Cosa è rimasto dell'Etna Valley, il distretto produttivo tecnologico catanese nato intorno alla STMicroelectronics negli anni '90? La realtà è molto diversa dai proclami e dai numeri diffusi a gran voce dal sindaco Bianco. Etna Valley: avrebbe dovuto essere il fiore all'occhiello di Catania, un sogno destinato a crescere e a diventare punto di riferimento per l'economia catanese e dell'intera Sicilia. E, invece, oggi appare soltanto un sogno sfumato, che forse non è mai esistito davvero, se non nei proclami del sindaco Bianco. Nasce sul finire degli gli anni ’90 l'Etna Valley, con un nome che richiama chiaramente la Silicon Valley, la parte meridionale dell’area metropolitana di San Francisco, sede di alcune delle più importanti aziende ad alta tecnologia del mondo. Tale distretto avrebbe potuto rappresentare una speranza di rinascita per Catania e, nelle promesse, avrebbe dovuto personificare l'eccellenza. Il nucleo iniziale era costituito dalla STMicroelectronics, azienda leader nella produzione di componenti elettronici a semiconduttore, attorno alla quale altre realtà decisero di stabilizzarsi, collaborando sia con il CNR che con l'Università di Catania. Inizialmente tutto sembrava andare per il verso giusto: si creò un circolo virtuoso che consentiva di nutrirsi di forza lavoro qualificata, e di distinguersi in settori all'avanguardia, in cui era di fondamentale importanza l'apporto di competenze di ingegneri, fisici e periti. Con l'avvento della crisi economica, il "Distretto produttivo Etna Valley Catania" comincia ad accusare colpi e non riesce a distinguersi rispetto ai giganti del settore: assistiamo al blocco di importanti attività a causa della diminuzione dei lavoratori impiegati e al ricorso sempre più frequente alla cassa integrazione da parte di molte imprese. Nel 2016 sembrerebbe potersi verificare il tanto annunciato rilancio, grazie all'investimento di 270 milioni di euro nel triennio successivo, annunciato dalla StMicroelectronics, ma in cosa concretamente si tradurrà è ancora tutto da vedere. Intanto assistiamo ai proclami e ai racconti da favola a cui ci ha abituati il sindaco Bianco. In occasione della visita del premier Gentiloni a Catania, infatti, il primo cittadino ha sfornato numeri da record, parlando della presenza di 80.000 imprese di varia natura sul territorio. Ha ancora una volta dipinto questo sogno dell'Etna Valley, tralasciando di porre in evidenza le criticità in cui operano molte aziende e una situazione di sicurezza stradale a dir poco disastrosa nella zona industriale e non solo. Una domanda sorge spontanea: dove sono tutte queste aziende di cui parla Bianco? Certamente ci sono realtà che si distinguono positivamente: pensiamo a startup innovative che vivono di tecnologia come Flazio e Orange Fiber. La prima, infatti, è riuscita a ideare una piattaforma web che permette di creare siti Internet fai-da-te, gratuitamente o con un ridotto costo annuale, personalizzabili con centinaia di componenti. Orange Fiber, partendo da un simbolo siciliano per eccellenza, l'arancia, si distingue per lo sviluppo di filati innovativi e vitaminici, oggi particolarmente ricercati nell’industria della moda. Seppur con positive eccezioni, come quelle appena ricordate, siamo ancora ben lontani da quel tanto agognato progetto di cui si era fatto promotore Bianco sul finire degli anni'80 e che, contro ogni logica, dipinge ancora in ottima salute. Non è infatti un caso se un gruppo di imprenditori e professionisti, in concomitanza con la presenza di Gentiloni a Catania, ha ribadito la necessità di rilanciare il distretto tecnologico produttivo catanese, attraverso opportune sinergie tra pubblico e privato: fondamentale sarebbe la creazione in pieno centro storico di un nuovo soggetto che acceleri lo sviluppo di nuove realtà industriali nel segno dell’innovazione e che potrebbe chiamarsi "Etna Lab". L'obiettivo sarebbe anche quello di riuscire ad attrarre investimenti stranieri, indispensabili per garantire continuità di sviluppo. La strada è in salita, ma l'Etna Valley potrebbe ancora dire la sua in campo tecnologico poiché non mancano di certo esempi virtuosi. Occorrerebbe, però, un'autocritica profonda e costruttiva di ciò che non si è fatto, per poter migliorare davvero. In questo senso, l'incontro del sindaco Bianco con il premier Gentiloni, riassumibile nel solito copione già visto, rappresenta l'ennesima occasione mancata.