Continua il viaggio alla scoperta dell'accoglienza e del viaggio: durante la tratta mille pericoli, centri ormai saturi e procedure burocratiche lunghissime e poco chiare, legate alla richiesta di asilo politico. Questi i nodi più ingarbugliati del fenomeno. Il centro di prima accoglienza Don Bosco, in viale Kennedy a Catania, promuove in Senegal il progetto NO STOP TRATTA, durante il quale i minori ospiti raccontano ai loro coetanei senegalesi tutti i rischi del viaggio. A parlare a Sudpress è Cinzia Vella, coordinatrice generale del centro Tra i centri di prima accoglienza del territorio, la colonia Don Bosco è senza dubbio quello più noto a Catania. Precedentemente era solo uno stabilimento balneare, mentre ora è anche centro di prima accoglienza che ospita minori non accompagnati. Con Cinzia Vella, coordinatrice della struttura, abbiamo ripercorso i momenti e le varie fasi che riguardano il viaggio dei minori, la burocrazia e l'accoglienza. Come e quando nasce il centro di accoglienza per migranti alla Don Bosco? “Siamo un centro di prima accoglienza salesiano con mandato da giugno 2015. L’associazione Don Bosco 2000 ha un’esperienza pregressa di accoglienza dal 2011 insieme ad altri tre centri: Piazza Armerina, dove vengono accolti adulti con modello CAS, cioè centri di accoglienza straordinaria gestiti dalla prefettura, e Sprar, servizio centrale del sistema di protezione richiedenti asilo; Aidone, in provincia di Enna, sia Cas che Sprar, e Villarosa dove viene fatta accoglienza in strutture confiscate alla mafia". Quanti minori accogliete e per quanto tempo restano? “Noi accogliamo 60 minori. Veniamo allertati 24 ore prima dello sbarco, comunichiamo la disponibilità dei posti al Comune e il giorno dopo ci contattano per affidarci i minori identificati. I ragazzi dovrebbero rimanere tre mesi nel nostro centro, di fatto restano anche per otto/nove mesi o fino a un anno. Questo accade perché i centri di seconda accoglienza spesso sono saturi quindi non c’è la possibilità del trasferimento”. Cosa viene garantito durante la prima accoglienza? “Nei tre mesi di permanenza deve essere garantito lo screening sanitario, vitto, alloggio e vestiario. Abbiamo un medico volontario in pensione che ha deciso di collaborare con noi. La seconda accoglienza è in invece chiamata a seguire l’iter della procedura della richiesta di asilo, suddiviso nelle seguenti fasi: manifestazione d’interesse, permesso di soggiorno cartaceo, l’attesa dell’incontro con la commissione territoriale che deciderà se accogliere la richiesta d’asilo oppure no. Questi servizi sono garantiti dalla seconda accoglienza però, dato che i ragazzi stanno da noi per tempi molto lunghi, ben oltre i tre mesi, facciamo anche questo. Inoltre abbiamo creato una équipe d’accoglienza: alcuni ragazzi che abbiamo accolto da tempo accoglieranno i nuovi insieme ai nostri mediatori”. Quante possibilità hanno i minori che la commissione accolga la richiesta di asilo politico? Se viene rifiutata cosa succede al ragazzo? “Quando si presentano davanti alla Commissione territoriale devono esporre la loro storia al fine di fornire delle motivazioni valide e ottenere il tanto ambito documento. Non è detto che la commissione acconsenta alla richiesta di asilo politico, un ragazzo può avere anche un diniego. In questo caso può ripresentarsi davanti alla commissione altre due volte. Se, anche dopo la terza volta, la Commissione rifiuta la richiesta di asilo politico il minore deve essere rimpatriato. Invece succede che sulla carta risulta il diniego definitivo al ragazzo, ma di fatto non viene rimpatriato e resta in Italia. Per questo il territorio è saturo, le procedure burocratiche non sono affatto snelle”. Quale calvario affrontano i minori durante il viaggio? “Il primo viaggio è quello del deserto che miete più vittime del mare e nessuno ne parla. Fa più notizia il mare perché i cadaveri arrivano direttamente sulle nostre spiagge e li vediamo. Tuttavia, chiacchierando con i ragazzi abbiamo scoperto che i numeri delle vittime durante la traversata nel deserto sono drammatici solo che questo non lo vediamo. Ci hanno raccontato che tante volte utilizzavano i vestiti dei cadaveri perché man mano che affrontano il viaggio gli indumenti si consumavano e c’era necessità di altri vestiti”. Come arrivano i minori non accompagnati alla prima accoglienza e cosa si cela dietro i viaggi organizzati? “Noi andiamo al porto e li accogliamo. I ragazzi sono smarriti, non sono preparati ad affrontare questo viaggio e non sanno a cosa vanno incontro quando lo intraprendono. C’è un’organizzazione ben precisa dietro le proposte da parte delle “agenzia di viaggio” del paese d’origine, ma non parlano dei rischi ai minori. In Africa, queste agenzie sollecitano a compiere la traversata e i ragazzi lo fanno perché spesso scappano per motivi di persecuzione, di negazione di diritti e anche per motivazioni economiche. Purtroppo dietro l'organizzazione di questi viaggi alcuni speculano e ci sono dei traffici di esseri umani, non si può negare una cosa così evidente. Dai racconti dei ragazzi emerge che per affrontare il viaggio si mettono in mano ai trafficanti, ma ovviamente non ne hanno consapevolezza. Noi stiamo promuovendo un progetto NO STOP TRATTA, attualmente in corso in Senegal, con l'obiettivo di creare una campagna di sensibilizzazione rivolta ai minori del posto per metterli al corrente dei rischi del viaggio raccontati dai nostri ragazzi del centro". Come hanno reagito i clienti del lido quando hanno saputo che era diventato anche centro di accoglienza per migranti? “In questo lido ci sono dei clienti storici e quando hanno saputo che la struttura ha iniziato ad accogliere i migranti devo dire che qualcuno non è più venuto. Altri invece hanno frequentato il lido solo per curiosità, ricredendosi in seguito su ogni pregiudizio”. Tra centri saturi, procedure burocratiche molto complicate, gente senza scrupoli che specula e un territorio che non ce la fa più nella gestione del fenomeno, si crea una situazione sociale davvero difficile da gestire. E a conti fatti, ad andarci sempre di mezzo, sono anime innocenti.