Questa ormai è la terra degli scemi, chi più ne ha ne fa eleggere.
L'ultima, si fa per dire, riguarda la cenere vulcanica: ad ogni eruzione strillano all'emergenza, “come l'ultima mai”, “evento eccezionale”.
Cialtronerie senza pudore, visto che la situazione è sempre la stessa da decenni, considerato che l'Etna è attivo da qualche migliaio di anni.
La questione non è che emetta cenere e la cenere invada strade e contrade, quanto il fatto che nessuno riesca ad inventarsi qualcosa per limitare i danni e magari trasformarli se non proprio in opportunità, quanto meno dargli un qualche valore.
Perché un valore ce l'ha la cenere vulcanica.
La segnalazione ci arriva da un'amica, sempre molto attenta, che trovandosi per caso in un supermercato ad Aviano ha scorto tra i prodotti in vendita una chicca: confezioni di “lapillo vulcanico” ad € 5,99.
Lapillo vulcanico bello e confezionato in vendita.
Ad Aviano, provincia di Pordenone, in Friuli Venezia Giulia: dove non pare ci siano vulcani…
A quel punto ci è venuta la curiosità: ma vuoi vede che su Amazon…
Ma roba da matti, c'è davvero in vendita su Amazon, 30 euro per 33 chili di quella cenere maledetta che i nostri scienziati al governo non riescono neanche a togliere dalle strade, figuriamoci a venderla. A quasi 1 euro al chilo.
In realtà la beffa è ancora più grave, considerato che nel 2020 si è concluso ed è stato pubblicato nientemeno che un progetto di ricerca dell'Università di Catania, finanziato (non si sa per quanto) dal Ministero dell'Ambiente.
Proprio così: un team di scienziati, in questo caso veri, hanno elaborato uno studio che dimostra come la cenere vulcanica, che gli scienziati (questi finti) della politicanza non riescono neanche a rimuovere, potrebbe essere utilizzata in innumerevoli modi.
Il progetto aveva come titolo “REUCET - Recupero e utilizzo delle ceneri vulcaniche etnee”, responsabile scientifico il professore Paolo Roccaro (ordinario di Ingegneria sanitaria ambientale del dipartimento di Ingegneria civile e Architettura - Dicar).
La conclusione cui si addivenne è che l’uso delle ceneri vulcaniche in sostituzione di materiali naturali consentirebbe il duplice vantaggio ambientale di ridurre il consumo di risorse naturali e di evitare lo smaltimento della cenere come rifiuto, promuovendo la transizione verso un’economia circolare.
Il progetto REUCET, conclusosi nel febbraio del 2020, giungeva a soluzioni rivoluzionarie: per la prima volta ha affrontato il problema del recupero delle ceneri vulcaniche etnee in modo sistematico.
La tematica venne affrontata con un approccio interdisciplinare che coinvolse diversi gruppi di ricerca coordinati dai professori Salvatore Damiano Cafiso, Loredana Contrafatto, Ernesto Motta e Federico Vagliasindi del Dicar, Antonino Pezzino e Marco Viccaro del dipartimento di Scienze biologiche geologiche e ambientali e Enrico Ciliberto del dipartimento di Scienze chimiche.
Venne studiato l’uso della cenere in processi e tecniche di produzione già esistenti con immediato trasferimento tecnologico alle piccole e medie imprese del territorio.
Sono state a tal proposito valutate e testate diverse possibilità di utilizzo della cenere e dei lapilli dell’Etna: dall’impiego nel calcestruzzo, nelle malte, negli intonaci, alla realizzazione di prodotti laterizi tradizionali, a sottofondi stradali, a opere geotecniche, fino a soluzioni in cui viene utilizzato come adsorbente con finalità di riduzione dell’inquinamento.
In particolare, risultati interessanti sono stati trovati nel confezionamento di malte, intonaci e pannelli isolanti, grazie alle proprietà di isolamento termico dovute all’elevata porosità che contraddistingue i prodotti piroclastici.
Inoltre, i prodotti ceramici realizzati presentano complessivamente caratteristiche fisico-meccaniche in linea con quelle mostrate dai prodotti ceramici convenzionali, persino migliori in alcuni casi. I ricercatori del progetto REUCET hanno anche valutato la realizzazione di materiali innovativi (compositi fotocatalitici e zeoliti) per il contenimento dell’inquinamento.
Un’altra alternativa appropriata e sostenibile studiata è il recupero ambientale di aree degradate che permetterebbe di impiegare le migliaia di tonnellate di cenere cadute.
Anche l’impiego nell’edilizia e nelle pavimentazioni stradali della viabilità provinciale consentirebbe l’uso di volumi importanti con limitati costi di trasporto.
I ricercatori dell’Università di Catania evidenziarono la necessità di intervenire sulla normativa vigente, al fine di valorizzare il recupero delle ceneri vulcaniche etnee, e di prevedere risorse economiche ad hoc.
Sono passati quattro anni e ancora dal lato politico istituiscono tavoli e continuano a sprecare risorse, rendendo il problema più grave ad ogni evenienza che per loro è sempre “eccezionale”.
Nell'ultima emissione vulcanica, quella di inizio luglio, hanno dichiarato che solo sulla città di Catania sarebbero cadute la bellezza di 17 mila tonnellate di cenere: se è vero che la vendono a quasi 1 euro al chilo…bhe, fate voi i conti: e noi invece paghiamo, per giunta senza neanche averla tolta dalle strade.
Nel frattempo, a Pordenone la vendono a sacchi. Ed anche su Amazon.
Ma quando metteranno in vendita, o anche a noleggio, un qualche amministratore mediamente capace?