
Una storia di rinascita che porta alla ribalta quella parte di Sicilia che non si rassegna: alcuni ex operai della "Birra Messina" diventano artefici del loro futuro dando vita ad un nuovo birrificio, registrando in pochi mesi un boom di vendite. La crisi, che purtroppo stiamo ancora vivendo quotidianamente, rappresenta un vero e proprio vulnus per la nostra economia: sono molte le aziende che hanno cessato la loro attività e tante continuano a chiudere, con conseguente perdita di posti di lavoro. Ma la crisi, se guardiamo anche all'etimologia della parola, può rappresentare un momento di scelta: è quello che hanno pensato 15 ex operai della "Birra Messina", che non hanno ceduto all'autocommiserazione, dopo essere stati licenziati, diventando così artefici del loro destino. La birra messinese veniva prodotta dal 1923 dalla famiglia Presti-Faranda, ma alla fine degli anni '80, l'Heineken rilevò lo stabilimento. Inizialmente gli affari sembravano procedere per il verso giusto, ma successivamente i vertici decidono di chiudere l'impianto. Dopo una breve fase di ripresa dell'attività, nel 2011, i 41 operai dell'azienda ricevono una lettera di licenziamento. Fallite le ricerche di nuovi investitori, arriva il 2014, l'anno zero per 15 dei lavoratori licenziati che decidono di impegnare i propri risparmi e mettono il TFR a garanzia dei prestiti con le banche con l'obiettivo di continuare a produrre birra. Gli operai fondano una società cooperativa, "Birrificio Messina", e ottengono dalla Regione due capannoni nella zona Asi di Larderia, 10 km a sud di Messina. I capannoni erano delle semplici stalle: i lavoratori capitanati dal presidente della cooperativa Domenico Sorrenti, li hanno interamente ristrutturati, adattandosi a fare tutti i lavori necessari. Con determinazione e grinta i "fantastici 15" (potremmo soprannominarli così) riescono anche ad ottenere quattro milioni di euro di finanziamenti da banche e donazioni personali, per poter avviare la loro attività. Non sempre, però, tutto è stato semplice. Come ha raccontato il presidente della cooperativa. Sorrenti, "siamo partiti con un anno di ritardo a causa della burocrazia e per rientrare rapidamente dai debiti i nostri stipendi sono stati fissati a mille euro al mese. Il resto è destinato al pagamento delle rate dei prestiti”. Tuttavia, c'è stata e c'è sempre grande determinazione: si è evidenziato, infatti, come "vengono acquistati macchinari di ultima generazione per produrre la birra e oggi la cooperativa paga l’affitto dei capannoni di produzione, che verrà scontato, tra cinque anni, dal prezzo finale se la cooperativa dei 15 operai deciderà di acquistare definitivamente gli stabilimenti. A breve dovrebbe aprire... anche un punto vendita diretto nell’area dello stabilimento: la casetta in legno per la vendita è già pronta." Un piccolo miracolo siciliano che sforna numeri degni di nota: in soli tre mesi, sono state vendute un milione di bottiglie. Tre le birre interessate: la Premium, la Doc e la Birra dello Stretto. Per celebrare il traguardo è stata lanciata un'edizione speciale della "Birra dello Stretto": 50 mila bottiglie verdi in edizione limitata, simbolo dell'importante obiettivo raggiunto. L'attività del Birrificio Messina ha contribuito fortemente anche allo sviluppo industriale sul territorio: infatti, sono state affidate ad aziende siciliane la produzione di etichette, cartoni e tappi e la gestione dei trasporti. I progetti futuri? C'è la speranza di assumere nuovo personale e, tra marzo- aprile 2017, verrà lanciata sul mercato la birra cruda, prodotta in piccole quantità. "Birrificio Messina" farà sentire la sua voce anche all'estero: sono stati firmati degli accordi commerciali preliminari con vari distributori in Francia, Inghilterra, Albania e Nuova Zelanda. Inoltre si starebbe studiando la possibilità di creare una birra totalmente siciliana, prodotta con malto e luppolo coltivati sui terreni confiscati alla mafia. La politica ci ha abituato a cronache di ordinaria illegalità: storie come questa, invece, ci forniscono motivi validi per credere che la Sicilia possa salvarsi, uscendo dal limbo in cui si trova confinata. Sono tante le energie positive presenti sul territorio: occorre soltanto lasciar loro il modo di esprimersi. Il coraggio e la determinazione non mancano di certo.