di Marta Genova Tre anni per ottenere un'autorizzazione che poteva essere ottenuta in una settimana: l'Aia. E' l' Autorizzazione Integrata Ambientale che sei impianti siciliani sono riusciti ad ottenere solo dopo essersi rivolte alla Corte Europea. Aziende sane che a causa dell'immobilismo del Governo regionale hanno rischiato di chiudere i battenti. Le procedure per il rilascio dell’AIA sono durate 7 giorni lavorativi, a seguito di una delibera del Consiglio dei Ministri dello scorso 13 giugno, che diffidava la Regione siciliana, richiedendole di sbloccare le autorizzazioni entro il 24 giugno, ultimo termine utile, dopo di che gli stabilimenti avrebbero dovuto chiudere per ritardi dell’amministrazione con il rischio per l’Italia (e quindi la Sicilia) di essere condannata dalla Corte di Giustizia europea al pagamento di ingenti sanzioni pecuniarie. “Non possiamo che accogliere positivamente il completamento delle procedure di rilascio dell’Aia”, commenta Giorgio Cappello, vicepresidente di Confindustria Sicilia, con delega all’Energia. “Ci chiediamo, però – aggiunge Cappello – se sia accettabile che un’azienda sana e che vive di libero mercato per poter continuare a svolgere la propria attività, debba rivolgersi alla Corte di giustizia europea. Solo dopo tale intervento, infatti, nel giro di una settimana, sono state rilasciate le autorizzazioni attese da oltre tre anni, a fronte di un massimo di 6 mesi previsti nei Paesi scandinavi, dove, come è noto, la normativa ambientale è all’avanguardia. In questo modo, è chiaro, che le nostre aziende non potranno mai essere competitive”. Gli stabilimenti, per i quali era stata contestata all’Italia la mancata attuazione della sentenza della Corte di Giustizia europea del 31 marzo 2011, sono: la Buzzi Unicem s.p.a. di Augusta (Sr), la “Bonifiche s.p.a. / Società Impresa Profeta s.r.l.” di Palermo, la “Fiat” (Impianto IPPC di verniciatura autoveicoli) e la “Fenice” (distribuzione energetica, oggi proprietà “Fiat”) di Termini Imerese (Pa), la “Siaz s.r.l. – Mangimi La Versa” di Piazza Armerina (Enna, Impianti IPPC di allevamento in Contrada Colla Casale e in Contrada Torre di Pietro) e la “L.F. LaterSiciliana s.p.a.” di Collesano (Pa).