Abbiamo chiuso la scorsa settimana con una notizia bella, il progetto del dr. Alessandro Belvedere “Facciamo prevenzione a Catania” che ci ha anche suggerito l'idea di inaugurare una nostra nuova rubrica: “La Banalità del Bene”.
E allora decidiamo che con una buona notizia la apriamo la settimana che sta iniziando, anche se siamo circondati da disastri e, nel nostro piccolo provincialissimo catanese, dovevamo annunciare l'assemblea dei soci della SAC, l'incredibile società che gestisce l'aeroporto di Catania, che è attesa per oggi e vediamo che combinano. La racconteremmo a consuntivo.
Come del resto attesa c'è anche per quanto sta accadendo al MAAS, il Mercato Agro Alimentare di Sicilia, quello di Bicocca, dove l'assemblea dei soci che doveva approvare il bilancio e nominare la nuova governance già fissata per la scorsa settimana è inspiegabilmente saltata. Almeno ufficialmente “inspiegabile”, qualche idea c'è ma anche su questo torneremo.
E invece la buona notizia con cui abbiamo deciso di aprire questa ennesima settimana difficile ad ogni livello: il fatto che un accademico di prestigio ed autorevolezza come il Professore Cardiologo Beppe Condorelli, decide di commentare l'iniziativa mecenatica di Alessandro Belvedere e di sostenerla pubblicamente è proprio una notizia buona: significa che non ci si scatena solo per i risultati, peraltro pessimi, della nostra squadra di Calcio, ma c'è ancora qualche Coscienza che si interroga e interroga. Per fortuna, e quindi gli si deve dare lo spazio che merita. (PDR)
Carissimo Direttore,
apro SUD alle otto del mattino, ora solare, e che trovo? Una buona notizia.
Quasi quasi non ci credo perché in prima pagina si trovano sempre storie di “ciucci con addosso la pelle di leone”, come direbbe Trilussa, che spacciano proclami e programmi di buona amministrazione.
E, sempre per citare Trilussa, dall’altra parte “un popolo bestione” che continua a votare asini credendoli leoni.
La buona notizia?
Un encomiabile tentativo di buona sanità.
Nell’oceano di superficialità, indifferenza, modestissima cultura, una goccia di professionalità e di altruismo: ma, scrive Shakespeare non ricordo dove, sono i granelli di sabbia a fare i deserti e le gocce di acqua a fare gli oceani.
Non conosco o non ricordo Alessandro Belvedere: certamente nomen omen perché è bello vedere un Alessandro che si occupa di te indipendentemente dai due parametri con cui di solito si giudica il prossimo: ceto sociale e disponibilità economica.
Di Giuseppe Carpinteri ho scritto tante volte; oggi sottolineo una sola cosa: ebbe una Scuola.
Perché i suoi Maestri furono la Professoressa Odile Mazzone ed il Prof. Massimo Gaglio e successivamente il Dott. Vito Giustolisi, mio amico e compagno di corso prematuramente scomparso.
Giganti della Medicina Interna i primi due, fondatore dei moderni Pronto Soccorso italiani Vito Giustolisi.
Nessuno oggi li ricorda: lo faccio io con tanto affetto e ribadisco che Giuseppe Carpinteri di questi Maestri è un più che degno allievo.
Ho scritto che i Pronto Soccorso non funzionano bene; voglio ribadirlo per evitare equivoci: non per colpa degli operatori che fanno quello che possono, ma per responsabilità non raramente criminali dei piani alti.
Sono sicuro che se a Giuseppe dessero potere assoluto e disponibilità di mezzi, in una settimana avremmo un pronto soccorso di primissimo livello, come lo era al Vittorio Emanuele prima di essere trasferito in quel carrozzone chiamato Policlinico che mi fa pensare tanto a Thomas Mann con quella sensazione di decadimento che dà la lettura del suo Morte a Venezia.
Da contrappunto al Policlinico fa la scuola di medicina, un tempo la più prestigiosa d’Italia, ora apoptosica (per i non addetti l’apoptosi è la morte programmata delle cellule ).
Esattamente un mese addietro all’ordine dei medici fu data una pergamena ai laureati da mezzo secolo; in quella circostanza una pergamena fu data ad una docente responsabile dell’organizzazione della didattica medica nella facoltà.
L’intervento della docente mi ricordò Pangloss del Candido di Voltaire: tutto va nel migliore dei modi possibili.
Sapendo che non è così, con prove inconfutabili in mano, scrissi alla docente di cui sopra che le cose stavano diversamente perché i neolaureati hanno quasi nulla esperienza pratica, frequentano le corsie poco o nulla e di conseguenza sono del tutto impreparati al minimo di pratica medica.
Avendo insegnato da 1980 al 2013, scrissi di essere disposto ad incontrarla per dare qualche suggerimento su come organizzare la pratica clinica: nessuna risposta.
Ora le cose sono due: o la mail è finita tra le SPAM, o la suddetta ha poco rispetto del di lei prossimo mostrando supponenza.
Ma in fondo perché meravigliarsi? Siamo a Catania!
Alessandro non mollare: sei solo una goccia, ma sono le gocce a fare l’oceano.
Sei comunque la goccia che dà un minimo di dignità alla medicina locale.
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