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Bellini: Arrestati padre, madre, zio e sorella della consigliera comunale Erika Marco. I NOMI DEI 23 FERMATI

30-05-2017 07:49

Giuseppe Nibali

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Bellini: Arrestati padre, madre, zio e sorella della consigliera comunale Erika Marco. I NOMI DEI 23 FERMATI

Si tratta di Giuseppa Agata Carrubba indagata per peculato, responsabile dell'ufficio di Ragioneria dell'istituto Bellini fino al maggio 2016 ed il ma

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Si tratta di Giuseppa Agata Carrubba indagata per peculato, responsabile dell'ufficio di Ragioneria dell'istituto Bellini fino al maggio 2016 ed il marito Fabio Antonio Marco. Quest'ultimo in particolare, sarebbe il promotore ed organizzatore di un'associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio. GUARDA IL VIDEO DELL'OPERAZIONE CON LE FOTO - VIDEO INTERVISTA AL PROCURATORE CARMELO ZUCCARO

 

Oltre ai due, la Guardia di Finanza, coordinata dalla Procura etnea, ha arrestato e condotto in carcere anche Vita Marina Motta, responsabile della segreteria didattica dell'Istituto fino al maggio 2016, Lea Marino, responsabile dell'Ufficio personale sempre fino al maggio 2016, il consulente del lavoro e amministratore di alcune società che avrebbero intrannetuto fittiziamente rapporti con l'Istituto Sergio Strano e Giancarlo Maria Benvenuto Berretta, legale rappresentante delle società che avrebbero fornito, solo apparentemente, beni e servizi all'Istituto.

 

 

Non solo. Oltre alla madre, che avrebbe distratto 5 milioni di euro, e al padre, ci sono anche la sorella della consigliera, Roberta, di 27 anni e lo zio Francesco di 57, fratello del padre Fabio. I due sono agli arresti domiciliari insieme a Paolo Di Costa, 44 anni e Roberto Vito Claudio Russo 63 anni, già dipendenti dell’Istituto Musicale “V.Bellini”, indagati per peculato; Vito Enrico Barbuto 55 anni, Valentina Piera Mazzarino 30 anni, Davide Palmisciano 25 anni, Francesca Sanfilippo 35 anni, quali imprenditori concorrenti nei reati di riciclaggio e partecipi di un’associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio; Massimo Vecchio 37 anni, Francesco Antonio Nicoloso 27 anni, Salvatore Rizzo 27 anni, Marco Garufi 22 anni, quali intestatari di carte prepagate, indagati per reati di riciclaggio e di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio; Alfio Platania 47 anni, Luigi Platania 41 anni, Antonino Munagò 41 anni, Raffaele Carucci 48 anni, imprenditori indagati per riciclaggio; Massimo Lo Rosso 46 anni, imprenditore indagato per peculato in concorso, tra gli altri, con Giuseppa Carrubba.

 

Tutti sono ritenuti responsabili dell’appropriazione di denaro pubblico, per un ammontare complessivo di oltre 14 milioni di euro, destinato alla gestione delle attività dell’Istituto Musicale “V. Bellini” di Catania. L’indagine, denominata “The Band”,  coinvolge altre persone, per un totale di 38 persone indagate a vario titolo per i reati di peculato continuato, di ricettazione, riciclaggio e di associazione a delinquere finalizzata al riciclaggio.

 

 

L’Istituto Superiore di studi musicali “Vincenzo Bellini” è un ente pubblico fondato nel 1951 dal Comune e dalla Provincia di Catania allo scopo di istruire gli allievi nei vari rami dell’arte musicale. Viene finanziato annualmente con contributi del Comune, della Città metropolitana e, in minima parte, con le rette dei frequentatori.

 

L’attività “predatoria”, come l'hanno definita il procuratore Carmelo Zuccaro e il comandante della Guardia di Finanza di Catania, Roberto Manna nel corso di un incontro con i giornalisti, posta in essere da dipendenti infedeli dell’Ente con la complicità di altre persone fisiche e giuridiche esterni all’Istituto, ha seriamente minato la solidità finanziaria dello stesso, sottraendo ingenti risorse economiche. Le continuate azioni di appropriazione di finanziamenti pubblici sono state realizzate dall’ottobre 2007 al febbraio 2016.

 

Le indagini, scaturite da una denuncia presentata da alcuni componenti del Consiglio di Amministrazione e dall’attuale Direttore Amministrativo del Bellini, hanno ricostruito ogni passaggio di denaro avvenuto tra gli indagati.

 

Duplice il sistema utilizzato dai sodali per trasformare l’Ente pubblico in una sorta di bancomat senza limiti di prelievo per la soddisfazione anche delle più disparate esigenze personali (tra cui viaggi, gioielli e abbigliamento d’alta moda).

 

Una prima modalità di “sviamento” delle risorse pubbliche è stata determinata da più dipendenti dell’Istituto, capaci di sottrarre in 9 anni oltre 10 milioni di euro. Tra i metodi utilizzati anche la falsificazione di firme e di mandati di pagamento compilati con causali differenti (a seconda che lo stesso documento fosse destinato alla Banca o agli atti dell’Ente).

 

La sottrazione di fondi veniva effettuata anche con riferimento a spese obbligatorie (quali oneri del personale, previdenziali e assistenziali) per le quali si è rivelato più facile eludere ogni forma di controllo interno. In virtù della causale generica “contributi” ha consentito l’immediata liquidazione di ingenti somme di denaro e limitato le probabibilità che gli amministratori dell’Ente scoprissero l’enorme “buco”.

 

 

Una parte di queste somme pare siano state investite nella Icomit S.r.l., società di cui amministratore unico è proprio Francesco Marco, e che fu al centro di una polemica, per aver realizzato tre anni fa in lavori in piazza Galatea, a causa del ruolo istituzionale ricoperto dalla nipote Erika.

 

Le banche, dal canto loro, chiamati a svolgere il mero servizio di “cassa”, hanno registrato gli stessi importi o a favore dell’ex responsabile dell’ufficio ragioneria del Bellini e dei dipendenti suoi complici o a favore di imprese partecipi all’illecito.

 

 

Il secondo stratagemma, invece, che ha fruttato agli indagati un profitto complessivo pari a circa 4 milioni di euro, ha visto la complicità di un gruppo di imprese commerciali compiacenti spesso riconducibili alle medesime persone fisiche e generalmente inadempienti al Fisco.

 

 

Le imprese sono circa 20 e risultano destinatarie di pagamenti a fronte di prestazioni mai effettuate a favore dell’Istituto Bellini. Anche in questa circostanza, la contabilità artefatta e i falsi mandati di pagamento ha permesso la distrazione del denaro pubblico, nello specifico al comune e alla provincia, poi città metropolitana.

 

 

Le ditte aprivano conti correnti ed emettevano carte prepagate nei quali far affluire il fiume di denaro sottratto e successivamente nel disporre, attraverso operazioni di home banking e di emissione di assegni nonché di prelevamenti in contanti, dei fondi illecitamente acquisiti a favore degli stessi indagati.

 

 

Grazie all’attività delle Fiamme Gialle, è stato possibile ricostruire i flussi finanziari transitati in banca o per contanti, con importanti riscontri sul ritorno delle somme illecitamente distratte nella disponibilità dei principali indagati.

 

 

Il GIP ha inoltre disposto il sequestro preventivo, anche per equivalente, nei confronti degli indagati del complessivo profitto criminale pari a oltre 14 milioni di euro.

 

 

 

I Finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Catania, le cui indagini non sono concluse, stanno eseguendo accertamenti patrimoniali ed economico-finanziari volti a rintracciare ogni bene che sia nella disponibilità del gruppo criminale.

 

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