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La conquista del pm Nino Di Matteo: da Palermo alla Direzione Nazionale Antimafia

17-03-2017 05:46

Stefania Baudo

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La conquista del pm Nino Di Matteo: da Palermo alla Direzione Nazionale Antimafia

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Dopo 18 anni di attività nel capoluogo siciliano, il pm Nino Di Matteo lascerà la procura di Palermo per trasferirsi alla Direzione Nazionale Antimafia a Roma. Un traguardo raggiunto dopo diverse vicissitudini e non senza polemiche.



La Direzione Nazionale Antimafia potrà beneficiare presto dell'esperienza del magistrato Nino Di Matteo: il plenum del Csm, all'unanimità, gli ha attribuito uno dei 5 posti da sostituto messi a concorso nell'ambito della Superprocura. Ci vorranno due mesi prima che l'incarico sia pienamente operativo, ma il trasferimento non inciderà in alcun modo sulla partecipazione di Di Matteo al processo sulla presunta trattativa tra Stato e mafia. Il procuratore di Palermo Lo Voi e il procuratore nazionale antimafia Roberti hanno espresso il loro consenso affinché il magistrato resti parte attiva in quel dibattimento.



"La mia scelta non è una resa -ha dichiarato-. Ho fatto domanda per la Direzione Nazionale Antimafia per cercare di continuare a dare un contributo alla lotta alla mafia. Mi sono occupato di queste vicende per 25 anni in due procure di frontiera: Palermo e Caltanissetta. Ultimamente non ero più messo nelle condizioni di lavorare a tempo pieno su inchieste delicatissime che richiedono un impegno totalizzante".



Di Matteo inizia la sua carriera come pubblico ministero nel 1991 presso la procura di Caltanissetta. Un anno fondamentale nella sua attività fu il 1994: prese parte al pool incaricato di indagare sulle stragi in cui morirono i giudici Paolo Borsellino e Giovanni Falcone. Da qui si occupò di importanti processi  che videro tra gli imputati anche Totò Riina e fu sua la prima inchiesta che segnò il primo ergastolo nei confronti del capo dei capi di Cosa Nostra.



Trasferito alla procura di Palermo nel 1999, Di Matteo si occupò di altri importanti processi come quello sull'omicidio di Pio La Torre e del procedimento a carico del generale Mori e del colonnello Obinu per la mancata cattura di Bernardo Provenzano, dal quale gli imputati furono assolti.



Gli ultimi anni della sua attività lo vedono al centro dell'inchiesta sulla presunta trattativa tra Stato e mafia, il cui processo è ancora in corso e che vede tra gli imputati politici come l'ex ministro Nicola Mancino e Marcello Dell'Utri e boss come Totò Riina, Bernardo Provenzano e Giovanni Brusca.



In virtù del suo ruolo e delle indagini condotte, Di Matteo è diventato bersaglio delle minacce di Cosa Nostra. All'attenzione della cronaca sono finite le parole del pentito Vito Galatolo che ha parlato dell'acquisto di un carico di tritolo da usare per uccidere il pm in un attentato.



Proprio in seguito ad ulteriori minacce e a tali rivelazioni, il CSM aveva proposto il trasferimento d'ufficio connesso a ragioni di sicurezza, trasferimento rifiutato dal magistrato che ha motivato la sua scelta, sostenendo che "costituirebbe a mio avviso un segnale di resa personale e istituzionale che non intendo dare".



La nomina del CSM rappresenta quasi una sorta di risarcimento per Di Matteo che, al di là delle vicende enucleate, due anni fa vide sfumare la sua candidatura ad un altro concorso per la Procura nazionale antimafia. In relazione a tale vicenda il magistrato parlò di "ingiusta mortificazione".



Le motivazioni con le quali il pm palermitano è stato scelto per la Direzione Nazionale Antimafia sono più che mai significative: il plenum del CSM, attribuendogli il punteggio massimo, ha fatto leva sulle "ottime qualità professionali" e sul "solido e vasto bagaglio di esperienza" con riferimento alla criminalità organizzata e, soprattutto, in relazione alla gestione dei collaboratori di giustizia.



Nella delibera, che vede come relatrice la componente laica di Forza Italia Elisabetta Casellati, si riconoscono al magistrato le ottime attitudini al coordinamento e all'impulso investigativo e un "ineguagliabile spirito di sacrificio", che assumono ancor più rilievo in relazione ai "pericoli, anche per la sua personale incolumità, incontrati nella gestione di complessi e delicati procedimenti". Un traguardo conquistato con una carriera sempre in prima linea e che, siamo certi, proseguirà egregiamente anche alla Direzione Nazionale Antimafia.



 


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