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Parole e immagini contro la violenza di genere, l'impegno dei giornalisti per un'informazione corretta

20-02-2018 04:28

Giuseppe Nibali

femminicidio, depuratori, amatori catania, maresciallo salvo mirarchi, Ordine giornalisti, Matrix, pietro Ivan Maravigna, Tony Capuozzo, proporzionale Senato Sicilia,


Un vero inizio per sviluppare un percorso di presa di coscienza e assunzione di responsabilità, nell'utilizzo di un linguaggio che possa essere rispettoso della persona e della parità di genere. Questo è il Manifesto di Venezia, nato dall'idea e dal lavoro della Commissione Pari Opportunità della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, il Cpo Usigrai (sindacato dei giornalisti Rai), il Sindacato Giornalisti Veneto e l'associazione Giulia Giornaliste. Si tratta di una sorta di manuale con linee guida da seguire per trattare un tema così delicato come la violenza sulle donne, nei mezzi di informazione. Di questo si è parlato nel corso dell'interessantissimo seminario promosso dall'Ordine Regionale dei Giornalisti di Sicilia presieduto da Giulio Francese, con la presidente del Cpo Fnsi Alessandra Mancuso, la sociologa e saggista Graziella Priulla e la procuratrice aggiunta della Procura etnea Marisa Scavo, moderato dalla direttrice di Sudpress Michela Petrina. GUARDA LE VIDEO INTERVISTE



In particolar modo, da parte di chi fa informazione sui casi di cronaca nera, che riguardano  casi di femminicidio, si richiede la descrizione corretta e attenta per evitare stereotipi, giudizi errati e permettere un vero cambiamento culturale e sociale. Graziella Priulla spiega: "E' importante dare risalto anche a cose, che oggi non consentono ancora di modificare il modo di pensare"



La violenza di genere è una violazione dei diritti umani tra le più diffuse e gravi di conseguenza, anche in Italia. Per combatterla vanno prima combattuti e sconfitti i pregiudizi e gli stereotipi, di cui la nostra società è ancora satura. Va assolutamente educata ogni singola persona, con la cultura e con la corretta informazione, che spesso, pur rappresentando una libertà, si tramuta in una violenza a sua volta, ulteriore, che colpisce nuovamente chi subisce ed ha subìto fisicamente e moralmente.



Marisa Scavo, magistrato e responsabile del pool nato a tutela delle fasce deboli in seno alla Procura, racconta: "Molte delle violenze familiari, che vengono denunciate, poi successivamente in giudizio vengono ritrattate. E molte volte non si sa nulla di ciò che accade, perchè nessuno, tra vicini e amici spesso denuncia qualcosa, pur sapendo quanto avviene. Accade che una donna, una madre denunci o decida di scappare, quando ad essere in pericolo si trovano i figli, non prima. Bisogna fare in modo che tutto cambi, in modo da stroncare questi episodi subito, come in molti casi accade, con arresti in flagranza".


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Egualmente, Alessandra Mancuso, giornalista e presidente della Commissione Pari Opportunità Fnsi:"I giornalisti, chi fa informazione, chi ha il dovere di raccontare la verità, non deve rischiare di far travisare i fatti, la realtà delle cose, perchè episodi di violenza sono solo da condannare, non ci sono se e ma. Si può partire dal corretto uso di determinati termini specifici che la lingua italiana fornisce, declinandoli come è corretto al femminile, e superando l'impostazione unicamente maschile, legata ad un passato in cui alcune professioni potevano essere esercitate solo dagli uomini".



"Il rischio è di uccidere due volte -prosegue Priulla- e non si può scrivere che l'assassino ha ucciso per troppo amore o perchè provocato da atteggiamenti sbagliati della moglie, fidanzata, compagna. Non si uccide per gelosia, e non si può rischiare che il messaggio dei mezzi di informazione diventi questo, quasi a giustificare gli autori di crimini terribili. I termini, le frasi, le parole, sono essenziali per demolire i luoghi comuni persistenti che a nulla di buono hanno finora portato".


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