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Intervista ad Hafida, donna marocchina di religione musulmana in Italia da 15 anni

22-01-2017 05:02

Barbara Corbellini

Cronaca, lavoro, donne, immigrazione, accenture, ansa, gesù, parco archeologico,

Intervista ad Hafida, donna marocchina di religione musulmana in Italia da 15 anni

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Tempi difficili per l'integrazione e in generale per il mondo. Vi raccontiamo la storia di Hafida, marocchina. Con le sue turbolente vicende lavorative rivive con noi la sua esperienza in Italia e l'approccio all’Islam in tempi difficili



I continui attacchi terroristici sono al centro dei riflettori dei media. In questo mondo con sempre meno certezze, ecco la storia di Hafida, 36 anni, marocchina di religione musulmana.



Perché ha scelto l'Italia come meta?



"Per cambiare vita, lavoro  e perché mi piace viaggiare, non stare sempre nello stesso posto. In realtà, io ero sposata con un marocchino che viveva in Italia mentre io stavo in Marocco. Lui non voleva che io venissi qui, ma grazie ad aiuti ci sono venuta lo stesso e ho scoperto che non faceva proprio quello che sapevo. Così ho divorziato, sono rimasta in Italia e ho cominciato un nuovo percorso".



Che lavori hai trovato?



"Il primo passo che ho fatto in Italia è stato a L’Aquila. Ho pagato 7 mila euro per venire in Italia ma sono stata ingannata: una mia connazionale mi aveva garantito un lavoro sicuro a quel prezzo, e invece dopo 6 mesi sarei dovuta andare via. Avevo un contratto stagionale al termine del quale non potevo più rimanere in Italia. Sono riuscita in qualche maniera e ho trovato lavoro per un mese in un magazzino di alimentari, dove però non è filato tutto liscio. A quel punto ho deciso di andare via da quella città.



Mi sono spostata a Torino da un'amica e ho trovato lavoro in un’impresa di pulizie, ma anche qui non è andata bene per complicazioni con il contratto, quindi ho trovato lavoro in una ditta di materiali in lattice e dopo un altro anno ho dovuto dimettermi a causa di una mia connazionale. Lasciata Torino sono andata a Lecco per cercare lavoro ma la scarsa conoscenza dell'italiano mi ha creato grossi problemi. Volevo imparare la lingua a scuola ma non potevo frequentare perché dovevo lavorare. L’italiano l’ho imparato da sola. A Lecco un connazionale mi ha dato una mano trovandomi un impiego in una macelleria, era il 2002, ma non andò bene. A Piacenza dove ora vivo, ho lavorato per una cooperativa di pulizie e quando mi è scaduto il contratto sono andata a lavorare come lavapiatti ma avevo bisogno di un contratto a tempo indeterminato per i documenti, per poter stare in Italia, così ho trovato lavoro in un macello. Lì ho conosciuto mio marito e ho avuto due bambini. Il lavoro al macello poi non è più andato perché mi hanno licenziata in maternità senza nessun preavviso, quando la prima bambina aveva appena tre mesi".



Hai trovato difficoltà ad integrarti in Italia? Come ti trovi con gli italiani?



"In generale, sul lavoro gli italiani erano bravi con me perché mi sono mostrata disponibile, facevo sempre i lavori che mi chiedevano, quando non avevo i figli lavoravo anche in turni di notte oppure anche di sabato e di domenica. Loro apprezzavano che io mi mostrassi dedita al lavoro. Mi trovo bene con gli italiani ma avendo la famiglia lontana, in Marocco, ti senti sempre straniera. Sono in Italia da 15 anni ma mi sento sempre straniera soprattutto in questo periodo in cui succedono spesso attacchi terroristici e dove si parla dell’Islam. Ma non è la verità, il terrorismo non è l’Islam perché se leggi il Corano, Dio non dice di ammazzare la gente per lui, ci sono innocenti che non hanno fatto niente, bambini e anziani, che ci vanno di mezzo, e questo non è l’Islam. Vogliono infangare l’Islam, questi che fanno gli attentati, ma l’Islam non è così. Non ti so dire il vero motivo per cui succede questo. Non vogliono rovinare soltanto l’Islam ma il mondo intero, non solo noi musulmani, ma anche chi pratica altre religioni".



L’Islam è una religione rigida? Quanto influisce nella tua vita?



"L’Islam non ti obbliga a seguirlo come vogliono gli altri perché ognuno è libero. Praticare il vero Islam è molto difficile non perché sia rigido, ma perché il mondo lo guarda in un modo particolare, facendolo sembrare rigido e invece non lo è. Quei musulmani che obbligano la donna a fare certe cose sono degli ignoranti, la persona non è obbligata a seguire tutti i dettami dell’Islam. È una questione tra la persona e Dio. La supremazia dell’uomo sulla donna è un modo sbagliato di vivere l’Islam. Ci sono certe donne che dicono che sono state obbligate a sposarsi, per andare a vivere da un’altra parte. Dicono bugie, si sposano solo per andare a vivere altrove. Se marito e moglie non vanno d’accordo c’è il divorzio e il divorzio non è un peccato nell’Islam. La violenza sulle donne è una questione di mentalità ed educazione non di Islam. I genitori di molti uomini erano ignoranti, non sapevano neanche leggere e non capivano cosa voleva dire il Corano e hanno trasmesso le loro “conoscenze“ sbagliate ai loro figli maschi, certo poi è anche, anzi soprattutto, una questione di mentalità. Per sapere cosa diceva il Corano loro andavano nelle moschee ad ascoltare le preghiere, ma molti non lo hanno mai letto perché non sanno leggere".



 



Come si trovano i tuoi figli a scuola?



"I bambini si trovano bene, l’unica cosa che mi dispiace è che si trovano in una classe dove sono tutti stranieri non c’è nemmeno un bambino italiano perché quei pochi che c’erano, i genitori li hanno fatti trasferire in classi dove c’erano più italiani. Questo non è molto positivo per l’integrazione, a me avrebbe fatto piacere che ci fossero state più classi miste, ma i genitori non sono d’accordo e facendo solo classi di stranieri, l’integrazione non può esserci. Capisco il momenti difficile, il sospetto e la paura a causa del terrorismo, ma sono comunque bambini che non hanno colpe".


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