, Angelo Villari, Valentina Scialfa,

Natale Strano, Carlo Cittadino, Fabio Sciuto, Francesco Battaglia e Massimiliano Lo Certo.


Sono i nomi e i cognomi dei responsabili del dissesto del Comune di Catania.

 

A certificarlo con la sentenza di ieri 15 settembre del 2020 il Giudice Salvatore Grasso della Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana.
Una sentenza molto dura nelle motivazioni e nell’indicare le responsabilità di ognuno, che li obbliga a restituire al Comune di Catania - in totale - oltre mezzo milione di euro e che li terrà lontani dalla Pubblica Amministrazione per un po’. 
Gli assessori non potranno ricoprire, per un periodo di dieci anni, incarichi di assessore, di revisore dei conti di enti locali e di rappresentante di enti locali presso altri enti, istituzioni ed organismi pubblici e privati.
I revisori dei conti non potranno essere nominati nel collegio dei revisori degli enti locali e degli enti ed organismi agli stessi riconducibili per 5 anni.
Mentre Enzo Bianco - quale sindaco della Giunta responsabile del dissesto finanziario del Comune di Catania - per dieci anni non sarà candidabile alle cariche di sindaco, di presidente di provincia, di presidente di Giunta regionale, nonché di membro dei consigli comunali, dei consigli provinciali, delle assemblee e dei consigli regionali, del Parlamento e del Parlamento europeo. Così come non potrà ricoprire per un periodo di tempo di dieci anni la carica di assessore comunale, provinciale o regionale né alcuna carica in enti vigilati o partecipati da enti pubblici.

 

Una sanzione, quella interdittiva che sarebbe "sproporzionata" secondo Enzo Bianco, che tramite il suo legale manifesta dissenso nei confronti del provvedimento: "sproporzione che caratterizza la sanzione rispetto a condotte ritenute ben più lesive dell'interesse pubblico"; sproporzione che "sarebbe ulteriormente testimoniata dalla decadenza dalla attuale posizione di consigliere comunale che conseguirebbe alla condanna nel presente giudizio". 

 

Ma che altro non è che l'applicazione dell'articolo 248 comma 5-bis del TUEL.

 
La sentenza, immediatamente applicata anche se di primo grado, comporta ai sensi del TUEL, la sua decadenza da consigliere comunale oltre che molto probabilmente anche da presidente dell'assemblea dell'Assemblea Nazionale dei Comuni Italiani .

Enzo Bianco è fuori da Palazzo degli Elefanti e da qualsiasi carica politica possibile e immaginabile.

 

Il post, i sorrisi e la mistificazione della realtà.

Un post a metà fra la coda di paglia e il pararsi la botta quello di quattro giorni fa, che poi torna quasi identico ieri non appena la notizia della condanna  diventa di dominio pubblico.

Un post che lo ritrae sorridente e che riporta il solito elenco delle cose a suo dire realizzate che ci ricorda tanto il suo pdf con le "365 cose fatte" (?) nel suo primo anno da sindaco.


"I numeri dicono chiaramente che IL BILANCIO È MIGLIORATO NEI 5 ANNI DELLA MIA SINDACATURA e che non c'è stato alcun danno economico per il Comune", scrive Enzo Bianco.


Peccato che la sentenza della Corte dei Conti dica tutt'altro:

"La Procura regionale ha ritenuto di avviare il presente giudizio contestando ai componenti della Giunta comunale di Catania - nel periodo intercorrente tra la definitiva approvazione del piano di riequilibrio finanziario pluriennale avvenuta nel il 14 ottobre 2013 e la fine del primo semestre 2017 - di aver contribuito con condotte, dolose o gravemente colpose, sia omissive che commissive, al verificarsi del dissesto finanziario del Comune di Catania".

E nonostante le difese, tutte, abbiano cercato di scaricare le colpe su altri, il giudice spiega come la responsabilità non può che essere degli amministratori:

"Non sono stati esibiti atti che, nell'esercizio dei poteri di indirizzo e controllo, avrebbero potuto - e dovuto - sollecitare indirizzi operativi ai dirigenti responsabili dei servizi, quantomeno, per avere contezza delle iniziative assunte e/o per sollecitare l'adozione degli atti necessari a sostenere azioni di verifica sull'andamento dei conti di gestione".

 

Pur sostenendo di aver agito correttamente, nessuno dei membri della Giunta ha prodotto documenti tangibili a sostegno della loro estraneità.

"Non viene chiarito in alcun modo", scrive il giudice nelle motivazioni della sentenza, portando ad esempio uno dei casi più plastici della gestione finanziaria ad opera di Enzo Bianco: quello dei 42 milioni dell'Amt in liquidazione scomparsi.

Ma che il giudice attesta siano impropriamente stati utilizzati come anticipazione di cassa.

 

La vicenda venne portata alla ribalta nell'ottobre del 2016 dall'allora consigliere comunale Manlio Messina: i fondi trasferiti dal conto della Vecchia  Amt a quelli della tesoreria e poi scomparsi, o meglio, come dimostrato da SUDPRESS che pubblicò l'estratto del conto corrente del comune, utilizzati per pagare gli stipendi dei dipendenti comunale che in quel periodo erano sul piede di guerra, con i sindacati in aula amettere pressione al consiglio comunale che si accingeva a votare il rendiconto 2015, uno dei tanti bilanci falsati e fortemente criticati dalla stessa Corte dei Conti che evidenziava in quel caso addirittura 11 profili di criticità.

 

"Non viene chiarito in alcun modo - scrive il giudice - il perché le risorse, ottenute all'esito della liquidazione dell'Amt, pari a circa 42 milioni di euro, siano successivamente rimaste nelle casse del Comune di Catania, benché nel
complesso tutte le anticipazioni di liquidità comportassero il pagamento di 
oltre 70 milioni di euro interessi".

 

Fa sorridere quindi che Enzo Bianco nel suo post scriva: "Abbiamo pagato sempre gli #stipendi dei dipendenti comunali con estrema regolarità".

 

Quella dell'anticipazione di cassa era infatti una tecnica molto usata dalla Giunta Bianco, ma totalmente illegittima scrive il giudice nella setenza di ieri:

"È stato chiarito che l'anticipazione di liquidità è finalizzata a ricostruire le risorse di cassa necessarie al pagamento di spese già finanziate. [...] non può costituire il finanziamento di nuove spese".

 

Così come chiarisce che la responsabilità non può essere rimpallata ad altri, quali dirigenti o funzionari: "il mancato tempestivo avvio della procedura di dissesto ed il rispetto meramente formale dei saldi del PRFP, unitamente alla mancata correzione delle diverse criticità riscontrate, ha avuto l'effetto di aggravare le dimensioni del dissesto tardivamente dichiarato".

E prosegue: "Si ritiene che la responsabilità debba essere riscontrata in coloro i quali nel corso di più esercizi, nonostante l'assenza di mutamenti delle criticità, abbiano continuato ad approvare, o ad apporre pareri favorevoli, realizzando in tal modo una condotta gravemente colposa".

Punto.
O quasi.
Visto che per gli stessi fatti si attendono gli esiti dell'indagine penale attualmente in corso e per la quale la Procura di Catania guidata da Carmelo Zuccaro ha già chiesto il rinvio a giudizio.

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