
Si è tenuto il 19 dicembre, presso l'Hotel Excelsior di piazza Verga, un incontro organizzato dalla Camera Penale etnea sul delicato tema dei rapporti tra informazione e mondo della giustizia L'incontro, suggestivamente intitolato: “Media e processo: deformazione di verità e destini" vedeva al tavolo dei relatori, oltre agli avvocati Vittorio Basile e Salvatore Catania Milluzzo, anche l'editorialista del Corriere Guido Vitiello e il Procuratore della Repubblica Giovanni Salvi. Un tema di attualità, quello dei rapporti tra i media e quei procuratori che lavorano su quei casi di forte interesse mediatico. Ragusa e la tragica uccisione di Loris Stival hanno rappresentato il classico esempio di distorsione nei rapporti tra organi di informazione e personale inquirente. Ed è questo il caso che impegna la riflessione dei relatori. “Ragusa è un tipico caso di sovraesposizione mediatica che riguarda da un lato la necessità di notizie di un pubblico morboso e dall'altro lato, il diritto alla riservatezza dei soggetti coinvolti.” afferma Giovanni Salvi. “Molte delle volte il diritto dei Procuratori ad informare si traduce nella ricerca di una sponda mediatica e questo non è accettabile.” Il dott. Salvi, però, sottolinea da altri punti di vista la necessità che gli organi di Giustizia rendano informazioni “Informare l'opinione pubblica è un dovere non un diritto – aggiunge il Procuratore – noi ad esempio convochiamo regolarmente conferenze stampa oltre che consuntivi dell'attività svolta ogni 6 mesi, dove snoccioliamo numeri, come la riduzione del 30% dei costi di quest'ufficio (la Procura etnea ndr) rispetto agli anni passati. Eppure questo non fa notizia”. Il Pm non deve cercare il consenso, ma la fiducia – aggiunge Salvi – quando disponevo gli abbattimenti degli immobili abusivi a Belpasso, di certo non ottenevo consensi, ma facevo il mio lavoro”. E' difficile non rilevare una nota di amarezza quando, nei dettagli, parla degli obiettivi raggiunti alla guida della difficile Procura etnea e della poca permeablità che alcune notizie hanno avuto tra i media “Un esempio è stata la conferenza che abbiamo convocato stamattina (19 dicembre ndr) in cui abbiamo informato la stampa sulle ordinanze di custodia cautelare emanate per quelli che riteniamo essere i capi dell'organizzazione internazionale che gestisce l'immigrazione clandestina. Una cosa importantissima e che invece, probabilmente, farà molto meno notizia di quella sulle presunte infiltrazioni dell'Isis tra i migranti che sbarcano sulle nostre coste” riferendosi alle notizie fornite dalla procura di Palermo in questi ultimi giorni. “Io informo la stampa non su quello che intendo fare, ma sui risultati che riesco ad ottenere” sottolinea Salvi. Il magistrato parla, però, di un rapporto biunivoco tra stampa e magistrati “quando il giornalista fa cattiva informazione, non fa altro che influire negativamente sull'ufficio del pubblico ministero, perchè creerà pressioni, tensioni. La necessità a volte di dover sbattere il colpevole in prima pagina fa sì che l'informazione si concentri sulla fase cautelare piuttosto che in quella dibattimentale, dove è garantito il contradditorio dell'imputato”. Il concetto è confermato dagli altri relatori "Molte volte tra gli avvocati manca una cultura retorica che faciliterebbe i rapporti con la stampa. Biosgna sapere modulare il registro di quello che si dice in base a chi ascolta" sottolinea l'avv. Basile, parlando dei difetti di comunicazione tra gli stessi difensori degli imputati e la stampa. "Il processo ormai è una cornice narrativa degli schemi sociali del paese, dove la pressione mediatica è altissima" aggiunge Guido Vitiello, a conclusione di un dibattito proficuo su un argomento scottante e border line rispetto agli interessi in gioco, tra informare l'opinione pubblica e tutelare chi ha il diritto di difendersi dalle accuse che gli vengono mosse all'interno di un processo. Un argomento rispetto al quale, il più delle volte, il giornalismo muove i suoi passi in maniera troppo pesante. Ad ogni modo, una considerazione su tutte sembra essere riepilogativa del tema affrontato, e a farla è lo stesso procuratore Salvi: "Meglio un giornalista vicino ai magistrati che ai poteri forti".