Si tratta del pregiudicato Giovanni Pantellaro di 53 anni, del figlio Gaetano di 28, Angelo Ragusa di 35, Giuseppe Alì di 62, Alessandro Fichera di 43, Carmelo Moncada di 61 e Orazio Sapuppo di 43 anni. I primi tre sono in carcere, Alì ai domiciliari mentre per gli ultimi tre è stato disposto il divieto di dimora nel Comune di Catania. Il gruppo non esitava ad utilizzare anche metodi arroganti e violenti per convincere le persone ad entrare nel loro giro di truffe o comunque a fornire false informazioni. A farne le spese sono stati anche medici dei Pronto Soccorso degli ospedali catanesi, soprattutto il Vittorio Emanuele e il Garibaldi, i quali hanno denunciato in particolare due vicende alla Procura. Il giro d'affari, intorno al milione di euro, era certamente cospicuo e le "mangiate al ristorante", così venivano chiamati gli episodi di truffa scoperti in un anno dalla Squadra Mobile, dal gennaio 2016 al gennaio scorso, sono stati 17. Altri sono in fase di ricostruzione e riguardano complessivamente 64 indagati VIDEO CON LE INTERCETTAZIONI DELLA POLIZIA Il reato per tutti contestato dalla Procura Distrettuale di Catania, è quello di associazione per delinquere finalizzata alla truffa in danno di compagnie assicuratrici e corruzione in atti giudiziari. Il sistema era collaudato: si cominciava con l'individuare le persone vittima di incidenti nei vari Pronto Soccorso, non a caso il gruppo di malfattori faceva base in un'agenzia di infortunistica stradale proprio di fronte all'ingresso del nosocomio in via Plebiscito. Ad occuparsene in genere erano Fichera, Moncada e Sapuppo sapientemente istruiti da "zio Pippo" Alì. A quest'ultimo era anche demandato il ruolo di cercare i testimoni e di liquidare e suddividere i profitti dei falsi sinistri. Angelo Ragusa, titolare dell'agenzia, istruiva le pratiche e si occupava anche di mettere costruire le conseguenze degli incidenti oltre a curare i rapporti tra gli associati. Ma i veri capi dell'organizzazione erano Giovanni Pantellaro e suo figlio Gaetano, promotori, coordinatori e istruttori del gruppo. Una volta individuati i soggetti le cui lesioni potevano essere compatibili con incidenti stradali e convinti dietro compenso, si passava alla ricostruzione del sinistro stradale. Molte volte però, i "traumatizzati" chiedevano al medico di turno di modificare la propria versione degli infortuni fornita in un primo momento e di evidenziare il fatto che fossero avvenuti a causa di incidenti stradali. Al rifiuto dei sanitari, interveniva la squadra pronta a malmenare i medici che in un paio di casi hanno perfettamente ricostruito i fatti. Tornando al sistema, era facile dunque richiedere il risarcimento all'assicurazione e nel caso questa non avesse pagato, si avviavano i dovuti ricorsi dinanzi al Giudice di Pace con le false testimonianze ben retribuite. Tutti gli incidenti, stranamente, sia quelli più importanti che quelli meno, si caratterizzavano per l'assenza di forze dell'ordine nel luogo teatro dell'accaduto. Inoltre la maggior parte delle pratiche venavo avviate attraverso il modello di costituzione amichevole d'incidente compilata per lo più dai malfattori, ma non c'era mai concorso nella responsabilità. Le indagini, condotte dalla Squadra Mobile di Catania tramite intercettazioni audio e video, hanno preso le mosse da alcune aggressioni ai sanitari in servizio presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale Vittorio Emanuele. Gli episodi contestati tuttavia, come è stato sottolineato dal procuratore Carmelo Zuccaro e dal Questore Giuseppe Gualtieri con il capo della Squadra Mobile Antonio Salvago e il magistrato Marco Bisogni, non sono in alcun modo legati all'aggressione subita dal medico del Vittorio Emanuele nella notte dello scorso Capodanno. https://youtu.be/_jwUaICNnLY