Non so cosa ne pensino gli amici lettori, ma sono convinto che, in questo momento, Luca Lorenzini e Rudi Rosenberg stiano giustamente gongolando, per l’importanza che è stata data ad uno spot ideato dal primo e diretto dal secondo, divenuto, come frequentemente accade in Italia, addirittura un caso politico.
Si tratta della pubblicità di una famosa catena di supermercati, in cui una bambina, figlia di genitori separati, chiede alla madre di acquistare una pesca che, più tardi, consegnerà al padre, dicendogli che gliela manda la mamma.
Il gesto esprime il tentativo, messo in atto dalla fanciulla, di far riconciliare i due ex coniugi.
Nel corso della visione, un po’ più lunga del consueto, altri dettagli esprimono la sofferenza e la tristezza della bimba per la condizione che sta vivendo.
Ebbene, nel giro di poche ore si è scatenato l’inferno, dapprima sui social, tra chi apprezza il filmato e chi lo definisce retrivo e reazionario.
Poi la questione è finita nelle sedi dei partiti, dove si è pensato che all’origine di tutto ci sia la politica conservatrice del governo e della Meloni in particolare, impegnata a restaurare un modello di famiglia tradizionale e ormai ampiamente superato.
L’effetto di questa trasposizione istituzionale della polemica è stata la trasformazione della reclame in un video virale, che da qualche giorno impazza sui social e che ha acquistato una notorietà, che altrimenti, non avrebbe mai potuto raggiungere e della quale i supermercati ringraziano.
Allora, cominciamo col precisare che la famiglia desiderata dalla bambina esiste ancora, ma non è più l’unico modello praticabile.
Per questo sarebbe molto più opportuno, quando si affronta l’argomento nelle sedi adeguate, non dire, in generale, che la famiglia è in crisi, ma che essa è cambiata.
La differenza non è trascurabile.
Quando una realtà è in crisi, infatti, non perde la sua identità e può uscire dalle difficoltà che sta attraversando, tornando in una situazione che se non è proprio quella di prima, le si avvicina molto.
Quando, invece, si cambia, vuol dire che è avvenuto un processo irreversibile, che non permette più il ritorno allo status quo ante.
Il cambiamento della famiglia non è stato solo un fatto giuridico, riconducibile alla legge sul divorzio, ma principalmente culturale, che è iniziato quando si è persa la nozione del matrimonio come sacramento e dunque come unione indissolubile.
A questa è seguita un’ulteriore trasformazione, per certi aspetti consequenziale, che ha determinato il superamento dell’istituto matrimoniale, creando forme di convivenza, che vanno considerate famiglie al pari delle altre.
E, infine, si è pure oltrepassato il vincolo della eterosessualità, permettendo matrimoni tra persone dello stesso sesso o, come in Italia, delle unioni che garantiscono il rispetto di alcuni diritti imprescindibili.
Pensare di tornare indietro da questo punto è pura velleità e papa Francesco l’ha capito molto bene, manifestando una comprensione e dei segnali di apertura della Chiesa, un tempo inimmaginabili.
Detto questo e senza entrare nel merito di giudizi moralistici, che risulterebbero comunque inappropriati, non si può negare una verità ovvia, che cioè ogni figlio/a vorrebbe che i suoi genitori non si separassero.
Non si capisce, pertanto, di cosa ci si possa scandalizzare, dinanzi a una scena in cui una bimba compie un’azione finalizzata alla rappacificazione familiare che, peraltro, non viene neanche rappresentata.
Anche perché appare improbabile che accada con una pesca, quando non è riuscita con altre iniziative più impegnative, che si presume siano state certamente prese prima di dividersi.
Il coinvolgimento, poi, della politica denota una povertà di contenuti da trattare, da parte dei soggetti interessati, che rischia di rafforzare oltremodo la parte avversaria.
Un polverone come quello sollevato nei giorni scorsi, infatti, finisce per distogliere l’attenzione dai veri problemi del Paese e dalle eventuali responsabilità di chi è al governo.