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La lezione del ministro affogato in una Boccia

07-09-2024 06:30

Pierluigi Di Rosa

Cronaca, HOMEPAGE IN EVIDENZA,

La lezione del ministro affogato in una Boccia

“Chi troppo in alto sale sovente precipitevolissimevolmente…cade”

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Articolo 54 della Costituzione Italiana

"Tutti i cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le leggi

I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore"

L'Italia, e non da sola, sta vivendo una stagione surreale.

 

Lo abbiamo già scritto, da Tardo Impero, probabilmente da fine civiltà: non è la prima volta e probabilmente non sarà l'ultima.

 

È già accaduto non poche volte nella storia che civiltà convinte di essere invincibili soccombessero per motivi vari, quasi sempre per l'inadeguatezza delle proprie classi dirigenti: Sumeri, Civiltà della Valle dell'Indo (Harappa), Civiltà Minoica, Civiltà Micenea, Impero babilonese (antico), Civiltà Egizia, Civiltà Olmeca, Impero di Cartagine, Impero Romano d'Occidente, Civiltà di Rapa Nui (Isola di Pasqua), Impero Maya (classico), Impero Khmer, Impero Azteco, Impero Inca, Impero Romano d'Oriente (Bisanzio).

 

In genere decadono quando pochi (s)governanti esagerano nel pretendere spropositati privilegi a discapito di troppi che fanno fatica anche a trovare il tempo per capire che li stanno fregando e che la loro sofferenza è causata semplicemente dall'ingordigia di chi sarebbe chiamato a farne gli interessi.

Il trionfo del paradosso: le pecore che votano i lupi a rappresentarli.

Nella fase finale le vicende diventano ancora più grottesche quando persino i pur nobili lupi di una volta si riducono a miserabili sciacalli. E lì l'inizio della fine.

Oggi poi neanche vengono votati, si nominano tra di loro.


A fare un rapido giro delle leadership mondiali della parte occidentale e tecnologicamente avanzata del pianeta, quella che ha consegnato al potere della finanza più spregiudicata i destini dell'umanità, si resta allibiti: rimbambiti, delinquenti, parvenu.

Un'accozzaglia di gente improbabile seduta ai posti di vertice, senza la minima consapevolezza di condurre la diligenza allo schianto più fragoroso.


E questo mentre il resto del mondo, il terzo e il quarto, preme sempre più tenacemente per condividere condizioni di benessere negato dall'egoismo di chi, per mero caso, si trova dalla parte fortunata della Storia ed invece di ringraziare ha persino l'arroganza di trasformare in spreco criminale quell'abbondanza che potrebbe sfamare chi non ha niente e deve imbarcarsi incinta verso morte quasi certa in un Mediterraneo ormai fossa comune.

 

Un contesto complesso che sta producendo guerre che sembravano dimenticate, regimi ritenuti impossibili, odii senza ragione e rancori senza motivi.

 

Estremismi di ogni tipo, intolleranze di ogni bassezza.

 

E sono i segnali apparentemente più banali, persino ridicoli che in realtà danno la rappresentazione plastica di come la miseria di costumi e velleità si fanno forma di governo di una società e ne annunciano la deriva più pericolosa ed in ogni caso ormai irrisolvibile.

 

Del resto è da tempo, troppo tempo, che vediamo l'Italia in mano a gente assurda, quello della politicanza diventato ormai l'ultimo ascensore sociale a velocità supersonica, che consente a nullafacenti di assurgere a ruoli apicali dai quali non possono che produrre danni non avendo alcuna competenza e come unico merito l'appartenenza a gang di varia estrazione e colore.

 

E non riguarda, ovviamente, solo il livello nazionale, ma anzi si replica in maniera forse anche più drammatica su quello locale: l'ultima vicenda incredibile delle nomine dei manager sanitari in Sicilia va davvero oltre ogni immaginazione, con gente prima interdetta, revocata, dimessa e poi rimessa allo stesso posto senza fare nemmeno finta di perseguire un cavolo di interesse generale, con l'apoteosi di un presidente della regione che arriva a dichiarare che non si era accorto di quella che lui stesso definisce indecenza. 

Da TSO.

 

In realtà è evidente che ormai non gliene frega niente e pare non ci sia più alcuna prudenza e nemmeno vergogna.

 

E arriviano al caso di cronaca che è solo l'ultimo fino al prossimo.

 

Il caso del ministro della Cultura (sic!) Gennaro Sangiuliano coinvolto in una vicenda impossibile da definire è infatti l'ultima goccia di una “boccia” ormai stracolma.

 

Il governo Meloni, per il quale quel Maestro del giornalismo che è Giuseppe Sottile ha coniato la micidiale definizione di “Armata Brancameloni”, di spine purulente al suo interno ne ha più d'una e tutte irrisolte: Santanché su tutte.

 

Ma questa di Sangiuliano è stata davvero pazzesca, ridicola e patetica, montata in maniera talmente incredibile che neanche Mel Brooks e Dan Brown messi insieme sarebbero riusciti a renderla più gustosa.

 

I 15 minuti su RAI1 con un ministro della Repubblica a piangere e mostrare scontrini è una pagina disgustosa di questa nazione ridotta ai minimi termini, zimbello ormai mondiale ogni volta che aprono bocca.

 

Non la riproponiamo neanche questa storia tra il boccacesco e lo psichiatrico, ormai neanche nelle comunità montane più sperdute e distratte sono riusciti a non accorgersi che il Paese è in mani assurde.

 

Alla fine le dimissioni sono arrivate, non senza aver fatto il passaggio incomprensibile di un premier che le aveva inspiegabilmente respinte, rinnovando una fiducia che non poteva avere alcun rispetto per l'Interesse Generale, piuttosto una difesa di casta che non può trovare legittimità in un metodo che sta travolgendo tutte le istituzioni del Paese, dal parlamento al CSM agli enti locali.

 

Un disastro quotidiano di cui non si accorgono solo loro, al riparo delle loro immeritate quanto sproporzionate indennità, delle auto blue che sono ritornate a sfrecciare, di tutti gli enti pubblici e parapubblici occupati in maniera militare quando non mafiosa, di una pletora di commissari al servizio di saccheggi di ogni tipo.

 

Ma la storiaccia di Sangiuliano qualcosa la insegna e lascia un barlume di speranza.

Lasca la lezione, quella definitiva, quel del detto dei saggi:

“Chi troppo in alto sale sovente precipitevolissimevolmente…cade”

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