di Mattia S. Gangi I dati dell'operazione Fort Apache, l'ingente arresto di 41 uomini appartenenti alle più importanti famiglie mafiose legate allo spaccio della droga, parlano chiaro: a Catania è tornata l'eroina. O forse non è mai andata via. Dopo la diffusione capillare degli anni Novanta ed un breve stop legato alle numerosi morti, dal 2010 Catania registra il record negativo di un morto all'anno per overdose della terribile droga. Finora sono stati trovati 4 tossicodipendenti morti, uno dei quali in particolar modo è stato ritrovato in prossimità di una delle piazze di spaccio. Il traffico di tutte le sostanze, a cui hanno inferto un duro colpo gli uomini della Squadra Mobile di Catania diretti dalla Procura Distrettuale della Repubblica di Catania, procura alle casse della criminalità organizzata circa 30.000 euro al giorno. Una cifra "spaventosa", soprattutto in periodo di crisi economica, che consente di mettere su un sistema capillare di spaccio che riesce a mantenere intere famiglie. Come è stato rivelato dalle indagini, nelle tre principali piazze si spaccio di Catania, il costo dell'eroina è praticamente alla portata di tutti. Si parla infatti di circa 40 euro a dose, una cifra perfettamente accessibile da "quasi" tutti. Come funziona? Dopo essersi riforniti - sono ancora sconosciuti dagli inquirenti i canali di approvvigionamento - l'eroina viene venduta per strada secondo lo schema ormai noto "ad alveare". Nelle piazze si spaccio, dove sono presenti anche altri tipi di droga, vedette, "lanciatori" e spacciatori si alternano vorticosamente per dare le dosi agli acquirenti nel minor tempo possibile e con il minor rischio possibile. L'Operazione rivela che i tre distinti gruppi hanno evidenziato un organigramma ben delineato con l'esistenza di soggetti che si occupavano della chiusura dei conti sulla piazza, della cosiddetta "resa" e della gestione di una cassa comune, dove confluivano gli incassi che venivano poi utilizzati per gli stipendi degli associati ed il sostentamento delle famiglie dei detenuti. Singolare l'attività del gruppo Tudisco che, previo pagamento, cedevano ai clienti le dosi a mezzo di sacchi di plastica legati a corde calate dai piani più alti dello stabile di viale Moncada, secondo il metodo del cosiddetto "panaro", il cestino già individuato dalla precedente operazione Lava. Singolari poi le modalità di riciclaggio del denaro. I magistrati rivelano che la difesa del Tudisco avrebbe infatti portato come prova del denaro sequestrato in casa, un gratta e vinci con una vincita della somma di 400.000 euro. A quanto pare il sistema dei gratta e vinci sarebbe comune all'interno della criminalità organizzata come metodo per giustificare grosse somme qualora dovessero essere sequestrate o oggetto di indagine. Â