Come molte città italiane, Catania, si specchia in uno stagno di degrado, un riflesso che la civiltà dei consumi ha prodotto senza offrire una strada alternativa. La Civita – quartiere antico e dimenticato, umiliato dalla speculazione edilizia e preso a pugni dalla gentrificazione – è da un po' di tempo teatro di una disperazione silenziosa, l'unico rumore che produce è un martello o un sasso che viene scagliato contro il vetro di una macchina, quest'ultima, senza peccati!
Rubano spiccioli, cappelli, cappotti, CD… più che ladri sono alchimisti che trasformano quei pochi soldi che lasciamo nel posacenere della macchina dopo aver comprato del pane o delle cartine per le sigarette in un mattoncino che servirà a fine giornata a comprare una dose di (presumibilmente) Fentanyl; una droga economica e feroce, simbolo di un’epoca che offre ai disperati non una speranza, ma una soluzione rapida, brutale e indolore.
Però come sempre non ci limitiamo ad elencare la cronaca, ma capire le motivazioni che ci stanno dietro.
Ora, potremmo essere piuttosto incazzati nel trovare il vetro rotto della vostra macchina, non siamo santi, ma oltre la rabbia del cittadino a cui viene spaccato il vetro e la facile indignazione mediatica (a cui non ci piegheremo), c’è un altro racconto che nessuno vuole ascoltare: la differenza tra noi e loro.
È troppo facile ridurre questi gesti a mere azioni criminali. Certo, c'è un danno, c'è la ferita al proprietario dell'auto, ma fermiamoci a riflettere sul perché quei vetri vengono spaccati. Non è per avidità, non è per sfida e con un po' di sforzo non lo si può catalogare nemmeno come furto, è per sopravvivenza, disperata, umiliante che si consuma ogni giorno, certo, ma una sopravvivenza (dal loro punto di vista) rimane. La Civita, San Berillo, San Cristoforo… sono lo specchio di una Catania che continua ad offrire prospettive solo a chi possiede un po' di denaro in tasca. E allora cos'è più degradante, un drogato che spacca il vetro di una macchina per cercare disperatamente 5 centesimi o chi amministra e dimentica tutto un quartiere?
Oltre alla miseria materiale, c’è un’altra miseria che devasta questi luoghi: la noia. La Civita, come tante altre aree marginalizzate, è un deserto di possibilità, uno spazio in cui non accade nulla se non il lento scorrere di un’inerzia mortale. Se la vita si svuota del proprio significato, il tempo diventa un nemico che pesa come un macigno, è lì che la droga si insinua, per ottemperare ad una necessità, quella del colmare il tempo.
"Ma come? Non è stata tutta riqualificata la Civita?"
Certo, ma riqualificata per chi? La gentrificazione, il fenomeno che trasforma i quartieri in vetrine per turisti e borghesi, ha sottratto ai poveri anche i pochi spazi di sfogo. Dove una volta c’era una piazza, un mercato, un luogo di incontro, ora ci sono locali costosi, appartamenti di lusso, angoli sterilizzati dalla logica del profitto. Ai poveri, cacciati ai margini, resta soltanto ciò che è economico e immediato: la droga. Catania, oltre all'elefante, ha il simbolo di una città che non appartiene più a chi la abita davvero, ma a chi può permettersi di comprarla pezzo per pezzo, rosicchiandola pian piano come un topo fa con una carcassa.
Non è con la forza che si risolve questo dramma e non bastano più poliziotti o più telecamere; la città va ricostruita dall’interno, con il lavoro, con la scuola, con spazi dove si possa vivere senza paura.
Presto verificheremo con un sopralluogo e vedremo se effettivamente si aggirano bande descritte come "zombie".
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