Da poco in carica i nuovi vertici con in testa il Commissario Straordinario Daniela Lo Cascio, si trovano a mettere le pezze ad una situazione davvero complicata che richiede un impegno eccezionale da parte del governo regionale. In un quadro così compromesso la messa in scena dell'opera di Bellini ha lasciato più perplessità che consensi. Si spera nella prossima... Dei travagli del teatro Massimo Vincenzo Bellini di Catania abbiamo parlato parecchio in passato e continuiamo a parlarne. Della precaria situazione nella quale vivono i dipendenti; del quotidiano tutt’altro che esaltante e dell’impossibilità di guardare al futuro se non con inquietudine e apprensione; delle stagioni sempre meno esaltanti e del pubblico che, ormai assuefatto, non ha più neanche la voglia di contestare, ma che annoiato accenna freddi applausi. Il nostro teatro ha certamente dei punti fermi dai quali si può provare a partire per ritrovare quella credibilità ormai persa: l’orchestra e il coro, che non hanno mai smesso di rispondere, anche in situazioni critiche e talvolta proibitive. Ne tenga conto il commissario straordinario Daniela Lo Cascio, sulla quale ormai si è costretti a riporre le speranze (certo non è facile il lavoro che si trova a svolgere). Non ci sono solo bilanci da risanare, ma anche stagioni liriche da organizzare, partendo da ciò che di buono abbiamo a disposizione. In una situazione del genere azzardata risulta l’operazione che vede la messa in scena di un’opera lirica come “Il Pirata”, di Vincenzo Bellini. Opera complicata e celebre, non spesso rappresentata nei teatri a causa delle difficoltà insite nel tessuto musicale. Men che meno se si torna indietro a riguardare i cast delle ultime due edizioni, che videro alternarsi artisti di caratura internazionale come Marcello Giordani, Lucia Aliberti, Salvatore Fisichella… per non parlare poi dell’edizione che portò nel nostro, allora più che prestigioso teatro Monserrat Caballet. Un “Pirata” scialbo e privo di senso, che la precedente dirigenza ha insistito a produrre, pur con le difficoltà scaturenti dalla mancanza di mezzi tecnici e di artisti all’altezza di un titolo così altisonante. Epilogo, forse questo, di una catastrofica gestione dei cartelloni e dei cast. Speriamo davvero che il commissario straordinario si occupi di gestire e programmare in maniera più oculata e realistica, non solo i fondi, ma anche i cartelloni. Attendiamo fiduciosi. Questa edizione del 2019 non lascerà il segno e non verrà certo tenuta in conto come punto di riferimento per l’opera stessa. Tolta la conferma dell’orchestra e del coro, il resto è un totale disastro. Non male la direzione d’orchestra di Miquel Ortega, che però non sembra riuscire mai a trovare la strada per creare quel patos necessario a trascinare il pubblico nel piratesco viaggio belliniano. Anche il coro di Luigi Pertozziello ha ben risposto, come già detto. Totalmente fuori contesto la regia di Giovanni Anfuso, statica e per niente pertinente col libretto di Felice Romani. Costumi scoordinati e scene farneticanti (non si capisce se si assista al Pirata o a Norma o ancora a Nabucco). Dei tre personaggi principali l’unico che regge bene e convince è il Baritono Francesco Verna, che impersona Ernesto. Buona la linea di canto ed anche la presenza scenica. A corrente alternata la Imogene del soprano Francesca Tiburzi, non idonea al ruolo, ma che ha il merito di trovare la vocalità alla fine dell’opera. Speriamo che cresca vocalmente e, soprattutto, scenicamente nelle prossime recite. Totalmente fuori contesto e non all’altezza del ruolo il tenore Filippo Adami, sempre in affanno, in particolare negli acuti ha mostrato importanti e gravi gap tecnici. Gradevole la performance di Alessandra Oikonomou (Adelle), di Sinan Yan(Goffredo) e di Riccardo Palazzo(Iltubo). Troppo poco per un’opera lirica di suddetta importanza storica. L’opera che portò il cigno catanese alla Scala di Milano e lo proiettò nell’Olimpo della musica. L’opera che aprì uno dei più importanti capitoli sul binomio compositore-librettista, creando la fortunata unione artistica con Felice Romani, che tanti capolavori produsse. La sensazione è di non assistere ad una prima rappresentazione, ma ad una prova, dove gli artisti devono ancora mettere a fuoco i personaggi e trovare la vocalità e il regista deve sistemare le scene e collocare i personaggi sul palco scenico. Forse sarebbe stato più decoroso e rispettoso per il teatro tagliare questa produzione ed evitare di trascinare ancora una volta il Massimo Vincenzo Bellini in un ulteriore e inutile caos. Buon Lavoro caro commissario, avrà tanto da fare. Ma lo faccia, per favore, il pubblico catanese desidera e merita. Foto di Giacomo Orlando